Requiem per la scuola?

Così si chiama l’ultimo libro pubblicato da Norberto Bottani, noto esperto di politiche scolastiche, già direttore della ricerca educativa presso l’Ocse dal 1976 al 1997, dove ha operato in prima linea come studioso e progettista degli indicatori internazionali dei sistemi d’istruzione.

Letto il libro, edito come i precedenti da il Mulino e scritto nella forma fluida che caratterizza l’italiano di questo poliglotta ricercatore svizzero, la conclusione che se ne trae è che il punto interrogativo che compare nel titolo è più importante del titolo stesso, “Requiem per la scuola”.

Per la verità gran parte delle informazioni e delle riflessioni presenti nel volume porta a concludere che i modelli scolastici tradizionali, quelli fondati sui curricoli, sulle classi e sui libri, sono sempre meno adeguati a soddisfare le esigenze educative dei giovani d’oggi, ormai quasi tutti ‘nativi digitali’, e soprattutto non riescono a correggere (solo a ridurre un po’ nei pochi casi migliori) la disuguaglianza delle opportunità – scolastiche, sociali, di inserimento lavorativo, di mobilità sociale ascendente – tra studenti ricchi e poveri. Da questo punto di vista il punto interrogativo presente nel titolo potrebbe essere eliminato: per l’attuale scuola non c’è futuro, e se ne potrebbe perciò celebrare le esequie, il requiem.

Ma le forze che si oppongono al cambiamento sono potenti: grandi apparati con le relative burocrazie, sindacati, partiti che si contendono il controllo degli stessi apparati. E poi ancora la resistenza, anche psicologica, degli insegnanti al radicale cambiamento del loro ruolo indotto dall’innovazione tecnologica, che li vuole sempre più animatori di processi di apprendimento interdisciplinari e sempre meno docenti disciplinari.

Così stando le cose i tempi e i modi della transizione a un modello (o a più modelli) educativo alternativo a quello attuale sono imprevedibili: oggi si sa solo che esso sarà comunque fortemente condizionato dalle nuove tecnologie, e che questo comporterà una diversa combinazione dei fattori educativi dal punto di vista sia spaziale (aule, laboratori, devices a uso didattico, diverso mix tra studio domestico e a scuola) sia temporale (durata degli studi e delle lezioni, flessibilità dei piani di studio indotta da una maggiore personalizzazione degli itinerari formativi).

Tutto questo giustifica il grosso punto interrogativo (grosso anche sotto il profilo grafico) che compare nella copertina del volume di Bottani: una stimolante, a volte provocatoria riflessione sul destino della scuola. Destinata con ogni probabilità a morire, ma non si sa né come né quando.

Nel 2004 Tuttoscuola si chiedeva, in un apposito convegno realizzato a Genova nell’ambito della fiera ABCD, se nel 2015 la scuola tradizionale sarebbe sopravvissuta alle fortissime spinte innovative indotte dall’avvento delle nuove tecnologie, e segnalava la diffusione, a partire dagli USA, dello homeschooling computer based (oggi diremmo internet 2.0 based), un’alternativa radicale alle aule, ai libri e agli insegnanti.

Oggi, anche alla luce delle considerazioni presentate da Bottani nel suo libro, possiamo dire che la transizione al sistema educativo post-scolastico richiederà più tempo, passerà per formule miste di crescente de-istituzionalizzazione dei processi formativi complessivamente considerati, comporterà il superamento del valore legale dei titoli in favore della certificazione delle competenze individuali, effettuata sempre più sulla base di parametri stabiliti a livello internazionale, come già accade in campo informatico e linguistico. 

Ci sarà insomma ancora un po’ di tempo per recitare il requiem alla scuola intesa come la particolare istituzione formale nata negli ultimi secoli, ma sviluppatasi soprattutto nel ventesimo, e per assistere alla sua sostituzione con una diversa modalità di trasmissione del patrimonio culturale da una generazione all’altra. Se non ci sarà più ‘scuola’, ci sarà però necessariamente ‘educazione’. Sarà interessante seguire le fasi della metamorfosi, e verificare se e quanto dei valori della scuola tradizionale (rigore metodologico, pensiero critico, senso della storia, sensibilità artistica e così via) sarà conservato, e magari valorizzato nel nuovo mondo della scuola digitale.