Termoscanner: perché non dotarne le scuole?

Misurare a casa preventivamente la febbre agli alunni prima di andare a scuola? È necessario, ha dichiarato la ministra dell’istruzione Azzolina, stigmatizzando l’ordinanza della regione Piemonte che, invece, dispone la misurazione della temperatura a scuola o, in caso di difficoltà a provvedervi, prevede che le scuole verifichino (sul diario dell’alunno?) l’avvenuto accertamento.

Andrea Crisanti, virologo direttore di Microbiologia all’università di Padova, è intervenuto per dire la sua. Intervistato da Repubblica, ha spiegato: “La misurazione della temperatura è una cosa seria, non può essere delegata a otto milioni di famiglie. C’è chi la misura sulla fronte, chi nell’orecchio, chi sulla lingua, chi sotto l’ascella e per di più con termometri diversi”. E a chi gli ha fatto notare che non c’è personale scolastico sufficiente per prendere la temperatura all’ingresso, Crisanti ha risposto che esistono sensori elettronici che funzionano senza l’aiuto di alcun tecnico, come quelli installati negli aeroporti o in molte aziende.

Le opinioni in merito divergono e sembra non si trovi una linea comune di comportamento. Il criterio di massima sicurezza vorrebbe un doppio controllo, ossia che alla misurazione fatta a casa (per evitare di uscire se febbricitanti) si aggiungesse un controllo di sicurezza a scuola, perché il rischio è troppo altro per la comunità, nel caso la misurazione a casa fosse fatta male o non fatta per niente.

È stato chiesto ad esempio al dirigente scolastico della scuola di Vo’ Euganeo – il paese dove si registrò il primo decesso per il coronavirus e ritornato agli onori della cronaca per la visita del presidente Mattarella per la riapertura dell’anno scolastico – se non fosse meglio misurare la febbre agli alunni all’ingresso a scuola anziché affidarne la responsabilità alle famiglie.

Il dirigente ha convenuto sull’opportunità di utilizzare un termoscanner a scuola, ma ha precisato che la situazione finanziaria del suo istituto comprensivo non poteva consentirlo, in quanto, dovendo acquistarne uno per ognuno dei nove plessi scolastici a un prezzo superiore ai mille euro l’uno, avrebbe dovuto sostenere una spesa non sopportabile dalle casse dell’istituto.

Ma perché dovrebbe essere la scuola a farsi carico di questa spesa?

Considerato l’enorme impegno di risorse finanziarie che il commissario Arcuri sta destinando alle scuole per l’emergenza sanitaria (circa 2,5 milioni di banchi monoposto, 11 milioni di mascherine al giorno, 170 mila litri di gel a settimana), non era possibile impegnare alcune decine di milioni per dotare ogni scuola di un termoscanner? Era davvero una spesa proibitiva? Di quanto?

Proviamo a fare alcuni conti.

Le scuole statali, istituti principali, plessi periferici, sezioni staccate e succursali in tutti gli ordini scolastici raggiungevano complessivamente l’anno scorso il numero di 41.778 sedi scolastiche, di cui 13.289 scuole dell’infanzia, 14.895 plessi di scuola primaria, 7.227 scuole secondarie di I grado e 6.347 istituti secondari di II grado.

Per ognuna di quelle scuole sarebbe stato opportuno (e forse sarebbe tuttora opportuno) assegnare una dotazione di termoscanner.

Considerato che soprattutto tra gli istituti della secondaria di II grado vi sono scuole con elevato numero di studenti che potrebbero richiedere anche ingressi separati, la dotazione di questi ultimi potrebbe essere aumentata di almeno un 20% circa.

Il fabbisogno sarebbe, pertanto, di circa 43 mila termoscanner che, al costo medio di 1.200 euro l’uno, richiederebbero un importo finanziario aggiuntivo di poco meno di 52 milioni di euro.

Sarebbe una somma ben spesa che darebbe più sicurezza a tutti e garanzia di accertamento, togliendo alle famiglie un compito che in molti casi potrebbe non sempre essere assicurato.