Permessi e assenze della legge 104/92 al tempo del Coronavirus: una gestione lunga e problematica per il personale della scuola

Il Decreto legge 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. “Cura Italia”), nel dettare disposizioni per l’emergenza sanitaria in atto, si occupa anche dei permessi mensili previsti dalla legge n. 104/92, tramite l’art. 24, comma 1, che così recita:

“Il numero di giorni di permesso retribuito coperto da contribuzione figurativa di cui all’articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, è incrementato di ulteriori complessive dodici giornate usufruibili nei mesi di marzo e aprile 2020”.

Il primo intervento, ufficiale ed esplicativo della normacitata, concernente il personale della scuola – tralasciando, ovviamente, la schiera degli innumerevoli interpreti, per così dire, free lance intervenuti da subito in materia – è avvenuto con una circolare del Ministero dell’Istruzione (n. 440 del 21.03.2020),che, in modo del tutto sintetico, specifica:

“… per i mesi di marzo e aprile, il numero complessivo dei giorni fruibili è pari a 18, così suddiviso: 3 a marzo, 3 ad aprile e 12 da distribuire tra marzo e aprile”.

Una risposta, quella ministeriale,sicuramente tempestiva,ma, al tempo stesso, non esaustiva: non dà risposte ad alcune e fondamentali questioni applicative e, così facendo, non garantisce una comune o analoga fruizione dei permessi in tutte le istituzioni scolastiche del Paese.

Alla circolare del M. I., fa seguito una circolare del Ministero del lavoro (n. 3 del 24.03.2020),indirizzata a tutti i lavoratori del settore pubblico ed intesa, di fatto, a chiarire alcuni degli aspetti rimasti precedentemente inevasi o senza risposta.

In particolare:

  1. I lavoratori che assistono una persona con handicap in situazione di gravità, non ricoverata a tempo pieno, e quelli a cui è riconosciuta una disabilità grave possono fruire, per i mesi di marzo e aprile 2020, di complessivi 18 giorni di permesso retribuito (…) : 3 giorni a marzo + 3 giorni ad aprile, ex articolo 33, comma 3, legge 104/92, + 12 giorni tra marzo e aprile, ex articolo 24, comma 1, DL n.18/2020).
  2. Tali giorni, anche frazionabili in ore, possono essere fruiti consecutivamente nello stesso mese.
  3. Restano ferme le modalità precedenti di fruizione e di cumulo di tali permessi. Pertanto, se si ha diritto a 6 giorni di permesso al mese per due familiari, ora si avrà diritto, in virtù del citato decreto, a 36 giorni di permesso retribuito coperto da contribuzione figurativa (6 giorni a marzo + 6 giorni ad aprile + 24 giorni da poter utilizzare fra marzo e aprile).
  4. In sintesi, possono usufruire di tali ulteriori permessi:

– Genitori di figli con disabilità grave non ricoverati a tempo pieno;

– Coniuge, parenti e affini entro il 2° grado di persone con disabilità grave (ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti), non ricoverati a tempo pieno;

– Lavoratori con disabilità grave.

Come è dato constatare, la circolare fornisce una interpretazione estensiva della norma: anche i permessi aggiuntivi possono essere fruiti ed utilizzati tanto da chi assiste quanto dagli stessi disabili gravi (fruizione, quest’ultima, tutt’altro che scontata: l’Inps aveva dapprima escluso tale possibilità, con il messaggio n.1281/2020; salvo, poi, con la circolare ordinaria, ammetterne l’agibilità).

Precisa il raddoppio dei permessi per chi assiste più persone disabili;riconosce, inoltre, la frazionabilità orariadei permessi aggiuntivi e, al contempo, propone una puntuale esemplificazione aritmetica, nonché una esatta individuazione temporale (rectius: mensile e/o bimensile), di fruizione dei permessi ordinari e straordinari. Ricapitola, infine, l’intera platea degli aventi diritto.

Il giorno successivo – 25 marzo 2020 –l’INPS dirama una propria circolare (n. 45/2020), che ricalca sostanzialmente i contenuti di quella emanata dal Ministero del lavoro, sottolineando, però, che tutto quanto in essa espresso concerne i soli lavoratori del settore privato; le disposizioni applicative per i dipendenti pubblici restano a carico delle Amministrazioni di appartenenza.

Infine la Funzione Pubblica, con la circolare n. 2 del 1°aprile 2020, forse quella più attesa da tutte le Pubbliche amministrazioni, torna ad occuparsi, tra l’altro, dei permessi mensili. In sostanza, ribadisce quanto già espresso in tema dal Ministero del lavoro, con due importanti novità.

La primasottolinea la possibilità, per i permessi mensili ordinari e aggiuntivi, di essere utilizzati dalla persona in situazione di grave disabilità anche per sé stessa, ovvero a fronte di una propria patologia.

La seconda rileva, invece, una notevole distanza interpretativa rispetto a  quanto sostenuto in precedenza dal Dicastero del lavoro: “In ordine alla possibilità di fruire a ore i citati permessi aggiuntivi si ritiene che tale opzione – pur astrattamente compatibile con il quadro regolativo di riferimento – sia in controtendenza rispetto all’obiettivo prioritario di limitare gli spostamenti delle persone fisiche e non funzionale, considerato che lo smart working rappresenta, nell’attuale fase emergenziale, l’ordinaria modalità di svolgimento della prestazione lavorativa. Sarebbe, pertanto, auspicabile che le Amministrazioni incentivassero, quanto più possibile, l’utilizzo a giornate dell’istituto, anche eventualmente in forma continuativa”.

E’dato così registrare, pur dopo l’intervento dei diversi attori istituzionali – su un aspetto importantequal èla fruizione orariadei permessi mensili aggiuntivi – una interpretazione dicotomica:da una parte, ilMinistero del lavoro che la ritiene fattibile; dall’altra, la Funzione Pubblica che ne sollecita la dissuasione. Sicché, è facile ipotizzare – senza essere cultori del diritto –che il personale della scuolasubirà, in tema, modalità applicative disomogenee e, perciò stesso, una sicura ed ineludibile disparità di trattamento, pur a fronte di una medesima disposizione normativa.

Occorre, quindi, un necessario, tempestivo e puntuale intervento delMinistero dell’Istruzione, per evitare il pericolo dianzi evocato e ricondurreil mondo della scuola alla adozione di un’unica condizione di pratica giuridico-ammnistrativa.  Non solo. Un intervento inteso, altresì, a coniugare, in modo corretto e funzionale, l’applicazione della norma legislativa con le vigenti disposizioni contrattuali. In altre parole, a tener conto della diversa situazione in cui versa il personale della scuola: gli  Ata, che già godono della regola pattizia di utilizzo orario dei permessi mensiliordinari per assistere le persone disabili; i docenti che, a tutt’oggi,sono vincolatialla sola fruizione a giorni.

Non basta, c’è di più.

L’art. 26, comma 2, del Decreto legge, prescrive:

Fino al 30 aprile ai lavoratori dipendenti pubblici e privati in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché ai lavoratori in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, della medesima legge n. 104 del 1992, il periodo di assenza dal servizio prescritto dalle competenti autorità sanitarie, è equiparato al ricovero ospedaliero di cui all’articolo 19, comma 1, del decreto legge 2 marzo 2020, n. 9”.

Il comma citato, quindi, consente – per le persone assenti sino al 30 aprile in conseguenza di particolari e ben individuate situazioni sanitarie – un trattamento giuridico ed economico equiparato al ricovero ospedaliero.A fronte di detta prescrizione, tanto la circolare del Ministero del lavoro che quella della Funzione pubblica, dopo aver ripropostoil testo legislativo, aggiungono,con una comune se non identicaformulazione letterale, il seguentechiarimento:

E’ riconosciuta la possibilità di assentarsi dal lavoro, fino al 30 aprile 2020, alle seguenti categorie di dipendenti privati e pubblici:

  1. a) disabili gravi, ai sensi del citato articolo 3, comma 3, della legge n.104/1992; 
    b) immunodepressi, lavoratori con patologie oncologiche o sottoposti a terapie salvavita, in possesso di idonea certificazione.

In tali casi, l’assenza dal servizio è equiparata al ricovero ospedaliero ai sensi dell’articolo 19, comma 2, del decreto legge 2 marzo 2020 n. 9, attualmente in fase di conversione. 

Il chiarimento, tuttavia,contrariamente a quanto può apparire prima facie,risulta insufficiente: non coglie il portato giuridico della norma primaria in tutti i suoi aspetti.

Per i soggetti indicati sub a) – le persone disabili ex art. 3, comma 3, della legge n. 104/92 – la possibilità di essere collocati in malattia, secondo i termini e il trattamento del ricovero ospedaliero, risulta abbastanza agevole. Occorre non altro che la apposita certificazione sanitaria rilasciata dall’INPS ed attestante, appunto, lo status di disabilità in situazione di gravità.

Diverso è il caso delle persone che versano nelle condizioni sub b): non è chiaro, infatti, quali siano i soggetti istituzionali deputati al rilascio delle relative certificazioni sanitarie, atteso che il testo normativo recita:“competenti autorità sanitarie”

E’ d’uopo, quindi, anche per questo aspetto, un intervento del Ministero dell’Istruzione. Altrimenti, oltre già evidenziata “disparità di trattamento”, si rischia la totale inesigibilità della norma in questione, e proprio da parte delle persone che, in questo periodo emergenziale, hanno bisogno di maggiori attenzioni e tutele.