Tuttoscuola: Non solo statale

La buona scuola la fanno i buoni maestri

Sulle Linee guida rese note dal governo pochi giorni fa riceviamo e volentieri pubblichiamo le considerazioni di suor Anna Monia Alfieri, docente presso la scuola ALTIS dell’Università Cattolica di Milano.  

Invitiamo altri lettori interessati a intervenire sull’argomento, o a offrire nuovi spunti di dibattito, a scriverci come di consueto a botta_e_risposta@tuttoscuola.com.

 

Le tanto attese linee guida sulla scuola sono online (passodopopasso.italia.it); da qui per due mesi la parola passa ai cittadini. Se  “la scuola è il punto di partenza. Non uno dei tanti punti bensì il punto”», come dichiarò il premier Renzi nel discorso programmatico, a maggior ragione questo start domanda il coinvolgimento di uomini e donne di scuola.

Il documento fa leva sul corpo docenti e lo mette a fuoco, per risollevare la scuola. Si archivia definitivamente il tacito ruolo dell’insegnamento come ammortizzatore sociale e si apre ai docenti lo spazio di formazione e di carriera nella scuola. La misura era evidentemente colma e chi vive di scuola e nella scuola, ma anche il cittadino genitore, ne comprende perfettamente la ragione: una classe lavorativa apatica, assuefatta, appiattita sarebbe prima o poi implosa. Molti elementi concorrono a fare buona la scuola, ma quello del buon maestro è necessario. Solo il buon maestro fa la buona scuola. Se per un aspetto si vuole porre una pietra tombale sul precariato e sulla  supplentite, per un altro si punta a riscattare la professione docente con affermazioni che qualche anno fa, pur ritenute valide, non sarebbero risalite in punta di penna: «dobbiamo avere il coraggio di dire che si devono giudicare gli insegnanti e gli scatti devono essere sulla base del merito e non sulla base dell’anzianità».

Tale condizione necessaria per la buona scuola (il docente meritevole) apre a conseguenze strutturalmente inevitabili, che di questa condizione sono figlie: “la vera autonomia: valutazione, trasparenza, apertu­ra, burocrazia zero” (cap. III), per migliorare la scuola. Occorre perciò (pag. 65) “un modello di valutazione che renda giustizia al percorso che ciascuna scuola intraprende per migliorarsi e allo stesso tempo costituisce un buono strumento di lettura a chi è esterno alla scuola”. E non sfugga la stoccata finale: il Sistema Nazionale di Valutazione sarà reso operativo dal prossimo anno scolastico “per tutte le scuole pubbliche, statali e paritarie”.  

Difficilmente un ministro della Repubblica lo avrebbe detto qualche anno fa , ma Il Ministro Giannini aveva preso le sue precauzioni attraverso una riflessione dalla logica stringente: ”è sempre più indispensabile compiere un processo culturale che restituisca il corretto significato etimologico alle parole” (25 giugno). “Pubblico è ciò che è fatto per l’interesse pubblico, quindi non implica necessariamente e solo la gestione statale.  Se parlando di questo tema non riusciamo a superare questa apparente dicotomia tra destra e sinistra di ciò che in fin dei conti rappresenta solo un errore lessicale, non arriveremo mai ad una educazione di qualità, ad una scuola libera, inclusiva e competitiva».

Ormai il punto è fermo: al di là dell’ideologia, cancro non del tutto estirpato dell’intelligenza, il cittadino deve e può chiedere ad un Governo  – che a) ha dichiarato che la scuola è il punto di partenza, b) ha affermato che la scuola pubblica è statale e paritaria con tutto ciò che implica –che l’Italia, in quanto Stato di diritto, recuperi la propria responsabilità di attore capace di “garantire” i diritti che riconosce. Pena la contraddizione, che equivale a dire e disdire, cioè ad essere come un tronco (Aristotele). E’ evidente che si richieda ai cittadini responsabili non mollare la presa.

Di conseguenza, il documento approfondisce e si espone sempre più: Servirà lavorare per dare alle scuole paritarie (valutate positivamente) maggiore certezza sulle risorse loro destinate, nonché garanzia di procedure semplificate per la loro assegnazione. Ecco i due nodi centrali: certezza di risorse e procedure snelle.

Legare i finanziamenti in una logica progressiva (cfr pag. 119) alla qualità della scuola e all’effettivo miglioramento degli Istituti è cosa non solo saggia, ma l’unica possibile. Una spending review che si rispetti abbandona i finanziamenti irresponsabili e ciechi,  introducendo le leve del merito per i docenti, spinti ad acquisire competenze sempre maggiori. Si restituisce quindi dignità alla classe docente, si riorganizzano le scuole per superare lo spreco e si impiegano queste risorse a migliorarle; si raggiunge l’efficienza nella gestione anche attraverso maggiori poteri decisionali e gestionali ai dirigenti, con competenze appropriate che non possono non avere.

Il futuro vede figure di dirigenti manager nel contesto di una buona governance, capaci di selezionare i docenti migliori – unica vera ricchezza della scuola pubblica che è di tutti – e di programmare nella logica del budget, termine vituperato e bandito negli anni ruggenti ma strumento funzionale e al servizio della buona scuola, fatta dai docenti meritevoli e dalle famiglie che li riconoscono e li scelgono. Rassegnamoci: non tutti i laureati sono fatti per diventare docenti, né tutti gli abilitati lo sono diventati, essendolo effettivamente.

Occorre ripartire da chi insegna, da docenti stimati che ricominceranno a credere in se stessi e quindi a migliorarsi e a formare altri colleghi, oltre che a formare alunni di sano spessore culturale e umano. Se questo non si pone come obiettivo, la scuola non serve, o peggio è dannosa: meglio eliminarla e ci pensino direttamente i genitori (homeschool), soprattutto se, a loro, scegliere una buona scuola pubblica, paritaria ad esempio, effettivamente non è stato concesso, benché abbiano pagato con l’imposizione fiscale tutto il costo della scuola pubblica.

A questo proposito, se il documento non sembra risolvere in modo immediato tale questione che uccide il diritto della famiglia, l’auspicio è che almeno maggiori risorse certe alla scuola pubblica paritaria e l’approfondimento del bonus fiscale per i privati che investiranno nella scuola (pag. 124 ss) contribuiscano ad allargare la possibilità di scelta educativa a tutti di una buona scuola pubblica, statale e paritaria. Perché, come scoprì l’Europa nel 2012, senza libertà di scelta educativa non c’è libertà di insegnamento e (pag 67): ”il piano di accesso ai dati sulla scuola deve stare alla base dell’autonomia scolastica: serve ai genitori che vogliono essere consapevoli della scelta della scuola per i propri figli.” Qui sembra recuperarsi tutta la dignità della famiglia che viene posta al centro  nella sua responsabilità formativa e nel conseguente esercizio della libertà di scelta educativa (art. 30,33 Cost. e Risoluzioni UE 1984 e 2012).

Se si ripartirà da questo punto senza cedere alla tentazione di un sistema scolastico statalista, la partita è ancora aperta: “ne va la vita!” (Manzoni).

Sr Anna Monia Alfieri

Forgot Password