Se la Corte di giustizia di Strasburgo stabilizza i precari italiani…

La Corte di giustizia di Strasburgo sarà presto chiamata a decidere sui ricorsi presentati alla magistratura italiana dai precari della scuola che, avendo stipulato contratti a tempo determinato per un periodo complessivo superiore a 36 mesi, hanno chiesto la stabilizzazione come previsto per questi casi dalla direttiva comunitaria 1999/70/CE.

Un giudice italiano, come informa il sindacato Anief, che sulla iniziativa giurisdizionale gioca da sempre le sue carte preferite, ha chiesto alla Corte di Giustizia di pronunciarsi sulla legittimità della legge italiana n. 106/2011 che interpretando retroattivamente il decreto legislativo 368/01, con il quale l’Italia aveva recepito la direttiva europea, ne aveva escluso l’applicabilità ai precari della scuola.

Cosa succederà se la Corte di Strasburgo dichiarerà invece l’applicabilità, anzi l’obbligo di applicare, la direttiva europea, invalidando la legge italiana 106/2011? Lo Stato italiano potrà forse traccheggiare ancora un po’ e prendere tempo, come ha fatto in passato, ma non potrà reggere ancora per molto su una linea che scredita il nostro Paese a livello internazionale e che è contestata da un numero crescente di magistrati italiani.

A questo punto il governo (il prossimo, ormai) e i sindacati tradizionali avrebbero tutta la convenienza a dare una soluzione concordata alla vicenda: il governo per uscire da una posizione sempre più imbarazzante di fronte all’Europa e i sindacati per rilegittimarsi come soggetti contrattuali riprendendo un’iniziativa che in questi anni è stata spesso loro sottratta dai giudici e dai neosindacati che sui giudici soprattutto hanno puntato. Un accordo che riconoscesse a tutti i precari con più di 36 mesi di servizio il diritto ad essere assunti a tempo indeterminato avrebbe certo un costo, che peraltro la piena attuazione delle tante misure di ‘razionalizzazione’ decise in questi anni (da Padoa-Schioppa, 2007, in avanti) sembra in grado di assorbire.