Venzano (ex preside): Per l’aggiornamento serve un database nazionale

Sul bonus dei 500 euro ci scrive Ignazio Venzano (preside dal 1988 al 2014 di scuole comunali di Genova)

“Quanto affermato nel n. 585 di Tuttoscuola Focus (8.11.2015) è assolutamente vero. Bene ha fatto Tuttoscuola a ricordare il problema della Card per l’aggiornamento, perché questo tema consente di risalire alle origini delle discriminazioni tra il personale docente delle scuole statali e quello delle non statali. La legge sulla parità (n. 62/2000) vuole che anche il personale docente delle scuole paritarie abbia l’abilitazione all’insegnamento, ma nulla dice circa il sistema di reclutamento né di altre clausole contrattuali. Ad esempio, le norme sul “pareggiamento” vigenti e applicate fino ai primi anni del secondo dopoguerra volevano che il personale docente delle scuole pareggiate avesse un trattamento complessivo equivalente a quello delle scuole statali.

Tutti conosciamo il motivo per cui non esistono norme riguardanti lo “status” dei docenti delle scuole paritarie: avendo scelto di applicare il comma sulla parità previsto dall’art. 33 della Costituzione senza impegnare “oneri per lo Stato” il legislatore non ha voluto approfondire la questione dei docenti. D’altra parte lo stesso art. 33 dichiara che gli alunni delle paritarie devono avere “un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali”: gli alunni, non i docenti!

Per la verità anche ai tempi del “pareggiamento” non c’era impegno fisso dello Stato verso le scuole pareggiate, ma non c’era neanche la questione dell’interpretazione dell’art. 33 circa il “senza oneri per lo Stato”, e c’era invece un “albo professionale” di tutti i docenti in possesso di abilitazione all’insegnamento, tenuto dai Provveditorati agli Studi, cui ancora era obbligatorio iscriversi, con tanto di tassa da pagare, non appena conseguita l’abilitazione, fino a non molti anni fa.

Come che sia, è un fatto che l’albo professionale non esiste più, e non ci sono norme, salvo contratti di natura privata, circa lo “status” dei docenti delle scuole paritarie. Da questo punto di vista la discriminazione circa la mancanza della previsione della “Card” per favorire l’aggiornamento professionale dei docenti delle paritarie è l’ultima, in ordine cronologico, delle discriminazioni esistenti. Ad esempio, tempo fa venne data la possibilità ai docenti statali (ma solo a loro!) di entrare gratis nei musei statali: questione evidentemente non tanto grave, visto che nessuno ne ha parlato. Ma anche sul fronte delle opportunità internazionali ci sono discriminazioni; i docenti delle paritarie possono adire ai progetti europei scolastici, questo sì, ma non sono previsti nei seminari del Consiglio di Europa, che sono a numero chiuso (vedi programma “Pestalozzi”) e destinati solo al “personale di ruolo”: nella normativa basta questa parolina, “ruolo”, peraltro superata dagli stessi contratti statali che parlano non più di ruolo ma di contratto a tempo indeterminato, per sostenere e di fatto tenere lontani i docenti delle paritarie da una serie molto lunga di opportunità professionali che hanno invece i docenti statali “di ruolo”.

Perfino per la nomina dei commissari agli esami di Stato si assiste alla ricerca, spesso affannosa, di qualcuno disponibile anche non abilitato tratto dalle graduatorie all’insegnamento anziché cercare tra gli abilitati in servizio nelle paritarie. E, da qualche anno, lo Stato paga il servizio prestato per gli esami preliminari dei candidati esterni solo ai docenti statali, intendendo e di fatto accettando che i gestori di scuole non statali chiedano ai candidati esterni dei corrispettivi per sostenere l’esame (che è parte integrante della procedura degli esami di Stato) onde poter pagare i docenti degli esami.

Di fronte a tutto ciò, e l’elenco potrebbe proseguire, la mancanza della “Card” è l’ultimo avvenimento, spia notevole di un più largo problema.

Ci sono soluzioni? Forse sì, al momento, senza neppure invocare “nuovi oneri per lo Stato”. Basterebbe, tanto per cominciare, creare un database unico nazionale dei docenti delle scuole paritarie, ovvero una anagrafe nazionale in cui inserire i docenti a tempo indeterminato in servizio presso le scuole stesse. Per legge e per i contratti delle scuole non statali per essere assunti in una scuola paritaria si deve avere l’abilitazione all’insegnamento, quindi l’unica differenza rispetto ai docenti statali resterebbe quella di non aver superato un concorso pubblico: questione questa insuperabile in Italia; infatti se fosse così il sistema sarebbe come quello francese, che prevede nelle scuole non statali equiparate a quelle statali la presenza di docenti nominati e a questo punto anche pagati dallo Stato!

L’anagrafe nazionale degli studenti delle scuole paritarie esiste già e serve per molti fini, non ultimo quello del controllo sull’effettivo numero degli studenti iscritti sia alle scuole statali che a quelle non statali. Per i docenti l’uso di una anagrafe nazionale che comprendesse in una prima fase almeno tutti quelli a tempo indeterminato sarebbe di grande utilità, per sapere quanti sono, se il loro numero è congruo con la grandezza della scuola in rapporto con gli studenti, e quindi anche se la scuola è gestita secondo criteri di correttezza scolastica (tradotto: può servire molto a investigare su eventuali diplomifici). Organizzare una anagrafe nazionale dei docenti delle paritarie non dovrebbe essere un costo: già oggi i gestori delle paritarie sono tenuti a comunicare alle Direzioni Regionali del MIUR i dati degli insegnanti in servizio, ma questa procedura è in genere cartacea e comunque  non unificata e non informatizzata a livello nazionale: è così impensabile e costoso ipotizzare che le segreterie delle scuole non statali, che già hanno parziale accesso al sistema informatico del MIUR per gli studenti, abbiano accesso anche ad un apposito database dove inserire i docenti?”.