Si può sfiduciare il Presidente del Consiglio di Istituto?

È bene dire fin da subito che il presidente del consiglio di istituto non si può sfiduciare, anzi non si dovrebbe, perché da un po’ di tempo a questa parte in certe scuole sembra prendere piede una prassi non supportata dalla normativa e quindi illegittima. Se aggiungiamo che a queste procedure di sfiducia di solito si accompagna il diniego di visionare gli atti, risulta violato addirittura il diritto alla difesa (art. 24 Cost.), ribadito anche dall’art. 10 della Legge sul procedimento amministrativo n. 241/90, ove si prevedono tempi e modi “prima della formale adozione di un provvedimento negativo”.

A dire il vero una scappatoia ci sarebbe: quella di fare riferimento al Parere del Ministero dell’Interno n. 16986 del 9.6.2023, di per sé relativo alla sfiducia del presidente del consiglio comunale, che però precisa: “Si evidenzia che la revoca del presidente del consiglio non può che essere causata dal cattivo esercizio della funzione, in quanto ne sia viziata la neutralità, e deve essere motivata, perciò, con esclusivo riferimento a tale parametro e non al venir meno del rapporto di fiducia che non sfoci in comportamenti che compromettano la terzietà del suo ruolo”.

Nelle scuole purtroppo le cose vanno in modo un po’ diverso: la presidente del consiglio di un noto Istituto tecnico della provincia di Genova si è trovata all’improvviso una mozione di sfiducia da mettere all’ordine del giorno solo perché aveva il vezzo di “precisare sempre la normativa”, pretendeva di esercitare la sua funzione apportando una modifica all’ordine del giorno stabilito dalla Dirigente e aveva protestato quando questo era stato fatto firmare -immodificato- al vicepresidente. L’aspetto più grave è che fino all’ultimo le sono stati negati gli atti e il diritto di difendersi. Per fortuna, una buona parte dei consiglieri ha colto un certo risentimento personale da parte di chi la accusava e non è stata raggiunta la maggioranza richiesta. Fortuna per la scuola, ovviamente, perché l’annullamento da parte del TAR era cosa certa e vi sarebbero state delle spese legali cui far fronte.

Il caso è emerso all’interno del gruppo Facebook di consulenza di AGe Toscana “Genitori nella scuola”, che conta oltre duemila iscritti facenti parte degli organi collegiali della scuola. Ovviamente la vicenda non poteva finire lì: con l’aiuto degli esperti AGe, la presidente ha avanzato reclamo contro il regolamento d’istituto, che oltre a prevedere la sfiducia e tutta una serie di limitazioni ai poteri del presidente, presentava gravi irregolarità quanto ai provvedimenti disciplinari per gli alunni, uno fra tutti le punizioni di gruppo. Sarà interessante vedere cosa risponderanno il Ministero, l’Ufficio scolastico regionale per la Liguria, l’Organo regionale di garanzia e l’Ispettorato per la funzione pubblica, chiamato in causa per le gravi violazioni di diritti da parte di un’amministrazione statale qual è la scuola.

Peggio è andata in una scuola della provincia di Salerno, la cui presidente è stata sfiduciata perché insisteva sulla necessità di attivare in modo sistematico PagoInRete (obbligatorio per le scuole da quasi tre anni) e di adottare procedure trasparenti in tutte le attività oggetto di delibera da parte del Consiglio, sia quelle di natura contabile che la proposta delle uscite didattiche, le procedure di nomina dei supplenti e l’applicazione dei criteri di selezione degli esperti esterni. Lì non ci sono stati ripensamenti, la sfiducia è stata deliberata e il ricorso è d’obbligo.

A volte invece la sfiducia è opportuna: “Noi lo abbiamo fatto cinque anni fa perché il presidente aveva compiuto atti gravissimi e quasi tutto il consiglio non voleva più essere rappresentato da lui -è stato commentato nel gruppo- È corretto che chi ti nomina possa anche sfiduciarti, ma non per questo ci si può trovare dinanzi a processi sommari, in cui ciò che conta è l’intralcio al Dirigente perché si chiede di rispettare le norme. Nel nostro caso l’ex-presidente remava contro la scuola, parlava a nome del Consiglio quando erano idee solo sue, e via dicendo”.

In buona sostanza è opportuno controllate il proprio regolamento d’istituto e verificare che, se la sfiducia è prevista, non si sia trascurato di elencare tutta una serie di fattori di legittimità: in primo luogo le motivazioni ammissibili; quindi il diritto per il presidente di avere immediatamente copia della mozione di sfiducia (in questo caso il diritto alla difesa prevale infatti su quello alla riservatezza); almeno un terzo di consiglieri firmatari; almeno 10 giorni per predisporre la proprie controdeduzioni e infine la maggioranza qualificata dei 2/3 dei consiglieri per deliberare la sfiducia.

© RIPRODUZIONE RISERVATA