TFA e PSA ai ferri corti

Al termine dei tirocini formativi (ordinari o speciali) si stima che circa 100 mila insegnanti saranno in possesso dell’abilitazione, il riconoscimento all’esercizio della professione docente. C’è qualcuno che pensa ancora che basterà quell’agognato pezzo di carta per passare direttamente in ruolo, senza dovere affrontare concorsi. Si tratta di un filo di speranza che l’imminente provvedimento d’urgenza sulla scuola forse manderà definitivamente in archivio.

L’abilitazione servirà, per il momento, a collocare i docenti nella seconda fascia per le supplenze, un gradino verso un lavoro, pur precario o saltuario, ma probabile.

Poco più di 21 mila già usciti dai TFA ordinari e circa 80 mila (stima) da quelli speciali (domanda entro il 5 settembre): selettivi i primi a numero chiuso, aperti a quasi tutti i secondi. Una sperequazione poco giustificata.

Andranno tutti ad infoltire il popolo dei “sub precari”, una categoria di insegnanti che per conseguire la stabilizzazione in ruolo hanno, allo stato attuale, soltanto la prospettiva del concorso, mentre ci sono decine di migliaia di precari di ‘prima classe’ che il posto sicuro prima o poi l’avranno, grazie alla loro inclusione nelle graduatorie ad esaurimento.

Ma è già guerra tra le varie categorie, perché i docenti “recuperati” senza selezione ai tirocini formativi speciali (ora ridenominati PSA, Percorsi Speciali Abilitanti) e grazie al requisito di una certa anzianità di servizio, proprio grazie a quel servizio finiranno per collocarsi nelle graduatorie dei supplenti davanti ai docenti abilitati con i TFA ordinari.

Questi ultimi hanno ragione di sentirsi ingiustamente scavalcati dagli ultimi arrivati, anche se la loro legittima protesta sembra, per il momento, non aver trovato ascolto in alto loco. Ma perché per entrare in una professione che dovrebbe essere nobile e di alto valore culturale e sociale, bisogna fare un percorso simile ai gironi danteschi dei dannati? Che male è stato fatto?