Sulla parità uomo-donna l’Italia investe poco

Parità uomo-donna. L’Italia investe molto poco per attuarla

Con un’analisi che copre l’ultimo quinquennio, il report del WEF (World Economic Forum) pubblicato in questi giorni, punta l’attenzione sull’evidente rapporto tra il progresso di una nazione e l’impegno nel ridurre le disuguaglianze di genere. Dalla relazione risulta, infatti, che quanto più un governo si impegna a ridurre le disuguaglianze, tanto più favorisce con ciò il progresso e la crescita sociale.

La ricerca, che coinvolge 144 Paesi in tutto il mondo, rivela come i migliori risultati siano stati raggiunti in campo educativo e sanitario, mentre molto resta ancora da fare per ridurre discriminazione ed esclusione in politica e nell’ambito economico-sociale.

Quattro sono i parametri considerati: opportunità e possibilità di partecipazione economica; accesso all’istruzione; salute e speranza di vita; presenza femminile in ruoli politici.

Tra le prime dieci nazioni, è rappresentata l’intera Scandinavia con l’Islanda in prima posizione, seguita da Norvegia, Finlandia e Svezia; tutte hanno riconfermato la posizione occupata cinque anni fa.

L’Italia ricopre la 74esima posizione, con un piccolo miglioramento, rispetto al report precedente in cui risultava 77esima. Tuttavia, il report dà indicazioni anche per gli anni nell’intervallo temporale considerato: il nostro Paese ha evidenziato i migliori risultati nel 2008, quando si era collocata alla 67esima posizione.

Gli aspetti negativi che ci riguardano sono noti: minor presenza femminile nel mondo del lavoro, retribuzione iniziale dimezzata rispetto ai lavoratori maschi, femminilizzazione spiccata nell’insegnamento primario e secondario, meno in quello accademico e scarsa rappresentanza politica. Il Lesotho è lo Stato africano con la migliore collocazione (8° posto, proveniva dal 10°), le Filippine confermano di essere lo stato asiatico capofila nell’impegno per la parità (9ª posizione).