
2013, Un anno di scuola dalla A alla Z/1
Fatti, avvenimenti e persone - Consuntivo del 2013 A cura di Tuttoscuola (prima parte)
A |
ABBREVIAZIONE (corso di studi)
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(febbraio) – Trapelano le prime notizie sulle proposte formulate dal gruppo di studio incaricato dal ministro Profumo di predisporre un piano per la riduzione della durata della scuola da 13 a 12 anni (con teorico risparmio di 1.380 milioni di euro nella filosofia della spending review). Sembra prevalga l’idea, non nuova, di tagliare un anno alla scuola secondaria superiore, anche riformata da pochissimo tempo e tuttora in fase di assestamento strutturale. Immediata l’opposizione dei sindacati della scuola, preoccupati soprattutto per l’ulteriore taglio degli organici e per la prospettiva di una nuova riscrittura dei programmi (Indicazioni nazionali) ricalibrata su quattro anni. Sembra cadere l’ipotesi di berlingueriana memoria di accorpare in sette anni primaria e secondaria di I grado; abbandonata anche l’idea di anticipare l’obbligo a 5 anni. |
B |
BERLUSCONI(SMO) |
(settembre) – Nel mese di settembre, con la scissione del Pdl e la formazione di una nuova maggioranza che vede il passaggio della ricostituita ‘Forza Italia’ all’opposizione, sembra concludersi un periodo quasi ventennale della storia del nostro Paese, il ciclo del ‘berlusconismo’. Forse è troppo presto per fare un bilancio complessivo. Però se prendiamo in considerazione un campo ben delimitato come, per esempio, la politica scolastica, qualche riflessione è già possibile farla. C’è stata una ‘filosofia’ berlusconiana (un’idea guida, una strategia, un fil rouge) in materia di educazione? La risposta è chiaramente negativa. Le due ministre messe in campo da Berlusconi, Moratti e Gelmini, hanno seguito strade ben diverse. La prima, Letizia Moratti, si è impegnata in una megariforma, il cui fulcro è stata la pseudolicealizzazione dell’istruzione tecnica, che non è stata portata a termine. La seconda è stata invece protagonista di una megarestaurazione, dal maestro unico al ripristino dei voti, che ha mascherato l’obiettivo del Governo di ridurre drasticamente la spesa pubblica per l’istruzione. Era tutto ciò inevitabile? Di fatto, tra tocchi e ritocchi, fughe in avanti e marce indietro, la scuola italiana è rimasta fondamentalmente la stessa. L’era berlusconiana si conclude dunque con un nulla di fatto con l’eccezione forse, e con molte limitazioni, della tematica della valutazione di sistema. Eppure le premesse e le promesse di cambiamento, quelle evocate dalle “tre i” (internet, inglese, impresa), slogan berlusconiano della campagna elettorale del 2001 – ma anche possibile scenario di modernizzazione – avrebbero potuto condurre in teoria a un esito diverso. Nella politica scolastica, come peraltro anche in altri campi, Berlusconi e il berlusconismo hanno così dimostrato di essere soprattutto poderose macchine del consenso, capaci di suscitare aspettative e di vincere le elezioni, ma non di governare in modo efficace e innovativo. Il risultato è che la scuola nel nostro Paese è cambiata pochissimo proprio in un periodo in cui l’esigenza del cambiamento è diventata sempre più forte. |
BES
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(marzo) – Il Miur, in applicazione di una direttiva del ministro Profumo, emana una circolare che ufficializza per la prima volta i bisogni educativi speciali (BES), prevedendo che siano i consigli di classe a diagnosticare le situazioni individuali che richiedono interventi didattici particolari. Per il sostegno degli alunni con BES la circolare consente di adottare le misure dispensative e gli strumenti compensativi previsti per gli alunni con DSA (disturbi specifici di apprendimento). La disposizione è oggetto di valutazioni contrapposte e suscita, comunque, attenzione e preoccupazione nelle scuole. Forse, per una problematica così importante, sarebbe stato più opportuno coinvolgere il Parlamento con una legge apposita, come si era fatto con i DSA (legge 170/2010). Di un possibile disagio degli insegnanti si fanno carico i sindacati di categoria che ottengono tre mesi dopo un parziale stop da parte del Dipartimento per l’istruzione del Miur, che annuncia per l’anno scolastico 2013-14 un’applicazione soft della circolare a carattere sperimentale. |
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BONUS MATURITÀ |
(aprile-giugno) – Il ministro Profumo, a fine mandato, emana un decreto per l’accesso alle facoltà a numero chiuso del prossimo anno accademico che prevede, oltre alla valutazione dei test di ammissione, anche la valutazione di un bonus relativo al percorso scolastico. Il bonus era stato già previsto dal ministro Fioroni con la legge n. 1 del 2007, ma mai applicato. I ragazzi usciti dalla maturità possono così contare su alcuni punti in più in base al voto dell’esame di stato: da un minimo di 1 a un massimo di 10, per i voti compresi tra l’80 e i 100 centesimi. Con il decreto viene anche fissato il calendario delle prove di ammissione, anticipate a luglio, subito dopo la maturità, anziché in autunno come avveniva prima. Le proteste per i tempi troppo ravvicinati delle prove inducono il ministro Carrozza a spostare il calendario dei test a settembre. (settembre) – Il decreto legge 104 abolisce il bonus con effetto immediato, mentre sono in corso presso molte facoltà i test di ammissione. Molti studenti protestano per l’intervento modificatore in corso d’opera; si annunciano ricorsi. In sede di conversione del DL 104 viene inserito un emendamento che riconosce ai candidati non ammessi di iscriversi in soprannumero. Un bonus che sa di malus. |
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C |
CARROZZA |
(febbraio) –Ventiquattr’ore dopo la sua elezione alla Camera, Maria Chiara Carrozza, capolista in Toscana per il Pd, ufficializza le sue dimissioni da rettore della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Due mesi dopo diventa ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca nel governo Letta. E’ rettore e ingegnere, come il suo predecessore Profumo, ma se ne differenzia per il fatto di essere un ministro politico di un governo politico. (ottobre) – In un’ampia intervista al mensile Tuttoscuola il ministro Carrozza insiste soprattutto sul ruolo istituzionale della scuola pubblica, che è quello di garantire la fruizione del servizio da parte di tutti gli studenti, a prescindere dalla loro provenienza e condizione economico-sociale. “Per questo chiedo prima di tutto rispetto per la scuola”, afferma con forza. Sulle proposte avanzate da Tuttoscuola con il dossier ‘Sei idee per rilanciare la scuola’ Carrozza non lesina considerazione e apprezzamento: – Apertura pomeridiana ed estiva delle scuole: d’accordo, anche il Decreto legge ‘L’istruzione riparte’ ne parla per favorirla, ma la decisione sulle attività da svolgere all’interno delle strutture scolastiche deve essere lasciata alle autorità locali: la stessa istituzione scolastica, gli enti locali, le associazioni attive sul territorio. – Carriera dei docenti: disponibilità a discutere forme alternative di sviluppo della professionalità docente (“Se ne parlerà in occasione della ‘Costituente’”), ma allo stato delle cose non si può “spremere di più gli insegnanti, che hanno uno stipendio veramente basso”- – Digitalizzazione delle scuole: per sostenerla auspica la defiscalizzazione delle donazioni (per le scuole “dobbiamo portarla al 100 per 100”). Un programma realistico e pragmatico, sostenuto da una (relativamente) modesta – 400 milioni – ma significativa ripresa degli investimenti dopo la lunga stagione dei tagli, durata fino al precedente governo Monti-Profumo. |
CNPI
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(gennaio) – Il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione (CNPI) non ha più membri surrogabili per esaurimento delle liste, con la conseguenza di non potere disporre del numero legale per funzionare. La soluzione a questo problema viene in modo clamoroso: lo scioglimento delle Camere impedisce il varo di un decreto legge ‘milleproroghe’ simile a quelli che negli ultimi undici anni hanno consentito di prorogare il CNPI, in attesa della riforma degli organi collegiali territoriali. Niente proroga, niente CNPI. La mancata proroga del massimo organo consultivo per la scuola apre una complessa problematica istituzionale derivante dal fatto che una serie di atti amministrativi prevede l’obbligatorietà del parere del CNPI. Potranno essere emanati, d’ora in poi, atti amministrativi, progetti ministeriali o disegni di legge che prevedono tassativamente un preventivo parere che non potrà più essere espresso? Potranno essere ritenuti legittimi o avranno un vulnus costitutivo che ne impedirà ogni efficacia giuridica? La risposta, non semplice, non verrà per tutto il 2013. |
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D |
DIMENSIONAMENTO
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(dicembre) – Dopo mesi di confronto tra il MEF, il MIUR e le Regioni per definire i nuovi assetti della rete scolastica, è prevista in sede di Conferenza Unificata la conclusione con sottoscrizione dell’accordo. All’ultimo momento la decisione viene rinviata a data da destinarsi. Tutto resta come prima, con situazioni molto differenziate sul territorio. Il motivo principale del mancato accordo è dovuto al fatto che il MEF propone di portare ogni istituzione scolastica alla media di mille alunni. La proposta, contrastata dalle Regioni, dalle Province e dai Comuni, determinerebbe una contrazione dell’organico dei dirigenti scolastici e dei DSGA di circa 800 unità. |
E |
EDUCATION at a GLANCE (Rapporto Ocse)
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(settembre) – La tredicesima edizione del rapporto annuale dell’Ocse Education at a Glance (EaG) pone a confronto i sistemi educativi dei 34 Paesi membri dell’Organizzazione più alcuni altri, anche se non per tutti gli indicatori (alcuni dati sono relativi all’anno 2010, altri al 2011). L’Italia non ne esce bene. Il rapporto EaG evidenzia che la spesa pubblica per l’istruzione ammonta al 4,7% del Pil, contro una media Ocse del 6,3 %, terz’ultima peggiore performance. Ancora peggiore è il dato che riguarda la percentuale della spesa per l’istruzione sul totale della spesa pubblica: solo il 9% contro una media Ocse del 13%. Per l’Italia viene fatto poi notare un ulteriore squilibrio, già evidenziato negli scorsi anni: se la spesa annua per studente è di 9.055 dollari, contro una media Ocse di 9.249, quella per studente di scuola materna ed elementare è un po’ sopra la media di questa fascia di scuola, mentre quella per studente universitario è notevolmente sotto: 9.561 dollari contro una media di 13.719. (Insegnanti anziani) – Gli insegnanti italiani sono i più anziani: nel 2011 il 47,6% dei maestri elementari, il 61% dei professori delle medie inferiori e il 62,5% di quelli delle superiori aveva già superato i 50 anni d’età. Le retribuzioni sono più basse della media europea a inizio carriera, e la differenza aumenta con l’anzianità: 29.418 dollari è la media per i professori italiani all’inizio della carriera contro 31.348 di media nei 34 membri dell’organizzazione; 36.928 dollari per un prof italiano dopo 15 anni di anzianità, contro 41.665 di media Ocse. |
F |
FORMAZIONE OBBLIGATORIA |
(novembre) – La legge 128 di conversione del decreto legge 104 sull’istruzione conferma sostanzialmente la clamorosa novità sulla formazione obbligatoria in servizio dei docenti, nonostante vi sia stata un’impennata contraria del mondo sindacale all’uscita del DL. Inizialmente sembrava che i sindacati avessero trovato una sponda compiacente da parte di alcuni politici per cancellare l’obbligo di aggiornamento, ma, alla fine, le Camere hanno confermato la norma, modificando in questo modo la normativa contrattuale. Per più di vent’anni l’aggiornamento in servizio era stato un diritto-dovere poi il CCNL degli insegnanti aveva modificato tale previsione, prevedendo che l’aggiornamento fosse soltanto un diritto. È caduto un tabù. Per il 2014 però ci sono soltanto 10 milioni per applicare la legge: basteranno per rendere permanente l’obbligo? |
G |
GaE (Graduatorie a Esaurimento)
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(ottobre) – In sede di conversione del DL 104 (l’istruzione riparte) vengono presentati diversi emendamenti che chiedono l’immissione nelle graduatorie ad esaurimento (GaE) di docenti precari. Gli emendamenti non vengono ammessi, in quanto non pertinenti con i contenuti e le finalità del decreto legge. Alcuni sindacati minori, ancora una volta, stigmatizzano l’accaduto e criticano il ministro Carrozza per la sua dichiarata indisponibilità a riaprire le graduatorie. Graduatorie che però si svuotano molto lentamente con la previsione che molte, per svuotarsi, richiederanno molti molti anni (e forse decenni). Prima o poi il problema dovrà essere affrontato, prendendo il toro per le corna. |
H |
HANDICAP |
(novembre) – la legge 128/2013 di conversione del DL 124 (l’istruzione riparte) introduce un emendamento alla norma di stabilizzazione dei posti di sostegno per gli alunni portatori di handicap. La norma di base prevede la stabilizzazione di 26.684 posti di sostegno. L’emendamento dispone che, a partire dal 2014-15, i posti stabilizzati in ogni regione abbiano una medesima percentuale rispetto a tutti i posti di sostegno attivati. Da tempo Tuttoscuola sosteneva questo obiettivo della perequazione che, finalmente, ha trovato ascolto in Parlamento. L’emendamento intende mettere fine a una situazione di forte sperequazione tra i territori, consolidatasi nel tempo e che vede quasi tutte le regioni del Sud e delle Isole con valori di stabilizzazione al di sopra della media nazionale. Se, come tutto lascia intendere, la norma sarà rispettata fino in fondo, nei prossimi due anni vi saranno più posti di sostegno stabilizzati al Centro-Nord e altrettante immissioni in ruolo. |
I |
INVALSI (prove)
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(maggio) – Anche quest’anno, in vista dell’annuale rilevazione degli apprendimenti da parte dell’Invalsi di maggio, si sono intensificate, da parte di alcune organizzazioni e sindacati, azioni preventive di disturbo (proposte di sciopero e mobilitazioni varie). Le astensioni dei docenti tuttavia non sono state significative, con rare eccezioni locali. La Gilda, unico dei cinque sindacati rappresentativi che l’anno scorso aveva invitato all’astensione sotto forma di sciopero bianco, quest’anno ha preferito concentrarsi sulla questione dell’obbligatorietà dell’aggiornamento dei docenti nei territori dove i test Invalsi hanno fatto emergere limiti di apprendimento degli alunni. “È sbagliato e ingiusto gettare la croce solo sulle spalle dei docenti se il rendimento degli alunni ai test Invalsi è scarso, perché bisogna tenere conto anche di altri fattori, tra cui il contesto socio-ambientale in cui sono inserite alcune scuole”. Dietro questa affermazione di Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda, difficilmente contestabile, sta tuttavia una opposizione di principio alla obbligatorietà dell’aggiornamento, considerata un attacco alla professionalità degli insegnanti: l’aggiornamento dei docenti, secondo questo sindacato, non può essere trasformato in un obbligo attraverso un decreto, scavalcando il contratto di lavoro. Ma perché mai l’Italia dovrebbe restare uno dei pochi Paesi al mondo in cui la formazione in servizio non è contemplata come una componente fondamentale della professionalità docente? Sull’Invalsi torniamo anche nelle voci Sestito e Valutazione. |
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