 
									Viaggio nella scuola finlandese. Diario di bordo/4. La qualità non nasce dal controllo, ma dall’ascolto
 
							Di Tiziana Rossi
Siamo alla conclusione di questo “diario di bordo” del viaggio in Finlandia. 
Ricordiamo che abbiamo raccontato il viaggio istituzionale che una delegazione della Provincia di Trento ha svolto in Finlandia, dal 6 al 10 ottobre 2025. La delegazione trentina, composta da tredici dirigenti scolastici affiancati dall’assessora trentina all’istruzione, cultura, giovani e pari opportunità Francesca Gerosa, dalla dirigente generale del dipartimento istruzione e cultura Francesca Mussino, dal sovrintendente scolastico Giuseppe Rizza, dalla dirigente del servizio istruzione Sandra Cainelli, dal presidente di IPRASE Angelo Paletta, nonché direttore del dipartimento di management dell’università di Bologna, dal direttore generale Luciano Covi e da altre figure di supporto organizzativo e scientifico, ha voluto toccare con mano il sistema finlandese nell’ambito della missione “EVOLVE – Educational Vision through Observational Leadership, Values and Engagement”, organizzata da IPRASE (l’ente trentino di formazione docenti e dirigenti) nell’ambito del programma FSE+ 2021-2027 col coordinamento scientifico di Paletta.
Proviamo a tracciare qualche riflessione, partendo da una Analisi SWOT del sistema scolastico finlandese.
Punti di forza:
- Autonomia e responsabilità del singolo quali facce della stessa medaglia, declinate come autodeterminazione e indipendenza della persona fin dalla più tenera età, costruzione individuale del progetto di vita, accompagnata da figure genitoriali e educative di supporto ‘non invasivo’, ma generativo di stimoli allo sviluppo. Responsabilità verso se stessi e la collettività che riceve un contributo attivo da parte del singolo che ha così sostenuto e affiancato. La diade può essere ascritta sia agli studenti che al personale della scuola: dirigenti, docenti, componenti della equipe socio-psico-pedagogica sono autonomi nell’impostazione della vision e del progetto didattico, con il limite dell’osservanza del National Curriculum così come declinato dalle municipalità, ma al contempo sono responsabili di queste scelte dinanzi la comunità e i referenti politico-istituzionali.
- Decentramento e sussidiarietà verticale e orizzontale: il governo centrale detta i fondamenti del sistema e le linee guida (National Curriculum, legge sull’inclusione dell’agosto 2025), ma le municipalità e a seguire le singole scuole interpretano i bisogni del territorio e rispondono ad essi con meno vincoli burocratici e un sistema di governance da un lato più flessibile (es.: quote di opzionalità nel piano di studi, orari scolastici variabili in base al contesto, sistema di assunzione locale differenziato in base alla mission della scuola), dall’altro più integrato (equipe socio-psico-pedagogica nella e non fuori la scuola; aziende che valutano con la scuola le competenze in uscita nella vocational education).
- Governance della scuola: assenza di forme sclerotizzate dalla norma nelle funzioni e presenza di gruppi variabili di docenti, per progetto e per interesse; relazioni tra municipalità e dirigenti e tra dirigenti e docenti fondate più su rapporti dialogici ispirati alla mediazione e al contemperamento delle istanze individuali che su un sistema rigido e normativamente / contrattualmente prescritto (es.: riunioni informali e brevi a scuola sul clima e sulle istanze emergenti che si alternano a riunioni più formali, colloqui con le famiglie non conflittuali e non schiacciate sul solo tema valutativo).
- Sistema di formazione iniziale e di reclutamento: alta qualità in ingresso di dirigenti e docenti garantita da un sistema di istruzione superiore molto selettivo e meritocratico (accesso al Liceo e poi all’Università con la media del 9.7 dalle medie); selezione del personale diretta e non tramite concorso, con un sistema di interview mirate più a esplorare la visione e i tratti della personalità che le competenze e conoscenze, già accreditate dal titolo (Masters’ degree per i docenti, Dottorato per i dirigenti); coerenza e coesione del sistema ‘blindato’ dall’accreditamento sociale della reputazione del professionista, da inquadrarsi anche in un contesto di rete sociale a maglie molto strette per l’esiguità della popolosità, soprattutto nei centri periferici
- Sostegno nelle transizioni e orientamento / benessere: presenza di figure di supporto e di tutoring (educatori, psicologi, infermieri, young workers) che sostengono le competenze emotive e sociali degli studenti; anni di prescuola e di transizione alla scelta degli studi superiori (17 anni) come guida strutturata ai passaggi successivi; presenza stabile di equipe di supporto all’interno della scuola a garanzia dell’intervento precoce di sostegno al benessere di famiglie / studenti.
Punti di debolezza:
- Selettività e competitività sociale: il sistema scolastico è estremamente selettivo (accesso al Liceo con la media del 9.7; sola alternativa rappresentata dalla formazione professionale), ancorato al merito delle prestazioni; accesso all’università sulla carta possibile anche dalla formazione professionale, ma di fatto arduo per la prevalenza netta delle discipline settoriali e professionalizzanti nella upper secondary della vocational education
- Divari tra centro e periferie e tra fasce sociali della popolazione: il centro, Helsinki in particolare, fruisce di maggiori risorse, policy meglio integrate e supporto più tempestivo ed efficace rispetto alle periferie, soprattutto per le minoranze di scuola svedese (marcata la difficoltà a reperire docenti di lingua svedese) e in presenza di enclave di migranti; prevalenza di studenti finnici nei Licei e di migranti nella formazione professionale
- Policy di inclusione: in via di miglioramento e recente evoluzione verso forme maggiormente accoglienti; esistenza di classi differenziali per gli studenti con i bisogni speciali più severi, con conseguente rischio di ghettizzazione e di opportunità marginali di sviluppo prossimale; opaco il sistema di supporto linguistico agli adulti fornito dalle istituzioni scolastiche (è fornito dai territori, quindi con possibile capacità di risposta differenziata in base alla forza delle municipalità), mentre è garantito quello agli studenti
- Crescente tasso di disagio adolescenziale: crescente il rischio di patologizzazione delle forme di disagio adolescenziale a fronte di un sistema di istruzione estremamente competitivo (ansia sociale, fobie, depressione, attacchi di panico)
Opportunità:
- L’integrazione e la capacità di collaborazione tra attori territoriali: scuola, sociale, famiglie, decisori politici sono in un microcosmo abbastanza coeso e capace di fare concretamente sistema e di dare esecuzione alle linee guida delle policy future: benessere e incremento delle competenze di lettura.
- Coesione sociale: il consolidato sistema informale di relazioni fiduciarie garantisce la coerenza di azione finalizzata in una certa direzione senza necessità di norme estremamente prescrittive e di un connesso sistema di penalità quale deterrente al mancato perseguimento degli obiettivi; motivazione all’agire sociale intrinseco e centrato sul bene comune in un processo di partecipazione collettiva alla decisioni e non estrinseco in quanto dettato dall’alto verso le periferie.
- Cultura educativa diffusa e condivisa tra scuola e famiglia: coerenza di metodi educativi tra scuola e famiglia ispirati all’indipendenza e autonomia di bambini e adolescenti; fiducia generalizzata nell’agire della scuola da parte delle famiglie in quanto essa appare coerente coi propri metodi educativi; percezione sociale di altissima competenza professionale di dirigenti e docenti.
- Decentramento politico-amministrativo flessibile e ispirato al soddisfacimento del bisogno, quale garanzia di responsiveness efficace ed efficiente al mutare dei bisogni e delle condizioni socio-economiche, anche a fronte di un peggioramento degli indicatori di qualità del sistema.
Minacce:
- Processi migratori che recentemente mettono in discussione il consolidato modello di qualità;
- Rischio di esclusioni e marginalità sociali dei nuovi poveri (incremento del costo della vita), migranti non alfabetizzati, bambini e adolescenti con bisogni educativi speciali potenzialmente ‘ghettizzati’ in classi differenziali a fronte di esiguità di risorse di supporto.
- Rischio di crescita dei divari di qualità del sistema scolastico e socio-educativo tra centro (capitale e sobborghi) e periferie laddove non cresca il livello culturale generale anche delle nuove enclave di popolazione non madrelingua finlandese.
- Rischio di aumento delle forme di disagio adolescenziale di natura psicologica e psichiatrica (depressioni, ansie sociale) a fronte di un’alta aspettativa di risultati della upper class e nel contesto delle nuove fragilità della Generazione Z.
L’Italia allo specchio: cosa imparare (e cosa non copiare)
Concludiamo il diario con qualche considerazione finale.
Il confronto con l’Italia si impone spontaneamente. Nel sistema finlandese emergono valori e pratiche che potrebbero ispirare, ma non essere semplicemente importate.
Tre appaiono le leve possibili per un adattamento intelligente:
- Flessibilità curricolare: introdurre gradualmente, almeno dai 16 anni, percorsi opzionali o moduli personalizzati, per allenare alla scelta e alla responsabilità.
- Tempo scuola essenzializzato: ridurre il carico orario per valorizzare qualità, autonomia e spazi di apprendimento informale.
- Equipe psico-pedagogico-sociali permanenti: stabilizzare la presenza di psicologi, pedagogisti e assistenti sociali nelle scuole, come accade in Finlandia, per sostenere tempestivamente in un rapporto di maggiore prossimità il benessere e prevenire il disagio.
Ma il vero nodo, più profondo, riguarda la fiducia. In Finlandia è la precondizione del sistema: senza bisogno di ispezioni, monitoraggi o verifiche continue, la responsabilità professionale è data per scontata. In Italia, dove la fiducia è spesso minata da burocrazia e sospetto, ogni riforma rischia di infrangersi contro la sfiducia istituzionale reciproca.
Verso un modello dialogico
La visita finlandese non lascia formule pronte, ma un mosaico di suggestioni. Il filo che unisce nido, scuola dell’obbligo, università è una cultura dell’educazione come bene pubblico, condiviso tra Stato e municipalità.
Nel bilancio finale, la scuola italiana mostra una diversa forza: una radicata tradizione inclusiva, una capacità di accogliere la fragilità e trasformarla in risorsa. La Finlandia, invece, ricorda che senza fiducia, autonomia e tempo per pensare, nessun sistema educativo può restare vitale.
Forse la lezione più grande di Helsinki è che la qualità non nasce dal controllo, ma dall’ascolto. E che ogni innovazione, prima di essere normativa, è un atto di coraggio collettivo: quello di credere che la scuola – in Finlandia come in Italia – resti insieme alla famiglia il primario laboratorio di fiducia tra generazioni.
Leggi le altre puntate del diario
La fiducia reciproca
L’autonomia professionale
La responsabilità condivisa
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