Rapporto di AlmaLaurea sull’occupazione dei laureati: promossa la riforma del 3+2

Quasi 300.000 laureati di 47 università italiane sono stati coinvolti nella indagine sulla condizione occupazionale dei laureati italiani, oggetto dell’XI Rapporto di Almalaurea: oltre 140.000 laureati post-riforma nell’anno solare 2007, intervistati a un anno dalla laurea (105.000 di primo livello, 30.000 laureati specialistici, 7.000 laureati a ciclo unico: medicina, giurisprudenza ecc.); quasi 80.000 laureati di primo livello nel 2005, intervistati a tre anni dalla laurea; e infine circa 64.000 laureati pre-riforma, intervistati a uno, tre e cinque anni dal conseguimento del titolo.

La sintesi del Rapporto è stata presentata oggi a Roma nella sede della CRUI (Conferenza dei Rettori) dal suo curatore, Andrea Cammelli dell’università di Bologna, in una conferenza stampa alla quale hanno partecipato anche Enrico Decleva, presidente della CRUI,  e Corrado Petrocelli, rettore dell’università di Bari, dove giovedì prossimo, 12 marzo, si svolgerà il convegno “Occupazione e occupabilità dei laureati. A dieci anni dalla Dichiarazione di Bologna“.

Dall’accurata indagine di AlmaLaurea, unica in Europa nel suo genere, il discusso modello 3+2 risulta ampiamente promosso, almeno per quanto riguarda tre importanti aspetti: la riduzione dell’età dei laureati specialistici (da 28 a 26 anni), il miglioramento dei voti conseguiti (109 su 110, contro 102,5 del 2001), la frequenza delle lezioni (l’80% ha frequentato più del 75% delle lezioni, contro il 54% pre-riforma). Anche il numero dei laureati che ha fatto il proprio ingresso nel mercato del lavoro è aumentato del 35%: da circa 55.000 nel 2001 a 74.000 nel 2007.

I dati sull’occupazione confermano che il possesso di una laurea fa crescere sia l’occupabilità che il reddito: i laureati hanno un tasso di occupazione di oltre 10 punti percentuali maggiore rispetto a quello dei diplomati, e il loro reddito (nella fascia 25-64 anni) supera del 65% quello dei diplomati.

Tra le proposte avanzate al governo, con lo scopo di accrescere l’accesso delle più giovani leve dell’università italiana nel mondo produttivo italiano, e di migliorarne così la qualità e l’apertura all’innovazione, c’è quella di prevedere apposite agevolazioni fiscali per le imprese che assumono i laureati e i dottori di ricerca delle ultime generazioni. Anche per evitare che siano “costretti a cercare la propria realizzazione al di là delle Alpi“, come ha sottolineato il curatore del Rapporto, Andrea Cammelli.