Valentina Aprea: significativo contributo a un dialogo aperto

Ho letto con interesse ed attenzione il nuovo dossier di Tuttoscuola e ritengo che possa costituire un significativo contributo ad un dialogo aperto sul ruolo che il sistema di istruzione e formazione può e deve giocare  nella nostra società, sfidata dalla globalizzazione e dagli esiti dell’innovation technology.

Vorrei far precedere le mie osservazioni sui singoli punti evidenziati nel dossier, da alcune proposte di interventi strategici che, a mio avviso, potrebbero contribuire a meglio orientare e sostenere gli interventi tattici che la rivista, con la consueta intelligenza, suggerisce.

Li ordino per grado di fattibilità:

1)    potenziare il sistema dell’istruzione  e formazione professionale regionale, di natura secondaria e superiore, assegnando poste fisse di bilancio nazionale;

2)    investire davvero sull’apprendistato formativo, rendendo praticabile l’ipotesi di costruire un sistema che eroghi i titoli di studio in apprendistato dai 15 ai 29 anni;

3)    mettere a sistema, come si è iniziato a fare, l’alternanza scuola lavoro come metodologia didattica che contempla al proprio interno l’alternanza formativa tra teoria e pratica, tra attività scolastiche e sociali, tra scuola e impresa/lavoro rispettivamente: a) nei percorsi di istruzione; b) nei percorsi di istruzione e formazione professionale; c) nei percorsi di apprendistato; d) nei tirocini curricolari ed extracurricolari;

4)    abolire il valore legale dei titoli di studio, incrementando il ruolo della valutazione di sistema e ridurre la durata del percorso di studio ad un totale di 12 anni, portando il termine a 18 anni, come accade negli altri Paesi d’Europa.

Primo punto: ottimizzare l’utilizzo delle strutture scolastiche

E’ sicuramente condivisibile l’affermazione della centralità della scuola nella vita economica, culturale e sociale dei singoli territori, anche mediante un utilizzo degli spazi e delle professionalità scolastiche al di fuori dei percorsi formali di istruzione.

Lo spazio scolastico può diventare un punto di riferimento per la comunità locale in tutto l’arco della giornata e dell’anno e vi sono significative esperienze in tal senso, in particolare laddove dirigenti scolastici intraprendenti hanno trovato la collaborazione del personale docente e non docente.

Per estendere e generalizzare tali esperienze occorrono però  alcune condizioni :

–       innanzitutto gli spazi scolastici devono essere adeguati e, perché no, anche belli, oltreché in regola con le norme sulla sicurezza. Invece sappiamo che il patrimonio immobiliare scolastico italiano è mediamente lontano dal livello di adeguatezza e tanto più dagli standard dei paesi nordici citati nella proposta di Tuttoscuola.

–       In secondo luogo, è indispensabile che l’utilizzo degli spazi scolastici, fuori dall’orario delle lezioni, sia rivolto non esclusivamente agli studenti. E’ bene invece che siano destinato, con intelligente programmazione, anche ad adulti ed anziani, lavoratori e gruppi di ricerca o di azione sociale.

–       La terza condizione è che la scuola gestisca le attività extra scolastiche condividendone la programmazione e la valutazione conclusiva con le diverse realtà del territorio coinvolte, e che valga anche l’ipotesi reciproca.

In ogni caso è auspicabile che la permanenza dei bambini e dei ragazzi all’interno degli ambienti scolastici non sia prolungata per troppe ore al giorno e certamente non per tutti i pomeriggi della settimana. E’ infatti necessario considerare il complessivo benessere psicofisico dei ragazzi. Attività ludiche, sportive e del tempo libero devono essere praticate anche in spazi diversi per stimolare curiosità, favorire incontri e rinnovare la motivazione.

Secondo punto: lotta senza quartiere agli abbandoni scolastici

La serietà di una scuola è direttamente proporzionale all’intensità con cui essa si prende cura della crescita culturale e professionale di tutti e di ciascuno degli studenti.  Vi deve essere innanzitutto un serio orientamento verso il percorso di studi più adatto a ciascuno e, all’interno di questo, un ulteriore servizio volto a garantire  laboratori personalizzati di approfondimento, recupero/sostegno o sviluppo. L’alternativa non è e non deve essere tra maglie larghe sui traguardi da raggiungere allo scopo di promuovere tutti, o maglie strette per giustificare una selezione che porta alla dispersione il 20% dei ragazzi. La vera alternativa è tra una scuola fornita delle condizioni professionali (relazionali, organizzative, gestionali e didattiche) indispensabili per fornire la risposta giusta a ciascuno e una scuola che manca di esse.

Ciò che oggi mi preoccupa fortemente, comunque, è la concentrazione delle bocciature negli istituti professionali. Ritengo che i docenti e i dirigenti scolastici abbiano una forte responsabilità nell’individuare un metodo di lavoro adatto ai propri studenti, che spesso chiedono un percorso più orientato allo sviluppo di professionalità spendibili immediatamente nel mondo del lavoro.

Non credo nell’utilità di un sistema di incentivi e disincentivi come sostegno alla motivazione di apprendere da parte degli studenti, credo piuttosto nell’importanza di una competizione  positiva all’interno del gruppo classe, sostenuta da metodologie didattiche capaci di far emergere e valorizzare i diversi talenti.

Serve una maggiore responsabilizzazione delle scuole verso il successo formativo e un uso più consapevole dell’insieme degli strumenti che l’autonomia mette loro a disposizione, anche in funzione della ricerca di un miglior raccordo con il mondo del lavoro e con i centri della formazione professionale e dell’introduzione di una didattica interattiva grazie anche all’uso delle tecnologie.

Terzo punto: liberare e premiare le energie degli insegnanti

Sono pienamente d’accordo con questa proposta.

Da anni sostengo la necessità di rilanciare la professionalità dei docenti attraverso una progressione di carriera e una differenziazione dei ruoli (anche con un aumento dell’orario di lavoro legato ad un riconoscimento economico) per funzioni di staff, azioni di accompagnamento all’alternanza scuola-lavoro, interventi di personalizzazione dell’insegnamento.

E’ giusto rilanciare una modifica dello stato giuridico degli insegnanti, che preveda progressione di carriera, orari e compensi differenziati per i docenti che svolgono funzioni ulteriori all’insegnamento, una formazione continua per la qualificazione richiesta per le diversificate funzioni della carriera docente, oggi ancora troppo penalizzata dal precariato e da forme di reclutamento centralistico.

Quarto punto: più autonomia, maggiori controlli e valutazione di sistema

E’ questo un altro obiettivo per il quale mi sono spesa e continuo a lavorare.

Alla costituzionalizzazione del principio di autonomia delle scuole non è seguito un impianto normativo ed amministrativo adeguato. Il ruolo che le scuole hanno avuto e hanno nella selezione ed assunzione del personale docente è nullo: sono escluse sia dalla fase di definizione dei criteri di individuazione e di selezione degli insegnanti sia dalle fasi procedurali che governano il reclutamento vero e proprio. Non dovrebbero essere le amministrazioni centrali, e nemmeno le Regioni, ma le singole scuole a scegliere i propri insegnanti, tra gli abilitati, ovviamente all’interno di una cornice ispirata a criteri certi di equità e trasparenza, tenendo conto delle specifiche esigenze (tipologia, dimensioni, contesto socioeconomico, etc.) oltre che del Progetto di Istituto. Questo già accade, secondo l’OCSE con successo, in molti Paesi (Danimarca, Inghilterra, Irlanda, Paesi Bassi, Norvegia, Finlandia, Svizzera e Svezia). Dove le scuole hanno grande autonomia in generale ottengono i migliori risultati.

L’autonomia comporta responsabilità: sono convinta che l’esercizio della responsabilità debba prevedere il funzionamento corretto di un sistema di valutazione che consenta di dar conto in modo trasparente e oggettivo dei risultati raggiunti da ciascuna istituzione scolastica all’ente di governo, alla comunità, alle famiglie. La valutazione non solo è l’evidente e necessario contraltare dell’autonomia, ma ne costituisce un ulteriore volano.

Una cultura centrata sulla valutazione e sull’accountability delle scuole include anche la valutazione delle performance degli studenti e la messa a disposizione di analisi longitudinali della carriera scolastica degli stessi, sia con riguardo alla prosecuzione agli studi sia con riguardo all’inserimento lavorativo.

In questo senso ritengo assai preoccupante la mancanza di figure cardine quali sono sempre state quelle degli ispettori ministeriali. Sarebbe utile costituire nel nostro Paese un servizio ispettivo analogo al modello inglese che sia orientato non agli aspetti formali ma che verifichi i risultati e la qualità della totalità delle scuole.

Quinto punto: individuazione “chirurgica” degli sprechi e delle diseconomie

In questi anni vi sono stati interventi che hanno voluto rendere più efficiente la scuola, ma ancora in modo diseguale nelle diverse regioni italiane.

Una riduzione lineare dei finanziamenti non va ad incidere sugli sprechi, si abbatte su tutti indistintamente e penalizza maggiormente le regioni virtuose.

Le stesse indagini di riviste indipendenti, evidenziano come negli ultimi dieci anni al nord il rapporto alunni/classi si è ridotto del 9,6%, mentre al sud solo del 2%. Quindi il divario di efficienza economica tra il nord ed il sud è ulteriormente aumentato.

Ad esempio, il numero dei dirigenti destinato ad ogni regione non dovrebbe più basarsi sulla programmazione regionale, con l’attuale effetto per cui meno efficiente è la programmazione della rete scolastica più personale viene assegnato. Al contrario, ci si dovrebbe basare su criteri oggettivi e trasparenti – in primis la popolazione scolastica – nella logica del costo standard, riconoscendo poi piena autonomia e responsabilità alla programmazione regionale dei servizi.

In tale scenario sarebbero le regioni stesse e gli enti locali, titolari della programmazione, ad essere spinti verso una maggiore razionalizzazione ed efficienza della rete scolastica, poiché gli eventuali risparmi resterebbero sui territori.

Le Regioni nel 2011 approvarono una proposta in tal senso ed auspico che si possa raggiungere a breve un accordo con il Governo, quanto meno per l’assegnazione dei dirigenti scolastici sulla base di questa visione.

Sesto e ultimo punto: digitalizzazione delle scuole (per tutti)

Anche su questo punto sono pienamente d’accordo.

L’obiettivo deve essere quello di superare la distanza esistente tra l’attuale linguaggio didattico e quello della società digitale, 
di cui i ragazzi sono protagonisti. In Lombardia con il progetto “Generazione Web” abbiamo messo a disposizione dei consigli di classe, interessati ad introdurre modalità di lavoro didattico digitale, una significativa dotazione finanziaria, quasi 15 milioni di euro, per l’acquisto dell’hardware necessario ad ogni singolo studente. Sono state selezionate le classi prime e terze di 331 istituzioni scolastiche e formative lombarde che hanno lavorato un intero anno nella realizzazione del loro progetto, volto a modificare gli ambienti di apprendimento.

Abbiamo cercato di orientare la tecnologia al servizio della didattica, mantenendo il fuoco sulla priorità educativa e formativa.

Tuttavia lo strumento informatico non è, di per sé, portatore di cambiamento.

Non è la tecnologia a suggerire usi buoni. E’ compito di educatori capaci e consapevoli stabilire quali tecnologie e quali usi possano essere funzionali agli obiettivi formativi che si devono perseguire.

La tecnologia si inserisce, dunque, in una cornice teorica di nuovi modelli di apprendimento, improntati alla collaborazione, all’interazione e al confronto, alla costruzione di nuovi significati.

Abbiamo poi avviato un’iniziativa per la formazione dei docenti, proprio perché lo strumento da solo non basta.

Ciò che serve oggi è condividere con i docenti soluzioni concrete e praticabili. Ci sono molte bellissime esperienze, che meritano di diffondersi e fare sistema.

Occorrono docenti che, avendo sperimentato la didattica digitale, documentino e dimostrino con buone esperienze, quanto questa possa essere attraente e soddisfacente, quando è introdotta con competenza.