Maturità con fiori e genitori: ecco perché non dovrebbe importarcene nulla

Già in altre occasioni avevamo avuto modo di riflettere sul fatto che quando si parla di scuola le attenzioni maggiori vengono dedicate agli aspetti di costume, trascurabili, mentre tutto ciò che veramente è centrale, importante essenziale per la scuola viene considerato per specialisti e quindi, di conseguenza, trascurabile. Per questo motivo scrivo con reticenza queste poche righe riguardanti un argomento che mi sembra non solo marginale, ma anche ruffiano: mi riferisco al tema, imprescindibile e centrale per il futuro dell’educazione e della scuola italiana, dell’importanza o meno di portare fiori e bollicine al termine dell’esame di Stato.

Come avviene per la questione medio-orientale, per il conflitto in Ucraina e per la diatriba mare vs montagna, il popolo della scuola si divide in due opposte fazioni, inconciliabili e agguerrite. Alla nostra destra, sulla sponda conservatrice abbiamo il partito del “ai miei tempi era meglio e tutto questo non accadeva”, che annovera tra i suoi più stimati esponenti un presunto comico piuttosto noto per le sue parodie di una scuola nevrotica e urlatrice, decine di docenti nostalgici dei bei tempi che furono, qualche dirigente che rischia di prendersi troppo sul serio nel suo tailleur o doppio petto blu.

Dalla sponda sinistra, quella accogliente e progressista, possiamo ascoltare la voce di dirigenti e docenti influencer che puntano tutto sul tema dell’ascolto, che sono convinti che costruire una scuola a misura di persona sia una sorta di compito salvifico e che se la scuola ha un problema, non è di certo quello dei petali di fiori lasciati fuori il cancello della scuola.

Cosa rimane di tutto questo qua qua mediatico? Come mi sento dopo l’ennesima lettura dell’esperta o esperto di turno? Che sensazione mi rimane addosso dopo il duecentesimo articolo (questo sarà il duecentesimo ed uno, lo so) che non esce dalla diatriba spumante sì/fiori no?  Personalmente provo una grande noia e un po’ di fastidio addosso. Ma veramente per farci leggere abbiamo bisogno di usare senza scrupoli le abitudini degli altri? Quando siamo diventati così noiosi e pigri da guardare la vita dal balcone, senza scendere nella folla, per viverla “sta benedetta” esistenza? Quand’è che siamo diventati appassionati di dati, invece che di educazione?

A me sembra che il punto sia chiaro: siamo più interessati a parlare che ad ascoltare, non si va mai in profondità in nessuna disamina, si scelgono frasi ad effetto per colpire a suon di like i nostri fan e basta. I nostri studenti festeggiano la maturità con fiori e bolliccine? E chi se ne importa! Ciò che mi importa, che mi sta a cuore, come è scritto sulla porta che dall’aula di Barbiana conduceva alla piccola camera di Don Milani, è che la scuola acquisti, riacquisti centralità per il Paese, che diventi luogo di costruzione del “noi” invece che dell’”io”, che insegni a convivere in pace, promuovendo la responsabilità, l’accoglienza e la diversità.

Mi interessa che le Indicazioni Nazionali del 2012 siano difese e valorizzate, in quanto documento pedagogico profondo e fecondo. Mi interessa lodare e sottolineare il gesto delle tre studentesse di Venezia che hanno scelto di prendere 4/20 all’orale della Maturità (esame di Stato per i polemici e puntigliosi) perdendo l’opportunità di avere un voto alto, pur di difendere il valore della giustizia, che hanno sentito violato dalle valutazioni dei docenti della commissione. Il senso della scuola è tutto in questa scelta coraggiosa, nel desiderio di una protesta pacifica, educata, rispettosa e coraggiosa. A queste tre coraggiose studentesse credo sia giusto offrire un mazzo di fiori e un bicchiere di bollicine, per brindare al loro coraggio e ai segni che la scuola, quando è vera, riesce a lasciare nella pelle e nella testa di chi la vive.

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