Un germoglio tra le sbarre

Quale germoglio può nascere tra le sbarre di un carcere? Può germogliare l’idea che la libertà è qualcosa di più grande e importante dell’assenza di mura, cancelli e grate, degli elementi fisici che condizionano e restringono la vita quotidiana dei carcerati. E “a tutti coloro che combattono per la Libertà” è infatti dedicata questa singolare raccolta di testimonianze, nata da un corso di giornalismo in carcere svoltosi a Rebibbia (Un germoglio tra le sbarre, a cura di Angelica Artemisia Pedatella e Paolo Paparella, Pioda Imaging editore, Roma, 2016).

Il germoglio, scrive Silvia Garambois nella prefazione al volume, “nasce dalla scoperta che la parola – come la pittura, come il teatro – ha il potere grande di trascinarci, tutti, in una dimensione in cui le stanze non hanno pareti e le finestre non hanno grate. Un luogo in cui è facile incontrarsi”. Come è successo a Rebibbia, dove il giornalista Paolo Paparella ha tenuto il suo corso seguitissimo e Angelica Artemisia Pedatella, che insegna in un liceo romano frequentato da figli di borghesi benestanti, ha promosso “uno scambio di lettere – sul mondo e sulla vita – tra queste esistenze così lontane”.

Il libro è un dialogo a più voci intessuto da professionisti, operatori, detenuti, volontari, agenti penitenziari, studenti che si confrontano sui temi del carcere, della colpa, dell’espiazione e del riscatto lungo un percorso che i curatori scandiscono in tre “celle”, l’equivalente delle “parti” di un saggio.

Nella prima dialogano i “liberi”, quelli che parlano del carcere stando (apparentemente, come nel caso dell’agente penitenziario Paolo Cordaro o del prof Marco Braghero, docente in un carcere) al di fuori di esso. La seconda cella ospita lo scambio epistolare tra gli studenti del liceo e un gruppo di detenuti che non si conoscono tra loro ma imparano a incontrarsi, abbattendo pregiudizi e paure. Nella terza cella è pubblicato un quaderno di poesie e pensieri di un detenuto che si è tolto la vita, dopo aver affidato la sua testimonianza a quello che per ruolo doveva essere il suo peggior nemico, un ispettore capo di polizia penitenziaria, ma che poi ha finito per esaudire il suo desiderio di “raccontare a tutti la vera identità di un ragazzo che amava il rock e finì per ritrovarsi addosso l’anima di un lupo e un destino criminale”.