Educare al tempo del terrorismo/2. Educazione e Cittadinanza mondiale

A questa domanda aveva provato in parte a rispondere, qualche giorno prima degli attentati di Bruxelles, il convegno di presentazione del ‘Quaderno n. 11’ della associazione TreeLLLe, intitolato  “Educare a vivere con gli altri nel XXI secolo”.

Il convegno era internazionale, con relazioni riguardanti Francia, Germania, Polonia e Italia e gli interventi di Silvia Costa, parlamentare europea e Andreas Schleicher, direttore della divisione Education dell’Ocse. Ne era uscito un quadro di preoccupante carenza di efficacia delle misure previste nei diversi Paesi in materia di educazione alla cittadinanza, o meglio alla global citizenship nel XXI secolo, e la necessità, sottolineata da Costa, di dare spazio alla creatività, allo spirito critico, al pluralismo e alla valorizzazione delle diversità (anche in materia religiosa) fin dalla prima infanzia.

Il dibattito si era poi concentrato sulla situazione italiana, dove la ‘non materia’ Educazione civica (e successive varianti terminologiche) si era dimostrata inadeguata al compito di educare alla Cittadinanza: neppure a quella limitata al solo nostro contesto nazionale. Che fare? Ancora una volta l’idea proposta, anzi ri-proposta, era stata quella di dare corpo alla non materia facendola diventare, in buona sostanza, una materia. Attilio Oliva, presidente di TreeLLLe, aveva prospettato l’ipotesi dell’inserimento nei curricula scolastici di un insegnamento di 60 ore all’anno con voto separato, da affidare a “un insegnante che non insegni altro anche se in sinergia con i colleghi”.

Un insegnamento non fatto di lezioni ex cathedra, aveva specificato Oliva, ma di attività essenzialmente interdisciplinari volte a rafforzare la capacità di collaborare, discutere, confrontare, svolgere attività sportive e di volontariato (‘educazione civile’) nel rispetto di regole generali e valori come quelli  – da studiare e imparare – indicati nell’ordinamento giuridico e nella Costituzione (‘educazione civica’). Comunque una materia distinta, con uno spazio curricolare definito: non qualcosa, come aveva osservato Schleicher con riferimento alla situazione italiana, che rientrando nelle competenze di tutti finiva per non essere curata da nessuno.

TreeLLLe ha proposto di sperimentare il suo modello di educazione alla cittadinanza in 100 scuole secondarie superiori, utilizzando anche lo spazio orario delle assemblee studentesche. Vedremo se e quale fortuna avrà la proposta, ma ci sembra che la riflessione su che cosa fare – ora e in tutte le scuole – di fronte ad eventi come quelli legati al terrorismo nel mondo meriti massima e urgente attenzione.

E che, con riguardo al terrorismo, la questione non vada ricondotta solo alla necessità di educare gli “stranieri” (neo arrivati o nati in Italia), ma di educare anche gli italiani, agevolando l’incontro per prevenire lo scontro. Molto c’è da fare in questa direzione, tra cui preparare i docenti ad educare all’integrazione, incidere sulla loro cultura, favorendo la conoscenza delle culture diverse da quella italiana e creare strutture non solo di accoglienza ma di vita sociale, perché è nel contesto di una società che apprende che si realizza la crescita individuale.