Piano assunzioni della scuola, più rischi che benefici a cambiarlo

Sul testo dell’imminente decreto legge di riforma della scuola che sarà presentato, trapelano pochissime indiscrezioni, perlopiù di dubbia consistenza. Tra quelli apparentemente più informati, segnaliamo Assunzioni, dentro i precari utili, a firma di Alessandra Ricciardi per ItaliaOggi.

Il pacchetto di riforma della scuola – scrive Ricciardi – risulta ad oggi composto di un decreto legge corposo di 44 articoli e di un disegno di legge delega più slim. Ma le misure e le proporzioni sono destinate a cambiare nelle prossime ore, anche alla luce di quello che negli ambienti di governo è dato sempre più come un passaggio dovuto: la preventiva lettura da parte dei tecnici del Quirinale dell’intera riforma della scuola e non del solo decreto legge su cui il presidente della repubblica, ed ex ministro dell’istruzione, Sergio Mattarella è chiamato ad esercitare il controllo dei requisiti di urgenza e necessità previsti dalla Costituzione”.

Sulla parte più interessante del decreto, costituito dal piano assunzionale, Ricciardi ipotizza un cambio di rotta: “La svolta di queste ore parla di un piano di stabilizzazioni che riguarderà solo i precari delle Gae di cui c’è effettivamente bisogno nella scuola, e che daranno vita a un organico potenziato. Il docente di stenodattilografia, è l’esempio più comune, non dovrebbe più rientrare nelle stabilizzazioni anche se è in Gae. Una scrematura che dovrebbe lasciare a casa dai 10mila ai 20-30 mila docenti le cui classi di concorso non sono più attive. Posti che verrebbero destinati nell’immediato alle supplenze sulle cattedre effettivamente necessarie, ad esempio matematica, e nel giro di un anno messi poi a concorso. Nella selezione dovrebbero avere una corsia preferenziale proprio i precari non delle Gae ma delle graduatorie di istituto che su quelle classi di concorso hanno già i contratti di supplenza annuale. Una strada, è l’auspicio, che dovrebbe consentire di sanare la frattura tra i precari delle due diverse graduatorie. Ed evitare anche i ricorsi di chi resterà fuori e potrà appellarsi alla sentenza Ue. In tal senso al ministero sono tutt’ora in corso verifiche tecniche con esperti del diritto del lavoro. Sulle assunzioni è vietato sbagliare”.

Questo orientamento ad escludere parte delle Gae sembra trovare ultimamente molti proseliti (Fondazione Giovanni Agnelli, l’ex ministro Giuseppe Fioroni, e il parlamentare europeo Antonio Tajani, tra gli ultimi), quasi che tutti avessero improvvisamente scoperto che ci sono iscritti in Gae che non hanno superato selezioni e che nel frattempo non hanno lavorato.

Piuttosto che escludere costoro, che da anni entrano in ruolo secondo una legge dello Stato e che hanno avuto il legittimo diritto – nel frattempo – di non insegnare e di orientare il loro percorso lavorativo verso professioni e attività meno precarie, ci sembra più razionale l’approccio contenuto nella risoluzione proposta dalla deputata Milena Santerini, con un anno di prova finalmente serio per tutti i neoassunti.

In realtà, dai critici dell’ultim’ora della riforma della scuola che verrà ci pare manchi una visione di insieme del pacchetto assunzionale della Buona Scuola, giusta o sbagliata che essa sia. Ritardare le assunzioni vuol dire ritardare il nuovo concorso, o farlo valere per un numero dimezzato di posti (ricordiamo che vige il doppio canale di reclutamento, 50% dalle graduatorie permanenti e 50% dai concorsi). Fare un ragionamento sui fabbisogni della scuola implica ugualmente fare un concorso per un numero dimezzato di posti ed escludere dalle assunzioni persone titolari di un diritto. Ulteriori ritardi avrebbero poi l’effetto deleterio di aumentare i docenti con 36 mesi alle spalle, con i prevedibili esiti risarcitori.

Indubbiamente, ha ragione la Fondazione Agnelli nel ritenere che lo svuotamento delle graduatorie permanenti risponda più a un adattamento della scuola alle assunzioni (che è il contrario di quanto dovrebbe accadere), ma ci pare che – per quanto alto – sia un prezzo accettabile da pagare per tornare al canale unico concorsuale di reclutamento, in accordo con quanto dettato dalla Costituzione e con il livello qualitativo dei docenti che la scuola italiana merita.