Riscoprire l’insegnamento. E il ruolo decisivo dell’insegnante

Gert Biesta, filosofo dell’educazione (ma anche pedagogista e sociologo) di origine olandese ma radicato nel mondo anglo-americano – è stato anche presidente della Philosophy of Education Society USA – è l’autore di The Rediscovery of Teaching, un testo del 2017 interessante e controcorrente, opportunamente tradotto in italiano per i tipi di Raffaello Cortina Editore (Riscoprire l’insegnamento, 2022) con prefazione di Francesco Cappa, pedagogista, e postfazione di Paolo Landri, sociologo, che ne illustrano la polivalenza degli interessi e l’originalità dell’approccio multidisciplinare.

Perché controcorrente? Perché, sviluppando una tesi già delineata in un libro del 2006, Beyond Learning: Democratic Education for a Human Future, Biesta critica apertamente l’enfasi posta dagli economisti dell’educazione e dall’Ocse sulla misurazione degli apprendimenti e sulla trasfigurazione del ruolo dell’insegnante, da educatore a “facilitatore dell’apprendimento” (pag. 40), da guida per la formazione critica dell’alunno come soggetto, in dialogo con lui, a tecnico dell’autoformazione dello studente, assistito da macchine che lo aiutano ad apprendere ma ne fanno un oggetto del processo formativo, processo che con un termine difficilmente traducibile in italiano Biesta chiama learnification: potremmo dire costruzione di una “testa ben piena” anziché “ben fatta”, per usare la metafora di Montaigne ripresa da Morin. Una testa le cui prestazioni possono essere standardizzate e valutate in termini quantitativi, secondo la convenienza di chi detiene il potere: di definire le conoscenze e competenze fondamentali, di fissare gli standard, di misurare (più che valutare) su scala planetaria le prestazioni degli studenti.

Così il ruolo dell’insegnante viene snaturato: la sua missione, dice Biesta citando soprattutto autori francesi, da Meirieu a Rancière, sarebbe quella non tanto di istruire l’alunno (questo lo possono fare, e lo faranno sempre di più, le tecnologie) quanto di educarlo a diventare un soggetto libero: l’educazione deve essere “emancipatrice” (pagg. 80-101). In questo l’insegnante è insostituibile perché solo lui, adulto istituzionalmente investito di questa funzione, può aiutare l’alunno a scoprire ed esercitare la sua soggettività attraverso il dialogo e perfino il “dissenso”, dice Biesta citando Rancière e Derrida, perché è in questo modo che egli potrà imparare a governare il suo futuro in modo autonomo, da uomo libero.

Un utile indice analitico per parole chiave, temi e sottotemi, completa questo lavoro, che rilancia in modo originale l’importanza della figura del docente, inteso classicamente come Maestro.

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