
Gli articoli Scuola paritaria. Quanto risparmierebbe lo Stato se la finanziasse/1 e Scuola paritaria. Quanto risparmierebbe lo Stato se la finanziasse/2, pubblicati sulle newsletter TuttoscuolaNEWS e TuttoscuolaFOCUS (ed eccezionalmente messi “in chiaro” per l’occasione) sono stati oggetto di diverse lettere di commento, alcune anche critiche, da parte dei nostri lettori. Riportiamo qui la lettera che ci ha inviato Paolo Bari, che tra quelle che ci sono pervenute ci sembra la più argomentata. Sottolineiamo comunque che Tuttoscuola si è limitata in questo caso a dare informazioni di carattere generale su una problematica, oggetto di dibattito anche su altre testate, tornata di viva attualità. Problematica che meriterebbe di essere affrontata con serenità, come fa questo nostro lettore, inquadrandola nel più ampio contesto delle riflessioni sul miglioramento della qualità del sistema educativo italiano nel suo insieme, scuole paritarie incluse. Riflessioni che non possono ignorare il rapporto tra gli investimenti in istruzione, la partecipazione delle famiglie alla spesa (anche delle scuole statali) e la qualità dei risultati.
Le considerazioni svolte da Tuttoscuola nelle citate newsletters, peraltro, non mettono affatto in discussione l’obbligo che la Repubblica ha, sulla base della Costituzione, di “istituire scuole statali di ogni ordine e grado”, con i relativi costi generali non comprimibili. Ci si limitava, semplicemente, ad ipotizzare quali effetti produrrebbe l’eventuale passaggio di una quota di alunni dalle scuole pubbliche statali a quelle paritarie in termini di minor costo per le prime. Il calcolo ovviamente è grezzo, non tiene conto dei citati costi non comprimibili, ma ci sembra difficile negarne il fondamento, che nell’ipotesi fatta da Tuttoscuola (ipotesi tecnica, non “politica”), comporterebbe comunque il “risparmio” di migliaia di classi per il settore pubblico-statale. Come, d’altra parte, sarebbe innegabile il maggior costo che si scaricherebbe sul bilancio del MIUR qualora si verificasse il fenomeno inverso, ovvero il passaggio di migliaia di classi dal settore delle scuole paritarie a quello gestito dal MIUR.
In ogni caso il dibattito è aperto e di notevole attualità. Invitiamo perciò altri lettori a inviarci le loro opinioni argomentate sul tema, scrivendoci come di consueto a botta_e_risposta@tuttoscuola.com.
—-
Gentilissima redazione di Tuttoscuola,
mi occupo di istruzione da un duplice punto di vista, come insegnante e come giornalista (collaboro con Il Corriere del Trentino sui temi della scuola). Ho pertanto sempre apprezzato il vostro prezioso notiziario settimanale che fornisce informazioni precise e obiettive. Proprio per la considerazione che ho verso il vostro lavoro, mi permetto una critica rivolta al modo con cui avete trattato il tema dei finanziamenti alle paritarie. Dell’argomento mi sono occupato più volte in chiave locale dove i contributi pubblici sono molto più sostanziosi rispetto al resto d’Italia perché permessi da una notevole autonomia normativa e finanziaria. Utilizzando i vostri presupposti metodologici il risultato è corretto. Ma è proprio il criterio di base a lasciarmi perplesso in quanto il semplice calcolo matematico appare riduttivo e dunque errato. Non capisco come la preparatissima professoressa Ribolzi (che ho personalmente conosciuto e apprezzato perché componente del Comitato di valutazione della scuola trentina) abbia potuto cadere in tale equivoco, peraltro sempre utilizzato dai sostenitori delle scuole paritarie. Cerco di chiarire il mio punto di vista:
– le scuole pubbliche forniscono un servizio fin nei più sperduti paesi e non, come avviene per le scuole private (scusatemi, ma continuo a chiamarle così), solo nei centri maggiori per una semplice questione di rapporto costi-ricavi. Confrontare le due realtà è pertanto impossibile perché si tratta di grandezze non commensurabili, come cioè paragonare carote con patate. Il costo delle scuole pubbliche non può che essere più elevato delle private. Il costo delle pubbliche sarebbe ampiamente ridotto se anche queste esistessero solo nelle città. E infatti se si paragonasse il costo di un liceo scientifico o di un istituto per ragionieri della medesima località (per esempio Trento) la differenza fra pubblico e privato sarebbe minima.
– togliere qualche iscritto a ciascuna scuola pubblica (perché stimolato dai contributi a frequentare le private) non eviterebbe alle pubbliche di continuare a fornire un servizio capillarmente distribuito nel territorio. L’ente pubblico non risparmierebbe alcunché perché dovrebbe spendere le medesime somme con 500 o con 550 alunni per scuola (per fare un esempio).
– la propensione ad iscriversi alle private non dipende dal contributo pubblico, ma dalla qualità della scuola pubblica: in Trentino, dove il finanziamento provinciale è consistente, la frequenza alle private è inferiore a quella del resto d’Italia perché la qualità delle pubbliche è elevata, come dimostrato dalle indagini nazionali e internazionali.
– esiste infine una questione di libertà, che non ha prezzo e non può essere calcolata in termini finanziari. La libertà di una scuola pubblica dove sono contemporaneamente presenti tutte le opinioni e che vive del confronto e del dialogo. Di fronte a una scuola privata di tendenza e dove vige l’uniformità (anche didattica). La scuola “plurale” e quella “singolare”. La libertà ha un costo che la collettività ha il dovere di sostenere.
Vi ringrazio dell’attenzione e vi auguro di continuare il vostro meritorio lavoro,
Paolo Bari
—-
In riferimento all’articolo dal titolo “Scuola paritaria. Quanto risparmierebbe lo Stato se la finanziasse“, devo dire che sono rimasto sconvolto.
Prima di tutto si citano i costi per studente nella pubblica ma, ovviamente, non vengono citati quelli nella paritaria.
Secondariamente, si evita accuratamente di mostrare come praticamente siano inesistenti gli istituti tecnici e professionali nella paritaria, e ciò vorrebbe dire che se si vuole mandare il figlio al liceo si riceverebbe un bonus, mentre negli altri casi no.
In terzo luogo, ci si dimentica di calcolare che il gran costo degli istituti tecnici e professionali, dovuto principalmente ai laboratori, chiaramente incide sul costo pro-capite nelle scuole pubbliche e, di nuovo, scompare in quello delle paritarie.
Lasciando pure passare la leggerezza con la quale si avallano tagli per migliaia di cattedre, il ragionamento risulta assolutamente incompleto e fuorviante, e i casi sono due: o è stato scritto da un incompetente o da qualcuno che vuole far passare la tesi che il privato è bello e, in pieno stile di questo Governo e del Ministero dell’istruzione (Moratti o Gelmini, è lo stesso), si truccano i numeri.
Questo articolo è esecrabile pertanto da numerosi punti di vista:
1) l’incompletezza delle informazioni – sia perché mancano i dati riguardanti la scuola paritaria, sia perché manca un’analisi seria del tipo di utenza.
2) la faziosità del discorso e la manipolazione dei dati.
3) ne traspare una tesi classista in maniera preclara: i ceti abbienti potranno mandare i loro figli alle scuole paritarie utilizzando le tasse destinate alla pubblica, i meno abbienti saranno costretti ad usufruire di una scuola pubblica sempre meno di qualità e sempre più ghettizzante – accentuando il già esistente divario.
4) già che ci siamo, potremmo allora realizzare un guadagno molto più alto chiudendo definitivamente tutte le scuole pubbliche e appaltando l’istruzione ai privati (magari, possibilmente, cattolici: così il cerchio è chiuso): non oso immaginare quanti miliardi lo Stato potrebbe incamerare!
Da ultimo mi si permetta di dubitare fortissimamente, stanti le politiche di tagli selvaggi attuate in questi ultimi 15 anni, che i soldi eventualmente risparmiati dallo Stato (a spese delle famiglie, sia chiaro!) verrebbero reinvestiti nella scuola pubblica: non si è mai visto sinora e nulla fa credere che possa avvenire in futuro.
Io non metto in discussione le opinioni e i desideri di nessuno: vorrei solo che le informazioni e le discussioni avvenissero su basi chiare e oggettive.
Lorenzo Luilli
—-
Bello il giochetto contabile per abdicare alla funzione di gestore della pubblica istruzione!!!
Scarichiamo tutto sulle famiglie, continuando a far pagare loro le tasse e raccontando loro che i soldi risparmiati verrebbero reinvestiti nella scuola (ma allora il risparmio dove sarebbe???)…!
Ragionamento di bassa ragioneria, che trova insperato spazio sul vostro sito. Che tristezza.
Elvio Mori
—-
I lettori di tuttoscuola.com sono invitati a dire la loro su questo tema, scrivendo a botta_e_risposta@tuttoscuola.com. La redazione pubblicherà le risposte più significative. Analogamente, coloro che vogliono proporre nuovi temi di discussione possono scriverci al medesimo indirizzo botta_e_risposta@tuttoscuola.com.
Registrati a tuttoscuola
Benvenuto su Tuttoscuola.com!
Registrati a tuttoscuola
Grazie per esserti registrato
controlla il tuo indirizzo di posta per attivare il tuo abbonamento