Urne aperte e scuole chiuse. E il calendario si accorcia ancora

Urne aperte e scuole chiuse. Ormai non ci prova più nessuno a proporre che i seggi elettorali vengano allestiti in sedi che non siano gli edifici scolastici, e ancor meno che le votazioni si svolgano a lezioni chiuse.

E così, ancora una volta (e certamente non sarà l’ultima), circa la metà delle scuole chiuderanno per tre o quattro giorni per ospitare i seggi elettorali.

Ma per milioni di ragazzi – soprattutto per quelli con maggiori deprivazioni culturali e sociali – la chiusura delle scuole significa meno offerta formativa in un anno scolastico che ha già registrato un annullamento di giorni di lezione tra occupazioni e manifestazioni studentesche dell’autunno, emergenza neve in questo inverno e scioperi del personale scolastico.

La legge prevede che i giorni di lezione nell’anno scolastico siano almeno 200, ma pure quest’anno, a causa anche delle elezioni politiche e regionali, sarà difficile in molte scuole raggiungere quel limite minimo.

Se a questo si aggiunge che le assenze brevi degli insegnanti sono in media pari ad 11 giorni all’anno (dati 2011-12) e che quasi sempre comportano spacchettamento di alunni nelle altre classi (primaria) o mera assistenza in classe (secondaria), si capisce che il servizio ne risente.

Le statistiche ufficiali dicono che l’Italia ha uno dei calendari scolastici più lunghi d’Europa, ma questo è vero sulla carta, perché i giorni effettivi pongono il nostro Paese nella media UE e forse meno. E la chiusura delle scuole per i seggi non aiuta certamente a stare in media.