Un docente ogni 7 è precario

Dieci anni fa i docenti precari (annuali o fino al termine delle attività) in servizio nella scuola statale italiana erano 117.685; l’anno scorso erano 116.973, cioè più o meno la stessa quantità.

Tanti o pochi? Una quantità fisiologica o patologica rispetto al totale dei docenti in servizio?

Nel 2000-01 vi erano in cattedra complessivamente 824.178 docenti, di cui, appunto, 117.685 con contratto a tempo determinato. Il tasso medio nazionale di precarietà era, quindi, del 14,3%, equivalente ad un docente precario ogni sette.

Dieci anni dopo i docenti in servizio erano scesi a 795.342 (circa 29mila in meno), ma il numero di quelli con contratto a tempo determinato, come si è visto, era stato quasi confermato, facendo registrare un tasso di precarietà pari mediamente al 14,7%, confermando il rapporto di un docente precario ogni sette.

Non si tratta, quindi, di una quota fisiologica di precariato, ma di una incidenza patologica. E, visto, che resta confermata nel tempo, si tratta di una patologia strutturale del nostro sistema scolastico, il cui rimedio non può che essere di natura strutturale.

Il dato di un docente precario ogni sette costituisce la media nazionale della precarietà; ma è tutto così nei diversi settori e nei territori oppure la patologia si annida in modo virulento da qualche parte in particolare?

Nel 2000-01 erano sotto la media nazionale del 14,3% le regioni del Sud e del Centro, mentre le regioni del Nord Ovest superavano il 18,5%. Dieci anni dopo, il Mezzogiorno scendeva sotto la media nazionale in modo consistente, mentre nel Centro Nord si accentuava il tasso di precarietà con l’incremento notevole delle regioni del Nord Est che sfioravano quasi il 20% (un docente precario ogni cinque docenti in cattedra).