Scuola precaria: difendiamo i più fragili. Il punto

Se una scuola è “precaria” – come l’abbiamo chiamata anche nel nostro servizio pubblicato nel numero 631 di Tuttoscuola – come può essere l’educazione degli studenti? Se 1 docente su 4 non è di ruolo, se ogni volta il carosello delle cattedre diventa più grave, se ogni anno scolastico viene funestato da uno tsunami che colpisce gli alunni e rende precaria anche la vita professionale di centinaia di migliaia di insegnanti, dove va a finire la continuità didattica, come si può impostare un rapporto educativo con i ragazzi, come si può pensare di portare a termine un lavoro che non sia solo il mero espletamento di un programma ministeriale? E perché ogni volta che si prova a sollevare il problema, sembra che si sia scoperta la luna e si scatena il coro dei tanti che si scandalizzano, ma non si passa all’azione?

Eppure i numeri sono chiari: sette anni fa, nell’anno scolastico 2015/16, era suonato un primo campanello d’allarme per una percentuale di docenti precari del 12% (oltre 100mila su 834mila docenti in cattedra). Già allora si era raggiunto un livello per niente fisiologico. Con gli anni la situazione della scuola precaria è precipitata. Non si sono fatte scelte strutturali e ora qualcuno si sorprende? È vero, in questi anni ne abbiamo viste di tutti i colori: il degrado delle strutture scolastiche, la girandola sulle valutazioni, persino i banchi a rotelle. Ed è certo vero che non è necessario il posto fisso per insegnare come si deve, come pure è stato fatto notare. Come non si può nascondere che, se non tutti i posti vengono assegnati coi concorsi, è anche perché tanti candidati non sono proprio all’altezza. Ma proprio questo dovrebbe far riflettere: se non sono preparati adeguatamente, se non hanno una cultura sufficiente, la responsabilità a chi la vogliamo attribuire? Solo ai tempi che sono cambiati o a una professione resa poco attraente che spesso rappresenta una scelta di ripiego?

Non scopriremo la luna, ma forse bisogna pure ricordare che la continuità didattica serve per imparare meglio. E servono docenti che devono essere messi nelle migliori condizioni per insegnare. Che fare, insomma, rispetto a una situazione che mina il diritto allo studio e la continuità didattica degli studenti, colpendo ancora più pesantemente quelli più fragili? Basterebbe che il piano di 70 mila assunzioni a tempo indeterminato fosse fortemente ampliato?

Scuola precaria, la decisione spetta alla politica. Ma almeno un segnale datecelo, in favore dei più fragili: tra i posti di sostegno, andrebbero ridotti in modo consistente quelli in deroga, trasformandoli in organico cosiddetto di diritto (ovvero in pianta stabile), possibilmente con un piano graduale di rientro che riduca la deroga ad una quantità fisiologica tra il 5% e il 10% (dal 40% attuale).

Leggi il servizio sulla scuola precaria pubblicato nel numero 631 di Tuttoscuola

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