La scuola del 2035: come l’Intelligenza Artificiale cambierà il lavoro dei docenti
Come cambierà la scuola italiana nel prossimo decennio? E soprattutto, come cambierà il lavoro dei docenti? A delineare uno scenario possibile è lo studio “La professione docente nella scuola di domani”, realizzato da EY in collaborazione con Sanoma, che individua le principali sfide professionali, formative e organizzative che attendono gli insegnanti italiani entro il 2035.
Un mestiere in trasformazione
Secondo il rapporto, sei competenze su dieci saranno ridefinite dall’impatto combinato di intelligenza artificiale, digitalizzazione e nuove metodologie didattiche. Solo il 36% resterà stabile.
A cambiare sarà non solo il modo di insegnare, ma anche il modo di progettare, valutare e relazionarsi con gli studenti. La scuola del futuro, spiegano i ricercatori, si baserà su modelli di insegnamento personalizzati, supportati da piattaforme interattive, sistemi di monitoraggio dell’apprendimento e persino chatbot educativi co-progettati insieme ai docenti.
Ma nel nuovo ecosistema digitale, l’insegnante non scomparirà. Anzi.
Come sottolinea Carlo Chiattelli, People Consulting Leader di EY Italia, “se usati in modo efficace, IA e nuove tecnologie consentiranno ai docenti di dedicare più tempo alla cura dell’aspetto umano e relazionale dell’insegnamento”. Una visione che restituisce centralità alla dimensione empatica del mestiere, a fronte di strumenti che promettono di alleggerire la componente burocratica e ripetitiva del lavoro.
Competenze in evoluzione: le differenze tra ordini di scuola
Il rapporto distingue l’impatto della trasformazione digitale a seconda del grado di istruzione e dell’ambito disciplinare.
– Scuola dell’infanzia: il 39% delle competenze rimarrà stabile, ma cresce il peso delle soft skill e della capacità di osservazione e documentazione educativa.
– Primaria: il 40% delle competenze sarà ridefinito per rispondere alla sfida della personalizzazione didattica e dell’inclusione mediata da strumenti digitali.
– Secondaria di I grado: evolveranno il 41% delle competenze legate a comunicazione e facilitazione espressiva, anche grazie a tecnologie di analisi semantica e assistenti virtuali alla scrittura.
– Secondaria di II grado: si accentua il divario tra aree disciplinari.
Nell’ambito umanistico, il 55% delle competenze si trasformerà, mentre un 12% rischia di essere sostituito dall’IA (nella produzione e analisi di testi)
Nel settore scientifico, il 42% delle competenze evolverà verso una didattica più adattiva e personalizzata.
Cresce, inoltre, il valore delle competenze emotive e relazionali, come la mindfulness e la resilienza, sempre più centrali nei percorsi di supporto individualizzato.
Il nodo del mismatch: scuola e lavoro parlano ancora lingue diverse
Uno degli aspetti più critici messi in luce dalla ricerca è il mismatch tra competenze scolastiche e mercato del lavoro.
In Italia riguarda il 47% delle competenze, contro una media OCSE del 40%. Un disallineamento che, secondo EY, genera un costo economico rilevante per il Paese e mette in discussione la capacità del sistema formativo di anticipare i bisogni del mondo produttivo.
Per ridurre il divario, lo studio suggerisce un aggiornamento professionale continuo per i docenti, insieme a un dialogo più stretto tra scuola, università e imprese. Solo così la scuola potrà accompagnare gli studenti verso competenze realmente spendibili nel futuro del lavoro.
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