Università/2. Perché non utilizzare la terza prova?

La principale obiezione alla proposta avanzata dal prof. Perotti non viene tanto dall’università (anche se non mancano controproposte come quella di personalizzare i test e altre), quanto dalla scuola, perché una prova di ammissione unica nazionale fatta prima dell’esame di maturità interferirebbe con quest’ultimo, inducendo gli studenti a concentrarsi sulla prova d’ammissione, e svuotando ulteriormente di significato l’esame di Stato.

Una soluzione utile ad entrambi, alla scuola come all’università (che contesta il valore del voto di maturità, e in pratica non ne tiene conto), potrebbe essere quella di costruire un ponte tra le due prove, trasformando l’attuale, poco attendibile “terza prova” della maturità in un’unica prova nazionale (come il ministro Gelmini, d’altra parte, ha accennato di voler fare), gestita dall’Invalsi, da valutare sulla base di una griglia di correzione nazionale, con procedure informatizzate.

L’esito di questa prova, più che il voto di maturità, che risente di condizionamenti geo-ambientali, potrebbe essere preso in considerazione dalle università insieme a quello delle prove di ammissione, che dovrebbero però dar luogo (Perotti ha ragioni da vendere) a un’unica graduatoria nazionale per ciascuna facoltà, e non a tante graduatorie di sede.

Quanto al calendario delle prove di ammissione, basterebbe fissarlo nella seconda metà di luglio, subito dopo la maturità. Così non ci sarebbero interferenze con la preparazione all’esame di Stato. L’obiezione, che potrebbe fare qualcuno, che gli studenti ci giungerebbero “stanchi” ci sembra tutto sommato inconsistente.

Piuttosto va ricordata una cosa: tutto ciò può aiutare, ma il problema di fondo è che i ragazzi  debbono studiare di più ed apprendere meglio.