Massimo 36 mesi di supplenza: e dopo?

L’allarme l’ha lanciato la settimana scorsa Mario Pittoni, responsabile scuola della Lega: i contratti di supplenza di durata triennale potrebbero essere interrotti d’ufficio dopo 36 mesi di servizio.

Teoricamente potrebbe essere questo l’effetto dell’applicazione del comma 131 della legge 107/2015 che, dopo avere azzerato la precedente situazione dei contratti pluriennali garantendo la soluzione del precariato mediante il piano straordinario di assunzioni, ha disposto che: “A decorrere dal 1º settembre 2016, i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con il personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, per la copertura di posti vacanti e disponibili, non possono superare la durata complessiva di trentasei mesi, anche non continuativi”.

Conseguentemente, coloro che sono attualmente al secondo anno di contratto a tempo determinato avranno soltanto l’ulteriore disponibilità della supplenza del prossimo anno scolastico 2018-19 per stabilizzare il loro rapporto di lavoro con la scuola. Se al termine di quell’anno il bonus dei 36 mesi sarà esaurito, non potranno continuare ad avere contratti a tempo determinato.

In base alla normativa vigente, l’alternativa a questa ‘espulsione’ è passare in ruolo con il concorso o attraverso le GAE.

L’allarme è forse prematuro, ma, temendo il peggio a causa anche dell’incertezza del quadro politico legato alle elezioni, a muoversi per primi sono stati i diplomati magistrali milanesi, anch’essi esclusi dalle GAE per effetto della nota sentenza del Consiglio di Stato, i quali si stanno organizzando proponendo l’astensione dagli impegni di servizio non obbligatori.

È evidente che l’obiettivo dei 36 mesi di supplenza invalicabili per i diplomati magistrali è piuttosto remoto, ma la protesta serve soprattutto a salvare in qualche modo l’effetto della sentenza, sperando che il clima elettorale e il dopo elezioni possano sortire la soluzione sperata.