Un polo milanese per l’Intelligenza artificiale

Un articolo di Grazia Letizia pubblicato nella newsletter di Policy Maker dà notizia della costituzione del polo milanese della ELLIS (European Laboratory for Learning and Intelligent Systems), l’associazione che riunisce gli scienziati e accademici europei che si occupano di Intelligenza artificiale.  ELLIS si propone di promuovere lo sviluppo scientifico sui temi dell’IA e del machine learning in Europa con l’obiettivo di rendere il nostro continente competitivo nei confronti dei giganti del settore, gli USA e la Cina.

Alla costituzione della Unit milanese prendono parte quattro atenei (Università Statale, Università di Milano-Bicocca, Bocconi, Politecnico), i cui coordinatori scientifici la dirigeranno a rotazione: Nicolò Cesa-Bianchi (Professore di Informatica, Università Statale di Milano, che guiderà il gruppo in qualità di direttore per il primo anno), Nicola Gatti (Professore di Ingegneria Informatica, Politecnico di Milano), Gabriella Pasi (Professoressa di Informatica, Università di Milano-Bicocca) e Riccardo Zecchina (Professore di Fisica Teorica, Università Bocconi).

Alla rete europea, che annovera attualmente una trentina di Unit, aderiscono anche ricercatori italiani di altre università soprattutto del Centro-Nord (esistono poli anche a Torino e Modena-Reggio) e dell’IIT di Genova, ma scorrendo l’elenco dei soci di ELLIS fa una certa impressione notare quanto numerosi siano gli italiani che rappresentano università e centri di ricerca stranieri, in particolare inglesi e tedeschi. “Cervelli” formatisi in Italia, che il nostro Paese non ha saputo trattenere e valorizzare, ma che operano in campi di ricerca tra i più avanzati e interessanti per le loro applicazioni anche in ambito educativo (oltre che in quelli dell’automazione industriale, della bioingegneria, della medicina).

Negli USA, peraltro, il sempre più massiccio impiego dell’intelligenza artificiale e del machine learning a sostegno dell’attività dei docenti, alimentato da forti investimenti delle imprese private operanti nel settore della EdTech (Education Technology), sta suscitando riserve e proteste non solo di tipo ideologico (l’opposizione di principio alla logica del profitto in educazione) ma anche di segno pedagogico da parte di chi vede nelle tecnologie didattiche di ultima generazione – quelle create dopo l’avvento di internet 2.0 – la riproposizione di modelli didattici ispirati al comportamentismo skinneriano, che affidando l’insegnamento e la valutazione dell’apprendimento a macchine (oggi diremmo a software interattivi) riducono il ruolo dell’insegnante a quello di un tutor e condizionano gravemente i tempi e di modi di apprendimento dello studente.

Una frontiera da presidiare in maniera vigile, con rigore ma anche senza preconcetti e barriere ideologiche, sempre valorizzando l’imprescindibile ruolo del docente, regista insostituibile ma non necessariamente unico canale di trasmissione della conoscenza.

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