Sedie con le rotelle e didattica: cosa conta davvero?

Cosa ricorderemo di questa calda estate tra un anno? Probabilmente nessuno avrà memoria di Briatore e del Bilionaire, del caldo africano e del recente compleanno della Ministra. Mi chiedo invece se la polemica dei nuovi banchi o delle sedie con rotelle, a seconda dell’ottica dalla quale vogliamo inquadrare il problema, sarà più o meno ricordata. Di fatto oggi le sedie, i banchi, il mobilio e le rotelle sono al centro della cronaca scolastica e non solo e se l’italiano fino a ieri era allenatore, virologo (oltre che santo e navigatore, ovviamente), oggi è anche esperto di arredo scolastico. Il problema però a mio avviso è un altro. Mettendo al centro, spesso con arroganza e ferocia, la questione mobilio, ne stiamo dimenticando una ben più preziosa: l’alunno. Incredibile come siano scomparse quasi del tutto, anche dai siti e dai gruppi social specializzate, le riflessioni didattiche e pedagogiche che spesso tormentano e appassionano docenti e opinione pubblica. Non una parola su quali strategie didattiche usare nella scuola post Covid-19, sul ruolo della mediazione didattica, sulla costruzione del famigerate Unità d’Apprendimento, niente. Neanche i grandi classici, la Montessori e il grembiulino, sembrano appassionare più.

Il problema è che mettendo al centro i banchi, con o senza rotella ora conta poco, rischiamo di spostare in periferia i nodi veri e cruciali che la scuola dovrà affrontare, oggi più che mai.

Vorrei per questo condividere tre semplici quesiti, accompagnati da una breve riflessione, che credo sia indispensabile fare.

Come realizzare una proposta pedagogica di valore, cioè inclusiva e basata sulle competenze, in un momento così complesso?

Partiamo dal cuore della didattica, cioè la relazione, come insegna il grande pedagogista Italo Fiorin.

Negli ultimi anni, con il passaggio dai “programmi” alle Indicazioni Nazionali” si è avviato un processo irreversibile dalla scuola dell’insegnamento, centrata sulle capacità del docente di trasmettere nozioni, a quella dell’apprendimento, che invece punta sulle pluralità delle intelligenze. In altre parole si è passati da una scuola rigida a una flessibile, da una visione “docente centrica” a una “alunno centrica”. Questa lunga premessa per dire: come si strutturerà la didattica in tempi complessi come questi? Come sviluppare compiti autentici in contatto con la realtà, in un momento in cui il distanziamento è fondamentale?

Come curare la delicatissima fase del rientro a scuola, dopo mesi in cui i bambini non hanno potuto frequentare compagni e o docenti?

Non mi sembra che si stia riflettendo su un fatto molto importante: nella nostra storia recente non è mai successo che la scuola fosse chiusa per sei mesi. Sappiamo che la DAD ha provato a tamponare questa emergenza, ma di fatto in molti casi ad essere esclusi dagli incontri on line sono stati proprio gli alunni più fragili e con meno risorse. Una scuola che cura i sani e allontana i malati insomma, come sosteneva don Milani. Come si stanno preparando i docenti per il rientro? Le scuole stanno prevedendo iniziative d’Istituto? Sono stati coinvolte figure specializzate, come pedagogisti e psicologici, per accogliere il dolore, il disagio e le difficoltà di bambini e adolescenti? Sono o saranno socializzate con le famiglie queste attività? Se le risposte a queste mie domande dovessero essere negative sarebbe un bel problema, altro che rotelle.

Come curare la dimensione della valutazione in un momento così delicato?

Ogni docente sa bene quanto sia delicata e preziosa la fase della valutazione all’interno di un processo di apprendimento. Etimologicamente valutare significa dare valore, attribuire un valore a un precedente lavoro di verifica. Senza valore l’apprendimento perde di forza, la motivazione crolla e la spinta ad apprendere viene meno. Sarebbe dunque assurdo e deleterio sostenere che le competenze e le esperienze di apprendimento che faranno gli studenti non saranno valutate. Voi come vi sentireste se qualcuno dovesse dirvi: “fai questo, ma non attribuiremo valore al tuo lavoro”? Concordiamo dunque sul fatto che la valutazione sia un processo indispensabile per il successo formativo di ogni studente, ma ora in quanto docenti dovremmo chiederci: come valutare in tempi complessi come questi? Quale strategie usare? Come condividere con alunni e genitori i processi di valutazione e i criteri che ne sono alla base?

Tre domande, tre quesiti che parlano di scuola, tra i molti che avrei potuto far emergere in questo momento. Mi piacerebbe che da oggi smettessimo di sentirci virologi, medici, esperti di distanziamento e mascherina e tornassimo, con passione e competenza, ad essere e fare quello per cui ci impegniamo e che così tanto ci appassiona: insegnare, cioè lasciare un segno, speriamo positivo, nella vita dei nostri alunni.