
PNRR, autonomie scolastiche al bivio: più centralismo dal MIM, meno voce a territori e scuole?

Il PNRR ha ridato forza a questo impianto centralistico, ponendosi tra il ministero, che aveva tutte le risorse e anche le capacità per intervenire, ed i Comuni, che soprattutto i più piccoli si sono trovati in forte difficoltà nella realizzazione dei progetti, e le scuole, che in pratica sono state costrette ad operare secondo indicazioni stringenti, pena il rischio di non avere risorse finanziarie. Due grossi ambiti, che potremmo definire riforme per il nostro ordinamento, come lo sviluppo delle strutture per l’infanzia e la filiera professionalizzante, hanno visto fare all’amministrazione un passo avanti per attirare a sé le varie attività, la prima sottraendola ai comuni e la seconda cercando di inserire nella gestione statale la formazione professionale regionale, fino ad arrivare a definire linee guida per i percorsi di apprendistato.
Il ministero pone la sua solita giustificazione: organizzazione dei servizi al fine di garantire livelli di prestazione uniformi su tutto il territorio nazionale, ma il decreto in questione non ricerca i livelli essenziali delle prestazioni, utili semmai a valorizzare l’autonomia, si pone al solito nell’erogare attività uniformi, sempre meno richieste per raggiungere le esigenze degli studenti e dei territori, specialmente i più fragili.
Un ufficio amministrativo per l’orientamento, per il supporto alle relazioni nell’esperienza formativa, nella ricerca, sperimentazione e innovazione; per dare criteri alle politiche sociali nella scuola, per il riequilibrio territoriale, che non avviene soltanto con la riforma della rete scolastica a seguito del calo demografico, per la costituzione di reti di scuole. Un ufficio si deve occupare degli atti di indirizzo per l’educazione civica e la valutazione del comportamento degli alunni, contrasto alla dispersione, o per le indicazioni nazionali per il primo ciclo, appena varate e trasformate in altrettanti programmi didattici. Un ufficio che si occupa del contrasto al disagio giovanile, al bullismo ed al benessere bio-psico-sociale dei giovani, ma anche della legalità, della pace, della parità di genere, dei diritti umani e cittadinanza.
Non parliamo poi del personale, per la sua formazione in servizio era stata istituita una scuola di alta formazione, che è diventata un ufficio del ministero, ma anche la valutazione dei dirigenti ed in prospettiva delle professionalità della scuola è nelle mani di funzionari amministrativi.
L’implementazione dell’autonomia scolastica avverrà se ci si uniformerà alle note finalizzate alla razionalizzazione e all’armonizzazione delle regole del sistema scolastico.
Si potrebbe continuare perché in quarantaquattro pagine c’è proprio tutto quello che è presente nella scuola e che ruota attorno ad essa, nel massimo possibile delle prerogative attribuibili al ministero. Dopo aver notato questo processo di rapida ricentralizzazione, sembra opportuno accennare al contenuto del dossier che la regione Veneto ha compilato per la richiesta di autonomia differenziata nella scuola: il curricolo (multidimensionale), la didattica, la gestione del personale della scuola (dipendenza funzionale dalla regione), la programmazione del servizio e l’edilizia scolastica, i CPIA, i rapporti con gli uffici statali dislocati a livello regionale da trasferire alla regione.
Ma al governo, statale e regionale, non c’è la stessa maggioranza e, nello specifico, lo stesso partito?
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