Manfredi: a settembre lezioni ed esami in presenza ma senza abbandonare la DaD. Numero chiuso? Necessario per alcuni corsi

Un graduale ritorno alla normalità ma con un nuovo modello didattico, più flessibile e adatto ad ogni evenienza. Ad anticipare come sarà l’avvio del prossimo anno accademico è direttamente il ministro dell’Università e della Ricerca, Gaetano Manfredi, intervistato da Skuola.net durante una diretta streaming. “Si ritornerà alla didattica in presenza – assicura Manfredi – ma, probabilmente, tale modalità non potrà essere utilizzata da tutti gli studenti”. Il riferimento è ad alcune tipologie di iscritti – come gli stranieri o i fuorisede – che potrebbero non poter seguire a causa dei limiti agli spostamenti. Un modello blended, ovvero misto, così lo definisce il ministro.

Ma il tema centrale, che porta al cambio di assetto, riguarda soprattutto i corsi particolarmente affollati. “Alcune università sdoppieranno i corsi – prosegue il Ministro – altri alterneranno corsi in aula con corsi a distanza. Molto dipenderà dall’anno di corso e dalla tipologia della materia. Ogni ateneo si organizzerà in modo autonomo”. Un modello che, secondo Manfredi, “dà anche l’opportunità, qualora se ne presentasse la necessità, di sospendere le attività anche con poco preavviso senza alcun disagio per gli studenti. Un sistema molto flessibile, il modo migliore per dare una risposta concreta in una situazione di difficoltà”. Anche per quel che riguarda gli esami a settembre “l’idea è di farli in presenza. Dobbiamo però consentire a chi non può andare presso l’ateneo di poterli continuare a svolgere online. Lo stesso vale per le sedute di laurea. Già in questa sessione estiva alcuni atenei – come La Sapienza – hanno gradualmente iniziato”.

Ma prima dell’inizio dell’anno accademico c’è da pensare a come frenare la prevista fuga dagli atenei. Secondo le stime si prevedono circa 10mila iscritti in meno. “Dobbiamo fare di tutto per evitare che questo avvenga. Sostenendo il reddito delle famiglie maggiormente colpite dalla crisi economica ma anche dando fiducia ai ragazzi, spiegando loro che anche in un momento di difficoltà, fare un investimento in questo senso conviene sempre. Gli ultimi dati Almalaurea lo dimostrano”. Il primo tassello è il ‘Decreto Rilancio’, che ha stanziato 1,4 miliardi di euro per l’università: “Mai in passato si erano spese così tante risorse per l’università”, sottolinea il Ministro.

Una delle voci di bilancio più consistenti – 300 milioni di euro – servirà proprio a garantire il diritto allo studio: “Ci saranno – spiega Manfredi – 165 milioni per incrementare la ‘no tax area’, che verrà estesa alle famiglie con redditi fino ai 20mila euro (dai 13mila precedenti), mentre per i redditi compresi dai 20mila ai 30mila euro ci sarà uno sconto. Inoltre, si incentiverà l’accesso all’università di quei ragazzi le cui famiglie, seppur benestanti, sono state particolarmente colpite dagli effetti della pandemia. Infine ci sarà un incremento significativo delle borse di studio, anche per far sparire le figure degli idonei non beneficiari”. Il resto? “Ci saranno risorse per attrezzare le aule e dotarle di quegli strumenti per garantire l’accesso al maggio numero di ragazzi, in sicurezza; 20 milioni per il digital divide, per dotare gli studenti di strumenti informatici e connessioni; 550 milioni per la ricerca; 4mila nuovi posti da ricercatore (tra ‘Decreto rilancio’ e ‘Milleproroghe’)”.

Un capitolo a parte meritano i test d’ingresso. Che dovranno necessariamente adattarsi al contesto socio-sanitario. “Per i corsi a numero programmato nazionale le modalità resteranno uguali al passato. L’unica novità è che ci saranno più sedi universitarie disponibili per sostenerli e ogni studente potrà farlo nella provincia in cui risiede. Per architettura, invece, abbiamo dato maggior autonomia alle sedi, che sceglieranno le modalità di concorso più consone alle esigenze del luogo in cui si trovano i singoli atenei. Per i corsi a numero programmato locale, infine, gli atenei si stanno organizzando come hanno sempre fatto. Anche se noi stiamo spingendo per ridurre al minimo i test d’ingresso o, se proprio indispensabili, per incentivarne lo svolgimento online”.

Per quanto riguarda il futuro, non sembrano esserci alternative al numero chiuso nei contesti, come il corso di laurea di medicina e chirurgia, dove le risorse attuali non consentono di garantire un percorso formativo di qualità a tutti gli iscritti. Quanto alla modalità di selezione, il test d’ingresso a crocette non è perfetto ma almeno “garantisce una certa imparzialità di giudizio”. Alternative come il modello alla francese hanno dimostrato “di avere comunque dei limiti, sia perché i voti degli esami universitari possono essere soggettivi sia perché può far perdere ai ragazzi un anno di studi. Spesso le seconde scelte di chi si indirizza inizialmente su medicina non appartengono a corsi della stessa area”.

Anche i corsi di preparazione ai test verranno confermati: “Gli atenei hanno molto lavorato sull’organizzazione di questi corsi; in alcuni casi ci saranno, molte università si stanno attrezzando per farli a distanza, soprattutto quelli per i test di medicina. Le situazioni però sono molto differenziate a seconda del livello del contagio nelle singole zone”. Parole rassicuranti, infine, pure su tirocini ed Erasmus: “Stiamo facendo degli interventi normativi per non danneggiare i ragazzi, anche quelli che nel frattempo si sono laureati. Progressivamente tutto tornerà alla normalità”. 

Infine un consiglio agli studenti: “Non rifiutate mai un voto ad un esame. Il voto finale è importante ma lo è anche terminare gli studi in tempo”. E confessa “ho accettato anche un 18, perché a quel tempo i voti del biennio a ingegneria non contavano nella media finale”.