Perché studiare (anche a distanza) richiede metodo. Ma cos’è un metodo di studio?

di Caterina Fiorilli*

Molto spesso ho sentito i miei studenti esprimersi in questo modo: studio e poi non ricordo, oppure, mi sembra di aver capito e poi non riesco a rispondere bene alle domande. Non di rado, del resto, ho sentito  colleghi di vari gradi scolastici lamentarsi del metodo di studio dei propri allievi, spesso descritti come poco attenti a lezione e facili a rinviare un impegno di studio fino all’ultimo istante possibile. Poi, quando una scadenza si avvicina, il materiale di studio è percepito come una montagna insormontabile e l’ansia risucchia le poche energie che si può o si vuole investire nel compito. Il fallimento nello studio è una latente e silenziosa richiesta d’aiuto che giunge dai nostri studenti a cui potremmo rispondere lavorando con loro sul metodo.

Il metodo di studio è dato da una serie di procedure, routine, tecniche e strategie che si adottano allo scopo di apprendere e ricordare un materiale, risolvere un problema, elaborare un report e così via. Nonostante l’enorme importanza di questo bagaglio personale sulla resa finale, la metodologia di studio rimane un’area ancora poco esplorata nella formazione scolastica. Eppure, si è iniziato a parlare di metodo di studio molto tempo fa. I primi interessanti lavori su base scientifica risalgono al lavoro di Robinson nel 1970. Lo studioso ha messo a punto un metodo noto con l’acronimo SQ4R (Survey, Question, Read, Reread, Review, Recite). Da allora molte varianti sono state elaborate e sperimentate con importanti risultati evidence-based. Ma al di là del tipo di procedure adottate, un metodo per essere efficace deve avere un’importante caratteristica: la flessibilità. Ciò significa avere a disposizione un ricco repertorio di strategie di studio e contare su una capacità di riflessione allo scopo di scegliere quelle più adatte allo scopo. In altre parole, un buon metodo di studio richiede disponibilità alla riflessione e all’autoriflessione. La prima, permette di darsi del tempo per pensare prima di svolgere un compito, affinché si scelgano le azioni più opportune da adottare. E’ questo il tempo della pianificazione, della previsione e della predisposizione degli spazi fisici e mentali in cui accogliere il nuovo che arriva con l’apprendimento. L’altra competenza, l’autoriflessione, permette invece di mantenere l’attenzione focalizzata sul compito, di monitorare ciò che accade durante il tempo di studio e di correggere ciò che non ha funzionato. Quindi, se interroghiamo il nostro metodo di studio, presente e passato, possiamo avere importanti informazioni non solo sulle strategie che conosciamo (ad esempio quanti modi conosciamo per sottolineare un testo e individuare gli argomenti importanti) ma anche sul sentimento che ci lega all’apprendimento. Quanto piacere proviamo leggendo, quanto tempo passa prima di provare noia verso ciò che studiamo e, soprattutto, quanta ansia proviamo se pensiamo ad una prova da sostenere. Un metodo di studio, quindi, racconta molto di noi e di come affrontiamo un compito nuovo. Conoscere il proprio metodo significa sapere su quali risorse, cognitive ed emotive, possiamo contare.

*Libera Università Maria Ss. Assunta, Servizio di Supporto al Metodo di Studio