Tfa, le rivendicazioni dei docenti precari di terza fascia

A commento dell’articolo scritto da Giunio Luzzatto su lavoce.info (da noi ripreso nell’articolo TFA. Se 20.000 vi sembran pochi…), ci ha scritto M. Daniele Di Flavio (Coordinatore Adida Marche), per difendere le posizioni degli insegnanti precari III fascia.

Ne pubblichiamo l’intervento, invitando gli altri lettori a inviarci le loro opinioni sul tema (o su altri temi nuovi da proporre), scrivendoci come di consueto a botta_e_risposta@tuttoscuola.com.

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E’ con grande rammarico che ancora una volta troviamo scritte su pagine pubbliche notizie fuorvianti riguardanti gli insegnanti precari di terza fascia, apparentemente pensate con il solo scopo di creare instabilità o, ancor peggio, istigare una guerra tra poveri.

Ad una prima analisi sembrerebbe strano che le parole lette ieri escano dalla penna di uno stimabile Docente universitario ma, ricordando i trascorsi gelminiani, non ci si stupisce più di nulla.

L’antefatto è che il Ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, “afferma che i non abilitati che negli anni scorsi hanno svolto supplenze per almeno tre anni potrebbero iscriversi al Tfa senza vincolo di numero e senza presentarsi ad alcuna prova di ingresso.”

La maggior parte dei docenti precari ha gioito di questo annuncio, preambolo insperato del rispetto di diritti per anni negati e barlume di responsabilità nel sistema scolastico Italiano che per anni ha volutamente ignorato la DIRETTIVA 2005/36/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO che riconosce indiscutibilmente il valore di ogni qualifica professionale acquisita esercitando un lavoro, recependola, inspiegabilmente, solo a favore dei cittadini stranieri. Questi hanno potuto chiedere il riconoscimento degli anni di insegnamento “precari” accumulati nei loro paesi d’origine e li hanno tramutati in inserimenti in Graduatorie Ad Esaurimento alla faccia dei colleghi italiani assunti NECESSARIAMENTE dalla terza fascia d’Istituto e “utilizzati” per anni ed anni col miraggio di un concorso o, più semplicemente, di una Siss omogeneamente distribuita sul territorio e sostenibile costituzionalmente, anche da un punto di vista economico, per qualunque cittadino volesse ambire ad un incarico pubblico.

Probabilmente prof. Giunio Luzzatto, Professore Ordinario di Analisi Matematica presso la Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali di Genova, presidente del CARED dell’Università di Genova e della CONCURED, membro della Commissione di coordinamento del MURST, autore dell’articolo titolo fuorviante e poco felice, non si è soffermato sulle questioni normative intuite dal ministero, ma, da una prospettiva puramente “matematica”, ha rilevato che il vero problema non sta nel riconoscimento di sacrosanti diritti ad alcuni lavoratori, bensì nel fatto che Il ministero stesso non sa quanti siano, poiché il sistema informativo registra solo gli incarichi conferiti a livello provinciale (ex provveditorati agli studi), mentre molti docenti hanno avuto spezzoni di supplenze dalle singole scuole…

Se tale considerazione fosse scaturita da un comune cittadino, sarebbe probabilmente stata digerita, se al contrario a pubblicarla è un Docente, la reazione “allergica” è talmente forte da necessitare una immediata risposta curativa.

Il nostro interlocutore, probabilmente, è all’oscuro del sistema SIDI del MIUR, con il quale, qualunque segreteria scolastica può agevolmente acquisire ogni tipo di dato riguardante qualsiasi insegnante italiano, ivi compresi i singoli giorni di servizio prestati in qualsivoglia istituzione scolastica. Se ciò non bastasse, potremmo suggerirgli di verificare con i dati del Ministero del Tesoro, che paga gli stipendi dei docenti, oppure, cosa per altro possibile per ogni cittadino italiano, potrebbe scorrere le statistiche rilasciate dal MIUR annualmente.  Con sua grande sorpresa troverebbe in breve tempo tutti i dati che porterebbero alla soluzione del mistero! Appare alquanto strano sostenere che un Ministro della Repubblica non possa accedere ai dati certi messi a punto dal “suo” ministero, che dispone di una banca dati che agevolmente consultabile da un qualunque esperto informatico.

La posizione del poco informato Professore è poi chiarita da una inaspettata “Lode al qualunquismo”, poco adatta ad un competente insegnante: “E in più se le parole del ministro diventeranno realtà, i giovani sarebbero ancora una volta discriminati…”

Come diceva il buon conduttore Lubrano, “la domanda sorge spontanea”: chi sono questi “giovani”?

Ci fa piacere comunicare al Professore che i docenti di terza fascia hanno, nella maggior parte dei casi, un’età compresa tra i 30 e i 40 anni dato che, nella comune statistica italiana, li pone ancora nella fascia dei giovani a meno che, a nostra insaputa, non ci sia un nuovo teorema matematico per cui si passa da giovani a vecchi nell’arco di un misero lustro senza alcuna fase intermedia! Guardando l’età pensionabile imposta dalle ultime riforme un lavoratore cinquantenne è poco più che un novizio, mentre considerando l’età media dei nostri governanti e dei tecnici-professori che li supportano, un trentenne è evidentemente un poppante! Nel mondo lavorativo reale un quarantenne con una laurea, svariate specializzazioni, 4 o 5 anni di esperienza lavorativa, disposto a lavorare con uno stipendio misero, sarebbe un ottimo investimento, per qualche “esperto consulente ministeriale”! E poi, chi ha difeso questi docenti quando, ancora più giovani, non hanno potuto, con i loro titoli, accedere ai concorsi perché non più banditi, o alle scuole di specializzazione inique, discriminanti insufficienti a soddisfare le esigenze della scuola? Se le affermazioni implicitamente contenute in queste domande retoriche fossero false, perché tanti precari “non abilitati” avrebbero così tanto servizio da preoccupare persino il MIUR?

Quindi, il Professore prosegue: “un cumulo di supplenze comunque acquisite darebbe un diritto a prescindere dal merito. Inoltre, una volta abilitati, i bravi si troverebbero immessi in un grande calderone”.

Precisiamo: i docenti precari di III fascia sono stati assunti da graduatorie di merito, costituite sulla base di Decreti Ministeriali che ne hanno riconosciuto validi i titoli di accesso e il servizio svolto, valutato positivamente dai Dirigenti scolastici che ne certificano titoli ed operato.

Inoltre, nel periodo storico  che stiamo vivendo, parole come “merito” e “bravi” vengono ancora una volta svuotate del loro significato e ridotte a mero slogan propagandistico e, in tutta sincerità, l’articolo del  Prof. G. Luzzato non appare molto oggettivo, anzi è carente proprio di quell’analisi che ci si aspetterebbe da una mente matematica. Pare piuttosto la strenua difesa di un sistema che, nella ricerca di una soluzione ad un problema antico, crea le basi per nuove discriminazioni classismo e dimostra scarso rispetto nei confronti di coloro che negli ultimi anni hanno permesso alla scuola italiana di non affondare. Tirando acqua al suo mulino  il Prof. Luzzato individua la soluzione di tutti i mali nelle solite “famigerate” Università che, notoriamente lontane anni luce dal mondo lavorativo, dispenseranno le tradizionali “pillole di sapere”, in cambio di esborsi sempre più esosi, che garantiranno solo a pochi fortunati l’etichetta di “bravo e meritevole”.

Un bravo matematico, confrontando i dati messi a disposizione dal MIUR avrebbe notato che, a dispetto di quanto previsto dalla contestata normativa, i TFA hanno una incomprensibile distribuzione territoriale, e piuttosto che preoccuparsi di come ognuno potrà, “giovane” o “vecchio” che sia, vincere la giostra delle ammissioni, bisognerebbe chiedersi come mai, a titolo esemplificativo, nelle Marche per la classe di concorso A043 (Italiano) il numero posti precari assegnati sia di 899 unità, il numero di docenti in GAE sia di 688 unità e  150 sia il numero posti riservati al TFA, mentre, nel Friuli Venezia Giulia con 734  posti precari assegnati e 349 docenti in GAE (circa la metà dei docenti abilitati nella A043 nelle marche) il numero posti TFA sia di 25 unità ossia appena 1/6 di quelli messi a disposizione per le Marche!!!

I numeri da soli alimentano non poche perplessità sul nuovo sistema di formazione e ancora una volta mentre i bravi, i meritevoli, i sapienti, i cattedratici scrivono in modo offensivo nei confronti dei docenti precari di terza fascia che anelano il riconoscimento dei loro sacrosanti diritti, ADIDA, da sola, prosegue in modo quanto più oggettivo nell’analisi dei fatti.

Prof. precario M. Daniele Di Flavio (Coordinatore Adida Marche)

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