Tuttoscuola: Non solo statale

"Senza oneri per lo Stato": i lettori ne discutono

Continuano (qui il link ai precedenti interventi) i commenti dei nostri lettori sul tema della parità scolastica, con opinioni discordanti.

Pubblichiamo quello di Marco Lepore (3 luglio), che scrive:

Mi pare che le risposte piene di veleno nei confronti della Chiesa e dei preti (assurdo: starebbero “mangiando le risorse dell’intero paese”!), denotino un furore ideologico che impedisce di mettere a fuoco la questione fondamentale: la libertà di educazione. Questo diritto non è della scuola, né dello Stato, ma innanzitutto della famiglia. Scuola statale e non statale sono, casomai, possibili risposte a questo diritto che DEVE essere costituzionalmente garantito. Le risorse economiche perché possa esistere un sistema scolastico integrato statale/non statale possono tranquillamente essere erogate non alle scuole, bensì direttamente agli studenti -come nel caso della DOTE lombarda – oppure alle famiglie sotto forma di detrazioni fiscali. Il famoso art. 33, baluardo di chi, in nome dello statalismo, ha ridotto la scuola italiana al livello di quella africana (questo sì!), può essere facilmente aggirato, visto che lo Stato, in questo caso, non finanzierebbe affatto le scuole, bensì le famiglie.

E’così scandaloso questo? Se io voglio mandare i miei figli a studiare in una scuola che ha, nel rispetto delle norme dello Stato, un progetto educativo che a me piace e che condivido, perché mi deve essere impedito? Perché devo pagare le tasse per l’istruzione statale se non voglio usufruirne? Perché posso detrarre le spese per la palestra, il veterinario ecc. e non per l’istruzione? L’educazione/istruzione dei miei figli non è forse diritto/dovere mio? Oppure, in questo caso, la Costituzione non vale più?

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Interviene una seconda volta invece Marco Paolantonio (4 luglio), chiarendo il proprio pensiero

In un mio intervento precedente, buono nella sostanza, ma formalmente un po’ involuto, accennavo al ‘senza oneri per lo Stato’. E’ l’espressione su cui si fonda lo sbarramento (rinforzato con ‘bocche di fuoco di vario calibro’) a ogni sovvenzione per la scuola non statale. Vale la pena di approfondirne la genesi.

A pag. 3378 degli Atti della Costituente si legge la dichiarazione rilasciata dall’on. Corbino (liberale) che, insieme con l’on. Codignola (allora azionista), aveva proposto l’aggiunta di quel ‘senza oneri per lo Stato’ all’art. 33 della Costituzione. “Vorrei chiarire brevemente il mio pensiero. Forse da quello che avevo in animo di dire, il collega Gronchi avrebbe capito che le sue preoccupazioni sono infondate. Perché noi non diciamo che lo Stato non potrà mai intervenire a favore degli istituti privati, diciamo solo che nessun istituto privato potrà sorgere con il diritto di aver aiuto da parte dello Stato. E’ una cosa ben diversa: si tratta della facoltà di dare o di non dare”. Tristano Codignola, l’altro firmatario dell’emendamento, si associò alla precisazione, dichiarando: “Si stabilisce solo che non esiste un diritto costituzionale a chiedere tale aiuto”.

Andrebbe a questo punto precisato che il ‘senza oneri’ si riferisce al ‘diritto di istituire scuole ed istituti di educazione’ da parte di enti e privati. Istituire significa creare una sede adeguata in cui sia possibile erogare il servizio sociale cui ci si è impegnati (e fin qui l’art. 33.1 è chiaro). Gestire l’istituzione significa invece provvedere alle spese derivanti dal funzionamento (con una giusta retribuzione al personale insegnante e ATA, innanzitutto); ma, nelle scuole non statali, la gestione avviene a spese della famiglie, titolari del diritto-dovere di mantenere, istruire ed educare i figli, per i quali è garantita un’istruzione gratuita per almeno otto anni.

Qui spunta la consueta osservazione del ‘chi vuole un servizio privato se lo paghi’. Non si capisce perché, considerato che l’istruzione (libera e gratuita) non può essere un monopolio dello Stato (‘Arte e scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento’). E poi: ci sono famiglie benestanti, ricche e ricchissime che, per libera scelta mandano i figli nelle scuole di Stato gratuite o quasi (non solo per gli otto anni dell’istruzione obbligatoria), e per ciò stesso godono doppiamente del monopolio statale. Ci sono invece famiglie prive di risorse economiche per le quali vige il dovere educare e istruire i figli, ma alle quali è sottratto il diritto corrispondente, che potrebbero esercitare solo con la libera scelta della scuola in cui mandare i figli.

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