Ma le sinistre sono tre

Anche nel campo della politica scolastica si può applicare l’efficace schema interpretativo utilizzato in termini più generali da Luca Ricolfi, politologo ed editorialista della “Stampa“, secondo il quale le sinistre in Italia non sono due, ma tre.
La prima è quella neomassimalista, che si è battuta per l’abrogazione della riforma Moratti e che appare ora meno aggressiva, soprattutto nella sua subcomponente PRC, dopo l’ascesa di Bertinotti alla presidenza della Camera. Una sinistra conservatrice, al momento ingessata.
La seconda, in questa fase nettamente prevalente, è quella democratica, anche nel senso di favorevole alla costruzione del Partito Democratico. Questa sinistra fa capo all’asse DS-Margherita (Ranieri-Rusconi per i due partiti, Bastico-Fioroni alla guida del MPI), ed è bene rappresentata dalla linea tenuta dal tandem di governo, e soprattutto dal ministro Fioroni: una linea pragmatica, attenta alla dimensione gestionale, diffidente verso le “riforme” percepite come costrutti meramente teorici, mediatrice nei confronti delle forze sociali, a partire dai sindacati della scuola. Questa linea, che si è espressa attraverso diverse iniziative (nuova maturità, obbligo a 16 anni mantenendo i trienni sperimentali, poli tecnico-professionali, più forte autonomia delle scuole, assorbimento di una massa ingente di precari), ha anche il vantaggio di offrire all’opposizione un terreno di confronto su misure concrete. Un terreno in qualche modo post-ideologico, che può favorire – e lo si è visto nel convegno svoltosi a Roma lo scorso 2 marzo – anche occasioni di convergenza dialettica e non solo di polemica e di scontro. Ma che paga il prezzo di una scarsa innovatività sul piano strategico.
La terza sinistra è quella riformista, o neoriformista nel senso di “liberal“, quella che esprime personalità come Nicola Rossi, Pietro Ichino o Francesco Gavazzi, e che nel settore della scuola propone, in sintonia con il governatore della Banca d’Italia Draghi, una linea di tipo meritocratico (per gli insegnanti come per gli studenti), una più forte autonomia delle scuole, che giunge al reclutamento del personale (dirigente compreso), il rientro nelle medie europee del numero di allievi per insegnante (troppo basso), del costo per allievo (troppo alto) e della retribuzione dei docenti (troppo bassa e appiattita sull’anzianità). Una sinistra culturalmente molto attrezzata e fortemente innovativa, come riconoscono in molti, ma che pesa assai poco sullo scacchiere politico, perché poco influente nel circuito decisionale dei poteri (scolastici) forti: l’apparato ministeriale e (soprattutto) i sindacati.