2015, UN ANNO DI SCUOLA DALLA A ALLA Z (seconda parte)

2015, UN ANNO DI SCUOLA DALLA  A ALLA Z

(L’originale, dal 2002)

 

Fatti, avvenimenti e persone – Consuntivo del 2015

A cura di TUTTOSCUOLA

 

(seconda e ultima parte)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

M

Matematica

Agosto –Da anni Tuttoscuolasegnalava la carenza di insegnanti per l’area tecnico-scientifica. Ora è emergenza matematica su tutti i fronti, a cominciare dalla mancanza di docenti abilitati in questa disciplina d’insegnamento nella scuola secondaria di I grado (classe di concorso A059 – Scienze matematiche nel scuola secondaria I grado).

Infatti, nonostante la presenza di oltre 2 mila iscritti nelle Graduatorie di merito (GM) e a esaurimento (GAE), già nella fase zero del Piano di assunzioni restano non assegnati 661 posti della classe di concorso A059.

Ma non è soltanto questione di mancanza di docenti abilitati a questo insegnamento. I nostri quindicenni, rispetto ai coetanei europei, occupano uno degli ultimi posti in Europa nelle competenze matematiche. 

Mattarella

Febbraio – Sergio Mattarella viene eletto con ampia maggioranza Presidente della Repubblica. Nel discorso di investitura pronunciato di fronte al Parlamento Mattarella mette al primo posto dell’elenco degli adempimenti costituzionali (“Garantire la Costituzione significa…”) il diritto allo studio: “Garantire la Costituzione significa garantire il diritto allo studio dei nostri ragazzi in una scuola moderna in ambienti sicuri, garantire il loro diritto al futuro”, tema che riemerge e culmina nell’adempimento finale: “…Significa libertà. Libertà come pieno sviluppo dei diritti civili, nella sfera sociale come in quella economica, nella sfera personale e affettiva”.

Nelle parole del Presidente si avverte l’eco dell’articolo 3, comma 2, della Costituzione: “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana…”.

Il più rilevante di tali ostacoli è la mancanza di istruzione.

Mattarella richiama però anche la finalità ultima della Costituzione, quella di salvaguardare la libertà dei singoli e delle formazioni sociali, compresa a nostro avviso la libertà di educazione, quel pluralismo delle (e non solo nelle) istituzioni che nella visione espressa in sede di Assemblea costituente da Aldo Moro – cui per molti aspetti Mattarella si richiama – avrebbe dovuto caratterizzare il rapporto tra un sistema di scuole autonome e un Ministero che avrebbe dovuto limitarsi a valutare soltanto i risultati del processo formativo.

Un equilibrio tra centro e periferia, libertà e controllo, che poi non si è realizzato per avere i partiti di governo scelto, dopo il 1948, di dare continuità al tradizionale modello centralistico e quelli di opposizione deciso di trincerarsi nella difesa acritica della scuola statale così com’era pur di impedire ogni intervento che non fosse ispirato prima di tutto al rigido e formalistico rispetto del “senza oneri per lo Stato”.

Mattarella, da ministro dell’istruzione, affiancato dal suo capo di gabinetto Sandro Pajno, provò a ripensare il rapporto tra centro e periferia, tra un Ministero postburocratico e un sistema di scuole, statali e non, più libero e responsabile, avviando una riflessione in tal senso in occasione della ‘Conferenza nazionale sull’autonomia delle scuole’. Le cose poi andarono diversamente, ma Mattarella quella riflessione sembra non averla dimenticata.

Medicalizzazioni

Novembre – Sotto la guida del sottosegretario Davide Faraone si svolgono presso il Miur le audizioni per raccogliere indicazioni e orientamenti in funzione del decreto delegato che dovrà essere approvato entro il gennaio 2017.

Vengono smentite indiscrezioni secondo le quali si prospetterebbe una specie di medicalizzazione della formazione dei docenti preposti agli alunni con handicap.

Si tratterebbe di articolare la specializzazione degli insegnanti di sostegno sempre più in riferimento alle diverse tipologie di disabilità.

Le pronte smentite non hanno però tranquillizzato completamente il settore

Musulmani

Novembre – I tragici fatti di Parigi non possono non richiamare l’attenzione anche sulla presenza nelle scuole italiane di alunni stranieri e, in particolare, di quelli di religione e cultura musulmana.

E c’è il rischio concreto che nei confronti degli oltre 802 mila alunni con cittadinanza non italiana e, in particolare, dei 302 mila musulmani (stima di Tuttoscuola nel dossier “L’Islam in classe: che fare?” http://www.tuttoscuola.com/cgi-local/disp.cgi?ID=37338) si scateni ostilità e diffidenza, annullando o compromettendo il non facile lavoro di integrazione che gli insegnanti stanno conducendo.

La scuola ha, in proposito, un ruolo molto importante che, dopo Parigi, dovrà essere, se possibile, ancor più rafforzato.

Gli alunni musulmani non sono certamente pochi, ma rispetto al totale della popolazione scolastica delle scuole statali e paritarie (complessivamente 9.036.499 nel 2013-14) rappresentano il 3,3%.

Gli alunni musulmani sono soprattutto al Nord (quasi due terzi del totale), pari al 5% del totale degli alunni in classe con punte in Lombardia74.247 (5,2%), in Emilia Romagna 35.178 (5,7%), in Veneto 34.986 (4,8%).

Anche nel Centro Italia c’è una discreta presenza di alunni musulmani (poco meno di 70 mila unità) con il Lazio che ne ha in classe 29.017 (3,4%), con la Toscana che ne ha 24.230 (4,7%).

Nel Mezzogiorno, dove gli alunni musulmani sono poco meno di 37 mila (12%), la loro incidenza, rispetto al complesso della popolazione scolastica, si aggira intorno all’1%.

 

 

N

NEET

Dicembre – Dal rapporto annuale dell’OCSE, Educationat a Glance relativo all’anno 2014 risulta che i giovani tra i 20 e i 24 anni che risultavano NEET (non impegnati in attività lavorativa, nello studio o in formazione) sono stati l’anno scorso nei Paesi OCSE pari al 16,3% per i maschi e al 19,4% per le femmine, e nei Paesi dell’Unione Europea pari al 17,6% per i maschi e al 18,2% per le femmine.

Se questi dati rappresentano il quadro medio generale, le situazioni dei diversi paesi risulta invece molto articolate con posizioni anche notevolmente diverse.

È il caso, purtroppo, dell’Italia che, sia per i maschi che per le femmine, si trova in fondo a questa non invidiabile classifica.

La percentuale dei NEET dei nostri ragazzi tra i 20 e i 24 anni è 34,6% dei maschi e del 35,1% delle femmine.

In valori assoluti i maschi NEET sono stati l’anno scorso 547.178, le femmine 526.920 per un totale complessivo di 1.047.097, pari al 34,8%.

Un terzo dei nostri giovanissimi in quella fascia d’età è, dunque, in questa situazione drammatica.

Non voglio il posto

Novembre – Il Miur dà conto dell’esito conclusivo della fase C precisando che “In 47.465 hanno detto sì, il 97,3%. In 274 hanno rinunciato esplicitamente, in 1.055 non hanno risposto e, dunque, in base alla legge 107, risultano anch’essi rinunciatari”.

In effetti i docenti che hanno detto no al ruolo sono molti di più.

I posti dell’organico potenziato, comuni e di sostegno, da ricoprire nella fase C erano 55.258 secondo la tabella 1 allegata alla legge 107/15: 48.812 comuni e 6.446.

Già le domande presentate per accedere al ruolo erano state al di sotto del previsto: soltanto 48.794, cioè con 6.464 docenti che hanno preferito restare iscritti in graduatoria e attendere tempi migliori per il ruolo.

Ma di quei 48.794 che hanno tentato la sorte 1.329 hanno rinunciato (274 hanno esplicitamente detto no e altri 1.055 non hanno nemmeno risposto) perdendo quindi ogni futuro diritto al posto.

Alla fine 7.793 docenti hanno, dunque, rinunciato al ruolo, lasciando vacanti altrettanti posti, pari al 14% dell’organico potenziato.

C’è da chiedersi: quali ragioni hanno indotto tanti docenti a rinunciare al ruolo in tempi di crisi economica? Soltanto la voglia di un posto comodo sotto casa? 

Notificazioni

 

 

 

 

 

Gennaio – Tra le numerose notizie che il Ministero dell’Istruzione mette quotidianamente in linea, ce ne sono alcune, dal titolo sempre uguale “Notificazione per pubblici proclami”, che appaiono da un po’ di tempo con crescente frequenza.

Sono le pubblicazioni dell’avviso di notifica con cui i tribunali civili e quelli  regionali amministrativi (TAR) danno conto dei ricorsi presentati contro l’Amministrazione scolastica.

È l’immagine della scuola scontenta e litigiosa che rivendica, a torto o a ragione, diritti che ritiene lesi da atti amministrativi.

È l’immagine anche di un Ministero sempre più bombardato da ricorsi, assediato da diffide, un po’ in affanno e in crisi di identità.

È anche l’immagine di chi, nel mondo sindacale, ha messo da parte le relazioni sindacali e la dialettica del confronto, cercando la tutela degli iscritti con la forza della carta bollata da esibire nelle aule dei Tribunali.

Abbiamo contato, una ad una, queste notificazioni per pubblici proclami e abbiamo così scoperto che, mentre nel 2013 erano state in tutto 130 (poco più di 10 al mese), nel 2014 sono state ben 566 (in media 47 al mese), pari cioè a 436 notificazioni in più.

Si tratta di un balzo vertiginoso superiore al 335%.

E si può ritenere fin d’ora che il livello di contenzioso nel 2015 sia destinato a salire ulteriormente. Vi saranno effetti negativi sui tempi delle impugnative che finiranno per rallentare i lavori della giustizia amministrativa. La certezza del diritto diventerà sempre più labile e non vi sarà atto dell’Amministrazione che possa dirsi al sicuro dall’impallinamento.

Vi saranno costi per concludere il contenzioso.

La scuola trarrà vantaggio dagli esiti di questa guerra dei ricorsi?

 

 

O

 

Occupazioni

Dicembre – Dopo 16 giorni termina l’occupazione del liceo ‘Virgilio’ di Roma. Altre occupazioni, numerose anche se con minore visibilità mediatica, sono state realizzate nelle settimane precedenti. Con quali risultati? In genere nessuno, o ben pochi, come nel caso del Virgilio, se non per danni arrecati con denuncia della preside.

Il ‘Gruppo di Firenze per il merito e la responsabilità’ in una lettera indirizzata al ministro Giannini trae lo spunto dall’osservazione contenuta in un recente editoriale di Ernesto Galli della Loggia (Che errore ignorare la scuola) che identificava nel mancato rispetto della disciplina in classe una delle due principali cause (l’altra era l’inadeguatezza dei programmi) della crisi della scuola italiana.

Le proposte del Gruppo sono due: la prima chiede di modificare il berlingueriano Statuto degli studenti, che “sembra concepito per scoraggiare le sanzioni più che per garantire comportamenti corretti”. La seconda proposta è quella di “Promuovere occasioni di serio dibattito e di aggiornamentosu temi come la crisi dei ruoli educativi e le sue cause, l’alleanza fra scuola e famiglia, la gestione della classe, il ruolo delle sanzioni educative…”.

Sull’efficacia delle punizioni, almeno in Italia, è lecito avanzare dubbi: non perché non sia vero che una maggiore disciplina in classe garantirebbe migliori risultati (su questo c’è un largo consenso, supportato da numerose evidenze empiriche, a livello internazionale) ma perché prima di pensare a punizioni e a dis-occupazioni manu militari occorrerebbe offrire agli studenti italiani una scuola migliore, più ‘attraente’ rispetto a quella attuale, più attenta alle caratteristiche e ai potenziali individuali, più inclusiva, con insegnanti adeguatamente formati per gestire una didattica individualizzata e nello stesso tempo collaborativa, social, come i giovani di oggi chiedono.

Organico potenziato

Novembre – Una delle novità più importanti della Buona Scuola è rappresentata dall’organico aggiuntivo per potenziare l’attività delle istituzioni scolastiche.

In base alla Tabella 1, allegata alla legge, vengono assegnati 48.812 posti comuni e 6.446 posti per il potenziamento del sostegno.

Per i posti comuni non viene prevista l’assegnazione per la scuola dell’infanzia.

Molti posti di sostegno non vengono coperti per mancanza di docenti in possesso del richiesto titolo di specializzazione.

La possibilità di rimanere nella sede assegnata all’inizio dell’anno in supplenza annua o fino al 30 giugno determina in pratica una minore assegnazione di docenti aggiuntivi nelle istituzioni scolastiche.

 

 

 

 

 

 

 

P

Permessi legge 104

Aprile – Nel corso della trasmissione televisiva “L’Arena” su RAI1 si parla dell’abuso nella fruizione dei permessi per la 104 sui disabili.

Ospite della trasmissione il sottosegretario all’istruzione, Davide Faraone, che alcuni mesi prima, sull’onda delle denunce per l’abuso dei permessi nella provincia di Agrigento, ha attivato con tempestività una ricognizione generale delle situazioni della 104.

Nonostante questa azione meritoria, Faraone è al centro di critiche da parte di diversi ospiti della trasmissione.

Viene messo in evidenza come due città di uguale peso demografico, come Palermo e Torino, evidenzino sostanziali differenze nel ricorso ai permessi della 104: oltre il 16% la prima contro poco più del 9% la seconda.

Con riferimento alle situazioni del privato e del pubblico, viene precisato che nel settore privato i permessi per la 104 sono intorno al 3%, mentre nel settore pubblico raggiungono il 10% con la punta anomala del comparto scuola che tocca quota 13%.

Per Faraone l’origine dell’eventuale abuso va ricercata nelle certificazioni mediche.

Al Governo, prima ancora che al ministero dell’istruzione, viene chiesto con forza di intervenire con norme che assicurino controlli a tappeto, senza sconti.

 

Pollaio (classi)

Aprile – Secondo gli obiettivi della Buona Scuola dovrebbero scomparire le classi pollaio.

Cos’è una classe pollaio? Una classe delle superiori con 30 alunni si può definire classe ‘pollaio’? Per molti insegnanti forse sì, ma, secondo i parametri fissati dal dpr 81/2009, quel valore è regolare.

Tuttoscuola ha voluto attenersi ai parametri fissati dalle norme e ha scoperto che le classi ‘pollaio’ non sono davvero poche. Vediamo come, cominciando dai parametri sulla sicurezza.

Applicando il parametro delle norme antincendio del decreto ministeriale del 1992 (limite massimo di 25 alunni per classe), quante sono le classi ‘pollaio’ con 26 alunni e più?

Sono 18.705, il 5% delle 371.106 classi funzionanti in questo anno scolastico 2014-15: nelle superiori sono 11.419 (9,6% delle classi), nelle scuole dell’infanzia 2.917 (6,7%), nelle scuole primarie 2.789 (2,1%) e nelle secondarie di I grado 1.580 (2,1%).

Si trovano più al Nord e al Centro che al Sud e alle Isole.

Se invece del parametro unico sulle norme antincendio si applicano i parametri fissati dal DPR 81/2009 per ogni settore scolastico, la situazione complessiva migliora ma registra pur sempre un dato complessivo non trascurabile.

Nell’insieme di tutti i settori scolastici le classi ‘pollaio’, al di sopra dei limiti massimi fissati dal DPR, sono 1.828(0,5% di tutte le classi funzionanti).

Anche in questo caso gli istituti d’istruzione secondaria di II grado, con 1.111 classi fuori parametro (quasi 1% di tutte le classi del settore), detengono il non invidiabile primato del maggior numero di classi ‘pollaio’.

 

R

RSU (elezioni)

Marzo – Si svolgono le elezioni per il rinnovo delle RSU (Rappresentanze Unitarie Sindacali) per la scuola.

Partecipa al voto anche il personale precario.

Il dibattito della vigilia è prevalentemente incentrato sui contenuti riformatori della Buona Scuola.

La vigilia del voto registra in particolare l’incognita dell’Anief che conta di arrivare alla soglia minima del 5% per entrare nel gruppo dei sindacati rappresentativi.

Allo spoglio finale si fermerà al 3,3%.

Si confermano ancora una volta in modo più che significativo i tre sindacati confederali: Cgil-scuola in flessione si conferma prima, tiene la Cisl-scuola, sempre in ascesa la Uil-scuola.

 

 

 

 

 

 

 

 

S

 

 

Sciopero

Maggio – Massiccia adesione allo sciopero generale del personale scolastico contro il ddl Buona Scuola in discussione in Parlamento.

Da tempo non si registrava un’adesione così alta ad uno sciopero nella scuola.

La posizione intransigente del ministro Giannini e del Governo che, a differenza di quanto avvenuto in passato, non  hanno voluto concertare con il sindacato le scelte di riforma né confrontarsi sui contenuti e gli obiettivi , non poteva che portare alla rottura.

Per il sindacato, messo all’angolo, è stato facile evidenziare alla categoria i limiti della legge e, soprattutto, le mancate attese rispetto al piano generale presentato a settembre.

Dopo la riuscita dello sciopero, dal mondo sindacale si parla di resistenza attiva contro la riforma, se non vi saranno mediazioni con il sindacato.

Scuole paritarie

Settembre – La crisi mette in ginocchio la scuola paritaria. Mettendo a confronto i dati delle scuole e degli alunni del 2014-15 con quelli di due anni prima, risulta che il settore è pesantemente colpito dalla crisi.

Anche quest’anno i battenti di molte scuole paritarie rimarranno chiusi e la campanella non suonerà per l’ingresso degli alunni.

Dal 2012-13 al 2014-15 sono state chiuse infatti 349 scuole, pari ad una flessione del 2,5% rispetto alle 13.847 scuole allora funzionanti.

Sono state chiuse 272 scuole dell’infanzia (-2,7%), complice, oltre alla crisi, la denatalità.

Sono state chiuse 30 scuole primarie (-2%) e 38 scuole medie (-5,5%). Nel settore della secondaria superiore hanno chiuso i battenti soltanto 9 istituti.

 

Stranieri

Luglio – L’Istat cinque anni fa aveva previsto che, a fronte di un calo delle nascite nel nostro Paese, vi sarebbe stato comunque un incremento del numero di nati da famiglie straniere, compensando ampiamente il decremento delle nascite italiane.

Alla prova dei fatti la previsione complessivamente è stata centrata come tendenza (decremento generale delle nascite), ma non come andamento delle nascite che sono risultate notevolmente inferiori al numero previsto.

Negli ultimi quattro anni (dal 2011 al 2014) il numero di nati stranieri è risultato infatti inferiore alla previsione per quasi 58 mila unità (- 16,8%), pari a circa 15 mila nascite in meno all’anno.

In particolare il Nord Ovest e il Nord Est che avevano fatto da locomotiva per la presenza straniera hanno rallentato la corsa rispettivamente con il 20% e il 18,8% nascite in meno di quanto l’Istat aveva previsto.

Di fatto, quindi, le nascite straniere hanno subito una frenata, attestandosi a valori stabilizzati, senza quella tendenza all’incremento che aveva caratterizzato per anni la presenza di stranieri nella scuola italiana.

Una frenata che ha accentuato il calo complessivo delle nascite, in quanto si è ridotta la funzione compensativa dei nati stranieri rispetto al totale delle nascite.

Gli effetti di questa stabilizzazione delle nascite di bambini con cittadinanza non italiana di seconda generazione (nati in Italia da genitori stranieri) si combineranno con il drastico calo di minori stranieri immigrati da altri Paesi, rilevato dal Miur.

La temuta invasione silenziosa degli stranieri attraverso le nascite sembra, dunque, rinviata, anche se, nel frattempo, continua il calo di nati italiani (- 77 mila dal 2008 al 2014). 

 

 

 

T

 

Tempo pieno

Dicembre – Tuttoscuola pubblica i dati aggiornati del tempo pieno nella scuola primaria, rielaborando i dati di organico di fatto del Miur per il 2015-16.

Nell’anno scolastico in corso sono 888.000 gli alunni che si avvalgono del tempo pieno su un totale di 2.583.000, pari ad una percentuale del 34,4%. Le classi organizzate a tempo pieno nel 2015-16 sono complessivamente 42.449 su 131.692 per una percentuale del  32,2%.

Dal confronto una sorpresa: in tutti questi anni gli alunni e le classi a tempo pieno sono andate sempre aumentando.

Nel 2001-02 la percentuale di alunni a tempo pieno era soltanto del 22,6% (la percentuale delle classi (21,3%); cinque anni dopo, nonostante l’operazione “spezzatino” della riforma Moratti, la percentuale di alunni  tempo pieno era salita al 25,5%  (le classi al 23,9%); nel 2010-11 gli alunni erano saliti al 29,4% (le classi al 27,4%); infine nell’ultimo quinquennio, per effetto della riforma Gelmini, vi è stato un costante incremento percentuale del numero di alunni e delle classi a tempo pieno fino ad arrivare appunto all’attuale 34,4% (32,2% le classi).

All’inizio del duemila frequentava il tempo pieno un alunno ogni cinque; quest’anno uno ogni tre.

L’aumento costante del numero di alunni è frutto indubbiamente della pressante domanda delle famiglie, ma in alcuni territori colpiti dal calo demografico è risultato anche di una riconversione per salvare i posti di organico. 

 

Università

Dicembre – Dal 2008-2009 il numero delle matricole diminuisce sensibilmente, scendendo sotto il 50% dei diciannovenni. D’altra parte il picco degli iscritti era stato raggiunto nei primi anni del secolo, in conseguenza dell’introduzione del 3+2 e di una certa generosità di alcuni atenei nel riconoscimento di crediti legati a determinate attività professionali. Poi, già a partire dal 2004-2005, il numero assoluto delle matricole è sempre sceso, soprattutto al Sud, dove cala anche il numero complessivo degli iscritti.

Per la prima volta scende anche il numero dei laureati: 258.052 nel 2014, 37.616 in meno, il 12,72 per cento. Dati che fanno scendere l’Italia nella parte bassa delle classifiche europee.

Tra le ragioni che spiegano il fenomeno c’è lo scarso richiamo che l’università esercita agli occhi dei ceti meno favoriti: le indagini di AlmaLaurea hanno dimostrato che la crisi occupazionale provocata dalla recessione ha colpito maggiormente questi ceti, visto che tra il 2006 e il 2014 il tasso di occupazione dei giovani provenienti da tali famiglie si è ridotto del 10%, a fronte di una riduzione di 3 punti per i giovani provenienti dalle famiglie più favorite.

Le indagini svolte dall’Istat, dalla stessa Almalaurea e dalla Banca d’Italia sulle chances occupazionali e sulle retribuzioni dei laureati, confrontate con quelle dei diplomati, mostrano inoltre che le modeste differenze non giustificano gli anni di studio in più, e i costi supplementari a carico delle famiglie.

Esistono però almeno altre due ragioni strutturali del ritardo dell’Italia rispetto a quasi tutta l’Europa e agli altri Paesi dell’area Ocse, come Tuttoscuola sottolinea da tempo: la prima è l’eccessiva durata della scuola prima dell’università, che andrebbe ridotta di un anno. La seconda è la mancanza di vere alternative all’università nella formazione superiore. Si sarebbe potuto (dovuto), già 15-16 anni fa, colmare tali lacune: ci pensarono sia Luigi Berlinguer (che fece l’errore di ridurre la scuola di base anziché la secondaria superiore) sia Letizia Moratti, che dopo un’iniziale apertura fece una rapida marcia indietro. Entrambi bloccati dalla coalizione trasversale dei licealisti.

 

 

V

 

 

Valutazione (comitato)

Settembre – La Buona Scuola prevede che all’inizio dell’anno scolastico 2015-16 venga costituito il nuovo Comitato per la valutazione dei docenti.

La novità del nuovo organo di valutazione non sta soltanto nella sua composizione (oltre a 3 docenti, prevede 1-2 genitori e 1 studente, più un esterno), ma soprattutto nella competenza a definire i criteri per premiare gli insegnanti migliori.

Viene prevista annualmente una quota media di 22 mila euro per la premialità in ciascuna istituzione scolastica.

I sindacati osteggiano la costituzione del Comitato, inducendo i collegi dei docenti a ritardare o condizionare l’elezione dei 2 membri-docenti.

Viene rivendicata anche la competenza delle RSU per l’assegnazione dei bonus, in quanto trattasi di salario accessorio, materia rimessa alla contrattazione integrativa d’istituto.

La composizione definitiva del Comitato ritarda ben oltre l’inizio dell’anno scolastico, anche per la mancata designazione del membro esterno da parte degli Uffici Scolastici Regionali.

Viaggi d’istruzione

Ottobre – A seguito di incidenti nel corso di gita scolastica, viene proposta la soluzione radicale di abolire completamente le gite.

Tuttoscuola prende decisamente posizione contro tale ipotesi estrema, ottenendo generale consenso e facendo rientrare la proposta.

In particolare,nell’ottica del miglioramento, e non della soppressione, dei viaggi di istruzione, Tuttoscuolapropone un turismo scolastico sostenibile. Ecco alcune proposte.

Sul versante pedagogico-didattico non mancano le buone pratiche, che andrebbero però generalizzate: adeguata motivazione del viaggio proposto, da sottoporre anche al Consiglio di istituto, precisa programmazione dei risultati attesi dal punto di vista didattico sia durante che dopo lo svolgimento del viaggio, coinvolgimento in tale azione di programmazione degli altri docenti membri del Consiglio di classe.

Sul versante organizzativo, che è quello più messo in discussione dai sostenitori della soppressione dei viaggi (tale dovendosi considerare in pratica anche la proposta di ridurli a un solo giorno), si dovrebbe provvedere in varie direzioni.

  • ·        ripristino di un adeguato compenso per i docenti accompagnatori;
  • ·        organizzazione di forme di sorveglianza notturna;
  • ·        istituzione di un registro delle imprese di autotrasporto abilitate ad effettuare viaggi di istruzione;
  • ·        accordi con le associazioni degli albergatori per garantire la sicurezza delle strutture che ospitano studenti in viaggio di istruzione;
  • ·        adeguate coperture assicurative.

Sia chiaro, incidenti possono sempre esserci, ma con misure come quelle indicate essi sarebbero contenuti, e certamente quelli che sfortunatamente accadessero in occasione di viaggi di studio si collocherebbero quantitativamente al di sotto delle medie statistiche che si registrano nella normale vita di tutti i giorni. 

 

 

 

Z

 

 

Zero-sei

Luglio – Il disegno di legge di riforma del settore infanzia 0-6 anni, presentato e discusso in Senato, viene recuperato e inserito, come norma delegata, nella legge Buona Scuola.

Nella norma delegata si prevede, come da prassi, la generalizzazione della scuola dell’infanzia, senza precisare, tuttavia, se per generalizzazione si intende la scolarizzazione diffusa per conseguire l’obiettivo del 100% dei bambini in età oppure la diffusione razionale di strutture pubbliche per assicurare l’accoglimento di tutte le domande.

Oltre a prevedere la qualificazione universitaria del personale (facoltativa o obbligatoria?) la delega prevede che siano definiti “gli standard strutturali, organizzativi e qualitativi dei servizi educativi per l’infanzia e della scuola dell’infanzia, diversificati in base alla tipologia, all’età dei bambini e agli orari di servizio, prevedendo tempi di compresenza del personale dei servizi educativi per l’infanzia e dei docenti di scuola dell’infanzia”.

La previsione è un po’ generica e sembra piuttosto un’elencazione non impegnativa di macro obiettivi che eludono nodi di fondo, quali, ad esempio, il problema degli anticipi, delle sezioni primavera e dell’orario di servizio notevolmente differenziato dei docentidelle varie tipologie di scuole dell’infanzia (statale, comunale, paritaria).

Forse si poteva compiere uno sforzo maggiore e utilizzare da subito anche la quota congelata di organico aggiuntivo per sperimentare il futuro sistema 0-6 anni.

 

Fine della seconda e ultima parte

 

Seguite gli aggiornamenti dei prossimi giorni sul notiziario quotidiano tuttoscuola.com ( http://www.tuttoscuola.com ).

Di nuovo i migliori auguri per il nuovo anno!

 

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