Sulla questione dell’inopinata introduzione di un’ora di geografia generale ed economica nei piani di studio del biennio iniziale degli istituti tecnici e professionali, disposta a sorpresa dal decreto legge ‘L’istruzione riparte’ nello scorso mese di settembre, Tuttoscuola ha ricevuto molte osservazioni critiche, di cui è un esempio paradigmatico l’argomentata lettera di Mariabianca Barberis, dirigente scolastica dell’I.I.S.S. Liceti di Rapallo, pubblicata sul nostro portale nella rubrica ‘Botta e risposta’.
Da notare che la maggior parte delle proteste non riguarda tanto il merito della decisione (la scelta della geografia rispetto ad altre discipline) quanto il metodo: il ricorso al decreto legge, la mancanza di informazione e di dibattito, e soprattutto l’appesantimento dell’orario, che si colloca in controtendenza rispetto alla scelta di alleggerirlo compiuta con il Regolamento attuativo della legge n. 133/2008, che aveva stabilito un tetto invalicabile di trentadue ore settimanali “compresi la quota regionale e l’insegnamento della Religione cattolica”.
In questo modo fra l’altro la scuola italiana, che già aveva uno degli orari di lezione frontale settimanale/annuale più alti in Europa, si allontana ancora di più da quei modelli – evidentemente virtuosi, visti i risultati di Paesi come la Finlandia – che hanno invece orari di lezione più contenuti, cui si affiancano altre attività formative all’interno e all’esterno della scuola (come anche Tuttoscuola ha proposto di fare nel dossier ‘Sei idee per rilanciare la scuola’).
Non si sarebbe potuto trovare soluzioni diverse, stando all’interno delle 32 ore, e facendo riferimento per esempio all’autonomia didattica e organizzativa delle scuole? Ha prevalso invece una sorta di bulimia curricolare, e c’è solo da sperare che il cattivo esempio dato in questa occasione non induca a nuove tentazioni.
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