Santerini: il 27 gennaio è il giorno del dolore e della riflessione

Milena Santerini, ordinaria di Pedagogia all’Università Cattolica di Milano, vicepresidente della Fondazione memoriale della Shoah di Milano e membro del Consiglio didattico nazionale del Museo della Shoah di Roma e del Cdec (Centro di documentazione ebraica contemporanea), sarà anche ‘coordinatore nazionale per la lotta contro l’antisemitismo’, come ha annunciato il premier Giuseppe Conte in un tweet dello scorso 15 gennaio.

Collaboratrice del Fidr (Forum internazionale democrazia e religioni) per la promozione dell’integrazione delle minoranze religiose in Italia e componente della Comunità di Sant’Egidio dagli anni ’70, Santerini è stata inoltre nominata nel 2019 Cavaliere al merito della Repubblica. Rispondendo al messaggio di Conte la professoressa (già parlamentare nella scorsa legislatura) ha scritto che “il 27 gennaio ricorderemo fin dove può arrivare l’odio che tutti insieme dobbiamo combattere”. In occasione del Giorno della Memoria le abbiamo rivolto alcune domande alle quali ha avuto la cortesia di rispondere malgrado i molteplici impegni connessi a questa ricorrenza (ON).

Quest’anno la ricorrenza del 27 gennaio giunge in un clima politico di gravi tensioni a livello sia nazionale che internazionale. Come può questa giornata contribuire a migliorare questa situazione?
“Il 27 gennaio è il giorno del dolore, della scoperta di quanta sofferenza e crudeltà si “nascondeva” dentro i lager. Peraltro tutti “sapevano” ma non volevano vedere. E’ quindi l’occasione per riflettere su dove può portare il pregiudizio, l’esclusione, la discriminazione di esseri umani come noi e di come noi stessi possiamo diventare spettatori, ancora oggi, del male fatto agli altri”. 

Come ‘coordinatore nazionale per la lotta contro l’antisemitismo’ il suo impegno non si esaurisce nella celebrazione del Giorno della Memoria. Ha già un piano di iniziative che si estenda nel tempo?
“Vorrei agire appunto coordinando le varie iniziative  già sviluppate su questo tema da tante associazioni, dalle comunità ebraiche, dalle istituzioni e dal mondo della scuola per dare più efficacia all’azione contro l’antisemitismo. In particolare vorrei agire sul mondo dei social media, diventato un canale di comunicazione fondamentale, sia con la prevenzione e l’educazione contro l’hate speech, sia anche proponendo norme che limitino e rimuovano l’odio”. 

Lei si è a lungo occupata del ruolo dell’Educazione civica nella scuola italiana. Ritiene che la tematica della lotta contro l’antisemitismo debba occupare uno spazio strutturato in questo insegnamento?
“Certamente si, dato che la lotta contro l’antisemitismo fa parte di una generale educazione a sconfiggere pregiudizio e intolleranza Essere cittadini, al contrario, è proprio saper costruire una convivenza basata sul rispetto e l’inclusione. Ancora oggi discriminiamo alcuni gruppi o minoranze perché “non sono dei nostri”. La coesione sociale ha bisogno invece che il principio dell’universalità dei diritti non sia solo affermato o studiato, ma applicato anche nelle situazioni quotidiane. La scuola non può non essere un luogo dove si vive da cittadini, nessuno escluso”.

Che rapporto vede tra la lotta all’antisemitismo e la lotta contro le diverse forme di odio che si manifestano nella nostra società?
“Antisemitismo, razzismo, xenofobia, islamofobia, antigitanismo e tutti gli altri “ismi” sono molto diversi tra loro, anche per la loro storia. Però la mentalità dell’ostilità e della divisione tra “noi” e “loro”, cioè la radice dell’odio, è la stessa. Non credo che gli esseri umani  siano naturalmente violenti, anzi tutti gli studi recenti delle neuroscienze ci dicono che sono naturalmente empatici. Tuttavia, in situazioni di conflitto o concorrenza, sappiamo dalla storia e dal presente quanto male può fare l’uomo.. dobbiamo contrastare le forme di ostilità a tutti i livelli e soprattutto a livello delle emozioni “contro”, difendendo tutti coloro che sono colpiti dall’odio”.

Al di là dell’insegnamento dell’Educazione civica in che modo la scuola italiana può svolgere un ruolo attivo in questa battaglia?
“La scuola – detto senza retorica – è fondamentale, perché è un luogo dove si vive la cittadinanza e si raccoglie l’eredità storica e culturale del passato. Non possiamo insegnare la Shoah in modo ripetitivo. Dobbiamo formare gli insegnanti a dialogare con gli studenti mettendo in rapporto la Shoah e l’antisemitismo e il razzismo che l’hanno prodotta, rispondendo alle resistenze degli studenti e  collocando la memoria a confronto con il contesto attuale e con i fenomeni di razzismo a cui purtroppo stiamo assistendo ancora oggi”.