Tuttoscuola: Il Cantiere della didattica

Scrivere a mano aiuta a imparare

Un corsivo di Giovanni Belardelli, pubblicato nel Corriere della Sera dello scorso 15 gennaio, cita un esperimento effettuato in due scuole primarie romane (classi terze, quarte e quinte) con la supervisione del pedagogista Benedetto Vertecchi: è stato assegnato agli alunni il compito di scrivere poche righe tutti i giorni, da 4 a 6, ma a mano, in corsivo.

I componimenti sono stati poi analizzati da vari punti di vista (contenuti, sintassi, calligrafia) e l’esito di questa analisi è stato posto in relazione con le performance più complessive degli alunni interessati all’esperimento. È risultato che, rispetto ai coetanei di altre classi nelle quali la scrittura a mano è stata praticamente sostituita dall’uso della tastiera dei computer e dei tablet, gli alunni che scrivono a mano hanno migliori capacità percettive e di organizzazione del pensiero.

Secondo Vertecchi alla crescente diffusione della scrittura digitale e alla concomitante scomparsa della capacità di scrivere a mano corrispondono fenomeni che incidono negativamente sulla qualità dell’apprendimento come “una diminuzione della memoria, della capacità di orientamento spaziale e una meno precisa percezione delle relazioni temporali”.

Belardelli si mostra preoccupato per l’esito di questa ricerca sperimentale, e chiede al Ministero di intervenire a sostegno della scrittura a mano andando “oltre la facile retorica sulla scuola 2.0”. Certo, prima di intervenire su un tema altamente controverso, oggetto di dibattito e di ricerca a livello internazionale, sarebbe interessante e utile che il Miur conducesse un’indagine sistematica sull’argomento, e che i suoi risultati fossero sottoposti a valutazione in sede scientifica al massimo livello, anche con l’apporto di esperti stranieri di riconosciuta competenza.

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