Vi hanno detto che i vostri figli sono ‘indietro col programma’? Ecco perché è una bugia

Oggi voglio dirvi una cosa importantissima, che potrebbe avere un impatto decisivo sul vostro futuro. I programmi scolastici non esistono più. Questa rivelazione, che potrà sembrarvi una provocazione o una battuta, non è né l’una nell’altra. Inoltre, proprio a dirla tutta,  il fatto che nelle scuola, badate bene, in tutte le scuole, non esistano più i programmi non è proprio una novità, è un fatto che ha oltre dieci anni. Ma andiamo con ordine.

I programmi nazionali sono stati sostituiti dalle Indicazioni Nazionali, che sono di due tipi: per la scuola materna (in scuolese: scuola dell’infanzia), elementare e media (in scuolese: primaria e secondaria di primo grado) e per le scuole superiori (diversi per licei e istituti tecnici e professionali).

In sostanza cosa cambia? Le Indicazioni, rispetto ai programmi che, vogliamo ripeterlo non esistono più, non sono prescrittive, non indicano gli argomenti che devono essere studiati dalle scuole di tutta Italia e non impongono in quali classi devono essere affrontate certe tematiche. Nella società della complessità sarebbe quantomeno strano immaginare che a prescindere dal loro contesto territoriale, culturale e sociale, tutti i bambini dovessero apprendere gli stessi contenuti.

Di conseguenza, la frase che spesso, troppo spesso sentiamo, “Siamo indietro con il programma,” non è solo è scorretta, ma va contro all’idea di flessibilità che è la spina dorsale delle Indicazioni Nazionali e che, a proposito degli apprendimenti, si esprimono così: ”Le finalità della scuola devono essere definite a partire dalla persona che apprende, con l’originalità del suo percorso individuale e le aperture offerte dalla rete di relazioni che la legano alla famiglia e agli ambiti sociali. La definizione e la realizzazione delle strategie educative e didattiche devono sempre tener conto della singolarità e complessità di ogni persona, della sua articolata identità, delle sue aspirazioni, capacità e delle sue fragilità, nelle varie fasi di sviluppo e di formazione. Lo studente è posto al centro dell’azione educativa in tutti i suoi aspetti: cognitivi, affettivi, relazionali, corporei, estetici, etici, spirituali, religiosi. In questa prospettiva, i docenti dovranno pensare e realizzare i loro progetti educativi e didattici non per individui astratti, ma per persone che vivono qui e ora, che sollevano precise domande esistenziali, che vanno alla ricerca di orizzonti di significato.”[1]

Porre lo studente al centro dell’azione educativa significa chiaramente che i docenti devono organizzare una proposta formativa che tenga conto della complessità e della varietà delle intelligenze che incontrano oggi giorno entrando in classe. Ma le indicazioni dicono di più: i docenti devono definire e realizzare strategie educative e didattiche tenendo conto della singolarità della persona e concretamente questo indica un rovesciamento della prospettiva, un cambio di direzione significativo: non è l’alunno, soprattutto quello con maggiori difficoltà, a fare di tutto per mettersi in pari con un programma ormai morto da un decennio, ma sono i docenti che devono modellare la propria proposta formativa tenendo in considerazione i bisogni, speciali e non, dei bambini che si trovano davanti.

Insomma, nessuno è indietro con il programma, la scuola deve partire dai bambini in carne ed ossa che si trova davanti e non c’è nessun traguardo comune che i bambini devono raggiungere, almeno in termini di nozioni. Questo fatto è ben noto a tutti i docenti e deve essere il punto di partenza per una didattica serena, che parta dai bisogni dei bambini e dei ragazzi e non un’eterna rincorsa verso ipotetiche mete comuni. C’è chi scriverà la lettera a Babbo Natale dopo qualche mese di scuola primaria, c’è chi lo farà alla fine della scuola dell’infanzia e chi, invece, lo farà dopo più tempo.

La prossima volta che qualcuno vi dirà “A che punto siamo col programma” oppure “siamo già indietro col programma”, fate un bel respiro, sorridete e affermate chiaramente: “Ma come, non lo sai, che i programmi non esistono più?” Farete un regalo a lui, ai suoi figli e, forse, anche ai suoi insegnanti.

[1] Miur, Indicazioni Nazionali per il curricolo, 2012 p. 9

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