Maggio 2016. Tra scioperi e concorsi

Il mese di maggio 2016 si avvia a concludere un anno scolastico tormentato. Lo fu anche il maggio 2015, che vide i cinque sindacati ‘rappresentativi’ protagonisti di uno sciopero – quello del 5 maggio di quell’anno – che segnò un record di adesioni e fu da questo punto di vista un successo, ma che mancò il suo obiettivo principale, che era quello di apportare modifiche sostanziali al testo del ddl Buona Scuola, allora all’esame del Senato.

Anche il maggio 2016 vedrà i sindacati ricorrere allo sciopero per contrastare la politica scolastica del governo, ma questa volta a ranghi non compatti e con motivazioni a ben vedere assai diverse. Il 12 maggio è il turno di una variegata aggregazione che comprende la Gilda degli insegnanti (che l’anno scorso aveva scioperato insieme alle altre quattro sigle rappresentate nel CSPI) e gli autonomi dei Cobas e dell’Unicobas.

Flc Cgil, Cisl scuola, Uil scuola e Snals, che in un primo momento avevano scelto la data del 23 maggio, hanno poi rinviato lo sciopero a una data diversa, che sarà comunicata il 2 maggio al termine di una apposita riunione unitaria. La ragione del rinvio è la coincidenza di tale data con l’anniversario della strage di Capaci (23 maggio 1992), per la cui commemorazione molte scuole  hanno programmato iniziative. Al di là delle decisioni prese unitariamente (senza Gilda), le quattro sigle sindacali hanno motivato con accenti diversi il loro appello allo sciopero. Contro la “brutta scuola” la Flc Cgil, per il riconoscimento del sindacato come interlocutore fondamentale la Cisl, per il contratto (e “non contro il governo”) la Uil, contro le “incursioni legislative sul salario” lo Snals.

L’annuncio dello sciopero del 23 maggio era stato dato dai sindacati il 28 aprile, in coincidenza non casuale (notata e criticata dal ministro Giannini) con il primo giorno di svolgimento della prova scritta del concorso a cattedre. Quasi a voler simbolicamente contestare la via del concorso – o almeno del concorso in atto – per essere stata scelta dalla politica in autonomia, disconoscendo la legittimazione del sindacato a trattare sulla materia del reclutamento.