
Prove di ampia coalizione
La maggioranza parlamentare che sostiene il governo Monti non può essere classificata come una ‘grande coalizione’, non è cioè la versione italiana della tedesca grosse koalition, che negli anni sessanta dello scorso secolo (con una riedizione tra il 2005 e il 2009) vide i democristiani e i socialdemocratici collaborare in governi di cui facevano parte come ministri autorevoli esponenti di entrambi i partiti.
La maggioranza non è una ‘grande coalizione’ alla tedesca perché il governo è presieduto e costituito da tecnici, non da politici, e non si è formata a seguito di accordi politici espliciti tra i partiti. Si tratta di una coalizione informale, di fatto, nata all’insegna dell’emergenza finanziaria nazionale e internazionale, che però qualche commentatore politico sta cominciando appropriatamente a definire ‘ampia’ perché in alcuni passaggi fondamentali (politica estera, economia, giustizia) vede tre forze politiche importanti come il Pdl, il Pd e il Terzo polo convergere a sostegno del governo.
La coalizione, ammesso che il processo aggregativo a tre si consolidi, è ‘ampia’ e non ‘grande’ (tanto meno di unità nazionale) perché di essa non fanno parte né la Lega Nord né l’Idv di Antonio Di Pietro. Non è detto che questo non si riveli un vantaggio per la solidità della stessa coalizione perché si tratta di due forze che hanno creato notevoli problemi all’interno delle rispettive ex coalizioni di appartenenza, come si è visto anche nel caso della politica scolastica con le pulsioni xenofobe della Lega e l’integralismo antigelminiano (in realtà antiberlusconiano) dell’Idv.
Se la ‘ampia coalizione’ si consoliderà anche la politica scolastica potrebbe aggiungersi a quelle sulle quali il governo tecnico ha già dimostrato di saper guadagnare consenso politico.
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