Riapertura delle scuole? Possibile, con il demone di Laplace o la scuola-comunità

Al tempo del Coronavirus chiunque vorrebbe avere come migliore amico il Demone di Laplace e a pochi giorni dall’avvio dell’anno scolastico, ancora di più. Perché? Chi è, che fa? È il protagonista del determinismo assoluto, possessore della conoscenza totale, capace, quindi, di prevedere il futuro e magari perché no fornire i dati necessari per riaprire le scuole in sicurezza, ovvero, a rischio zero.  

Sono gli anni Novanta del Settecento, Pierre-Simon Laplace è seduto nel suo studio, indossa una giacca scura forse una rendigote con il collo ribattuto, dorata sui bordi, i capelli lunghi raccolti, come era consueto nella Francia dell’epoca e impugna un pennino. Il tavolo è pieno di fogli mentre scrive il primo capitolo del suo saggio filosofico sulla probabilità. 

“Possiamo considerare lo stato attuale dell’universo come l’effetto del suo passato e la causa del suo futuro- scrive – Un intelletto che a un determinato istante dovesse conoscere tutte le forze che mettono in moto la natura, e tutte le posizioni di tutti gli oggetti di cui la natura è composta, se questo intelletto fosse inoltre sufficientemente ampio da sottoporre questi dati ad analisi, esso racchiuderebbe in un’unica formula i movimenti dei corpi più grandi dell’universo e quelli degli atomi più piccoli; per un tale intelletto nulla sarebbe incerto ed il futuro proprio come il passato sarebbe evidente davanti ai suoi occhi”. 

La richiesta che impazza in questi giorni sul web è quella dell’individuazione di una formula magica capace di riaprire le scuole con rischio di contagio zero ed è per questo il Demone di Laplace farebbe al caso nostro, ma l’allora Grand’Ufficiale della Legione di Onore, uno dei quaranta dell’Accademia francesce, dell’Accademia delle Scienze, Membro del Bureau delle Longitudini di Francia, delle Società reali di Londra e di Gottinga, delle Accademie delle Scienze di Russia, Danimarca, Svezia, Prussia e Italia quando delineò la sua teoria, non era a conoscenza del secondo principio della termodinamica, dell’entropia, dell’imprevedibilità di molti fenomeni fisici ed infine della meccanica quantistica, come lo è la società contemporanea. 

La pretesa di riaprire la scuola tenendo conto di un rischio di diffusione pari a zero è fuori discussione. Sono la scienza, l’epistemologia, la complessità della realtà e i dati a suggerircelo. “Non possiamo più eliminare l’incertezza perché non possiamo conoscere con perfetta precisione tutte le interazioni di un sistema, soprattutto quando questo è complesso” scrive Morin. L’unica via, quindi, è quella di negoziare con l’incertezza e realizzare quel concetto di scuola-comunità in cui ciascuno (Enti locali, dirigenti scolastici, docenti, alunni e famiglie) fa la sua parte. Questa non è utopia, è progresso perché “O troveremo una strada – direbbe Annibale – o ne costruiremo una”