
Applausi abbastanza tiepidi per i relatori intervenuti al convegno promosso dall’AGESC (Associazione dei genitori delle scuole cattoliche) per fare il punto, a distanza di dieci anni, sull’attuazione della legge 62 del 2000 che ha istituito la parità scolastica tra istituti privati e pubblici.
Sia il presidente della Camera Gianfranco Fini sia il ministro della pubblica istruzione Mariastella Gelmini hanno infatti evitato di prendere impegni concreti sul tema del finanziamento delle scuole paritarie, deludendo in qualche modo la folta platea di partecipanti che gremiva la pur vasta aula del Mappamondo della Camera.
Fini si è limitato ad auspicare qualche passo avanti entro la fine della legislatura, e la caduta degli “steccati ideologici” che in passato, prima della legge 62, avevano contrapposto i laici e i cattolici, ma che a volte rischiano di ricomparire nascondendo il vero problema, che è quello dell’ammodernamento e dell’equa fruizione del servizio pubblico, compreso quello offerto dalle scuole paritarie, da parte di tutti i cittadini.
Gelmini ha parlato a sua volta di tempi non brevi per la piena “metabolizzazione“, ha detto, del principio della “vera, effettiva parità” tra scuole statali e paritarie.
Anche il rappresentante di Confindustria, Laterza, ha messo l’accento sulla complessità dei problemi, il più importante dei quali è quello di poter valutare la qualità del servizio fornito dalle scuole.
Così l’applauso più convinto l’ha ricevuto Maria Grazia Colombo, presidente dell’AGESC, quando rivendicando alle scuole paritarie il merito di alleviare la spesa pubblica per l’istruzione, ha protestato contro il “ricatto annuale” della legge finanziaria, che taglieggia il già scarso finanziamento previsto dalla legge 62.
L’obiettivo della parità economica, insomma, è assai lontano, tanto che un’esponente dell’opposizione, la deputata del PD Rosa De Pasquale, ha subito commentato così: “La verità è che con la Gelmini le scuole paritarie sono ormai alla canna del gas. Dall’inizio della legislatura il governo non ha fatto altro che tagliare“, con la conseguenza che ora ci sono “meno autonomia, meno servizi e meno possibilità di scelte per le famiglie“
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