Verso la terza Repubblica?/2. Il magro bilancio della scuola

Malgrado le promesse di maggiore e migliore governabilità, il tipo di bipolarismo inaugurato in Italia con le elezioni del 1994, stabilizzatosi con quelle del 1996 e 2001, e parzialmente modificato in senso proporzionale nel 2006, si è rivelato assai poco produttivo sul versante delle riforme del sistema educativo.
Ad uno sguardo retrospettivo il bilancio appare magro: le due grandi riforme promosse rispettivamente da Luigi Berlinguer (legge n. 30/2000) e da Letizia Moratti (legge n. 53/2003) sono state rese complicate e contraddittorie dai conflitti interni alle due coalizioni, e sono state in pratica vanificate dalla logica di demonizzazione dell’avversario, che ha indotto la maggioranza di centro-destra ad abrogare la riforma Berlinguer e l’opposizione di centro-sinistra a condurre una battaglia senza esclusione di colpi nei confronti della riforma Moratti.
Più efficace, o comunque più concreta, si è rivelata in questa legislatura la tattica attuata dal ministro Fioroni mediante l’approccio pragmatico simboleggiato dal “cacciavite“, tattica che però non ha potuto avere – quasi per definizione – vere ambizioni riformatrici, come mostrano il ritorno di fatto della scuola secondaria superiore all’assetto pre-Berlinguer e il modesto compromesso raggiunto sull’obbligo di istruzione.
Intanto la qualità della scuola italiana, sottoposta allo stress di riforme avviate e revocate, annunciate e rinviate, è costantemente peggiorata, come mostrano le indagini comparative internazionali, e le grandi disuguaglianze territoriali e settoriali, evidenziate anche dal “1° Rapporto sulla qualità nella scuola” di Tuttoscuola, sono rimaste invariate, o sono addirittura aumentate.