Tuttoscuola: Il Cantiere della didattica

Voto in condotta/2. Ma perché non dovrebbe fare media?

Se si prescinde dalle ragioni giuridiche, per puntare su quelle di tipo pedagogico, o più ampiamente di tipo educativo, non si vede perché il voto di condotta non dovrebbe fare media, con l’eccezione del voto inferiore a sei, che per legge comporta la bocciatura.

Determinante, per valutare la questione, è il fatto che il voto relativo alla condotta, o comportamento, sia stato riportato alla normale scala decimale, come tutte le altre materie. Un tempo il sei e il sette in condotta producevano conseguenze sull’esito dell’anno scolastico, ora non più: un sei in condotta equivale a un sei in italiano o in matematica, significa che il comportamento dell’allievo è sufficientemente corretto. Un otto, un nove o un dieci in condotta, come in italiano o in matematica, significherà che il comportamento dell’allievo – che è un insieme di atteggiamenti, azioni, espressioni, gesti – si sarà collocato al di sopra della soglia minima accettabile. E perché non dovrebbe essere valutato per come si sarà in effetti manifestato? Perché non dovrebbe essere riconosciuto e premiato, così come una buona, o un’ottima, o un’eccezionale performance in italiano o in matematica?

Probabilmente sulla riluttanza a considerare la condotta come le altre discipline influisce un pregiudizio di tipo cognitivistico, centrato sull’esclusività delle tradizionali “materie” e dei loro contenuti come oggetto precipuo dell’insegnamento/apprendimento. Mentre si dovrebbe oramai riconoscere che tra le variabili decisive ai fini del successo scolastico stanno le qualità personali, o “competenze trasversali” (es. attenzione, autocontrollo, capacità di lavorare in gruppo, impegno, serietà). E perché non dovrebbero essere valutate, e fare media, compensando (giustamente) qualche stentato risultato disciplinare?

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