Università/1. Il colpo di gong di Mariastella

Con il pacchetto sull’università per la prima volta la filosofia meritocratica alla quale Mariastella Gelmini aveva dichiarato, fin dall’inizio della sua esperienza di governo, di volersi ispirare, ha trovato un riscontro fattuale. E lo ha trovato su un terreno tradizionalmente difficile, vischioso, condizionato da potenti lobbies trasversali (anche politicamente) come è quello della politica universitaria.

Non è quindi un caso che la giornata di venerdì 24 luglio sia stata per il ministro Gelmini la punta massima di presenza in TV e sulle prime pagine e negli editoriali di quasi tutti i quotidiani raggiunta da quando guida il ministero di viale Trastevere.

Certo, la quota del fondo ordinario di finanziamento (FFO) distribuita sulla base degli indicatori di qualità utilizzati (7% in tutto: 5 per la ricerca, 2 per la didattica) è modesta, ma è simbolicamente importantissima, perché spezza per la prima volta il tabù dell’invarianza del finanziamento rispetto ai comportamenti delle singole sedi: virtuosi o spreconi, innovativi o conservatori, aperti alla ricerca nazionale e internazionale o chiusi nel proprio recinto. E apre una strada che a questo punto non può più consentire blocchi o marce indietro.

Spingere le università e i loro docenti a fare meglio, a competere in modo trasparente, pubblicamente rendicontato, ci sembra, in linea di principio, una guide-line meritevole di un ampio sostegno.

Applicabile in parte, perché no, anche al settore dell’istruzione, per il quale nel 2007 con il “Rapporto sulla qualità della scuola” di Tuttoscuola era stata già stilata una graduatoria per provincia.