Divario organico di diritto e organico di fatto causa principale del precariato patologico

L’anno scorso il 21% degli 862mila docenti in cattedra nelle scuole statali era costituito da supplenti. Erano 186mila, uno su cinque di tutti i docenti in cattedra. In quell’esercito di supplenti, 38mila erano con nomina annuale su posto vacante, una situazione fisiologica (4% di tutti i posti) attivata ogni anno e con valori variabili per ricoprire i posti disponibili in attesa di assegnarli ai vincitori dei concorsi.  Gli altri 148mila supplenti sono stati nominati fino al termine delle attività didattiche (30 giugno) su posti costituiti di fatto e confermati ogni anno in via provvisoria: una situazione patologica confermata ogni anno e che rappresenta sostanzialmente la causa principale dell’abnorme numero di docenti precari.

L’immissione in ruolo (con concorsi straordinari o altre procedure straordinarie) dei docenti con anzianità di servizio cumulata con reiterazione delle supplenze potrà dare risposta alle loro aspettative, ma non eliminerà la causa che sta producendo precariato.

Infatti, una volta nominati in ruolo i più anziani di servizio, altri prenderanno il loro posto sui posti attivati di fatto ogni anno fino al termine delle attività didattiche.

Ed proprio questo sistema continuo di svuotamento-riempimento dei posti provvisori a mantenere intatti i livelli di precariato e, anzi, ad incrementarli perché i posti di sostegno in deroga aumentano ogni anno.

È quindi l’eccessivo divario tra organico di diritto (posti fissi e stabili) e organico di fatto (con posti aggiunti per situazioni sopraggiunte) la causa principale di questa patologia del sistema che ha soprattutto negli spezzoni di cattedra della secondaria e nei posti di sostegno in deroga i fattori principali del surplus patologico delle supplenze.   

Per eliminare o drasticamente contenere il precariato nella scuola, occorre agire sulle cause che lo generano, riducendo, se pur gradualmente e in termini significativi, il divario tra organico di diritto e organico di fatto continuando in modo deciso e non blando.

Prima di tutto, ovviamente d’intesa con il MEF, occorre continuare con coraggio la stabilizzazione dei posti di sostegno, andando al superamento graduale dei posti in deroga che nel 2019-20 sfioravano le 80mila unità (tutti assegnati a docenti con contratto a tempo determinato), aumentati quest’anno di altre 7mila unità.

Alcuni anni fa si era cercato anche di accorpare in organico di diritto gli spezzoni di cattedra, stabilizzandone alcune migliaia. Il progetto, indubbiamente non facile, va continuato il più possibile, riducendo gli spezzoni e i corrispondenti posti precari.

Sono queste alcune misure di possibile fattibilità che il ministero dell’Economia e Finanze è restio ad accogliere per i notevoli costi che ne deriverebbero.

Per i 148mila supplenti con contratto a tempo determinato, retribuiti per dieci mesi all’anno anziché per l’intero anno, il MEF infatti ha evitato di spendere (ha cioè risparmiato), circa 824milioni di euro all’anno.

Ovviamente, in caso di stabilizzazione in organico di diritto e assegnazione dei posti a docenti di ruolo, non solo quel risparmio verrebbe a mancare, ma i costi aumenterebbero per lo sviluppo di carriera dei docenti assunti, incrementando la spesa anno dopo anno.

La soluzione del problema patologico passa da lì.

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