Tuttoscuola: Non solo statale

Valutazione/2. I test possono produrre discriminazione?

La critica più rilevante ai test nazionali sistematici finalizzati all’assegnazione di un punteggio ad ogni scuola è che questa pratica provoca conseguenze nefaste sul piano sociale, inducendo i genitori ad iscrivere i figli presso le scuole con più elevato punteggio.

Si crea così un circolo vizioso perché le scuole giudicate migliori tendono a selezionare i nuovi iscritti per mantenere la loro posizione, e questo finisce per aumentare il divario con le altre scuole, alle quali finiscono per iscriversi studenti meno brillanti, quelli che non riescono ad entrare nelle scuole migliori.

Questo tipo di critica, diffusa negli ambienti progressisti soprattutto nordamericani, difficilmente potrebbe essere sollevata in un Paese, come l’Italia, dove le scuole (e le classi), almeno quelle statali (il 93% del totale), hanno un’utenza mista sia dal punto di vista della capacità degli studenti (mixed ability) che da quello della loro provenienza sociale.

In buona misura il criterio delle classi mixed ability è adottato anche dalle scuole paritarie, mentre una certa selezione dell’utenza su base censitaria è per esse inevitabile, specie dove le rette sono più consistenti. 

Per ridurre la distanza tra le scuole, e per evitare che tra di esse si riflettano divaricazioni di tipo economico e sociale, la via maestra per la scuola statale è quella di confermare la sua tradizione di scuola aperta a tutti, con classi mixed ability; per la scuola paritaria va cercata una soluzione che svincoli le iscrizioni dalla condizione economica delle famiglie. Ma per tutte le scuole, statali e paritarie, la riduzione dei divari non passerà certo attraverso il rifiuto dei test, che se ben costruiti consentiranno loro, anzi, di conoscere meglio se stesse, il proprio lavoro e i propri alunni.

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