Ma insomma quei 18 mila docenti sono uno spreco o no?

Per diversi mesi il ministero dell’istruzione ha battuto il chiodo sugli insegnanti che non insegnano, 18 mila e più docenti che fanno altro, in forza (è bene ricordarlo) di norme di legge.
Comprendono dirigenti sindacali, amministratori locali (comuni, province, regioni), parlamentari, docenti comandati su progetti per la scuola oppure utilizzati dal ministero o dagli uffici scolastici regionali, comandati presso gli Irre, Indire e Invalsi, presso il ministero degli affari esteri, presso le scuole italiane all’estero e presso le comunità terapeutiche, collocati fuori ruolo per ragioni di salute (vedi TuttoscuolaNEWS n. 59 dell’8 luglio).
Nelle prime bozze di Finanziaria 2003 circolate si parlava di mandarne a scuola il 40%, circa 8 mila unità. In sede di approvazione della proposta di Finanziaria però tutto è rientrato, e non certamente per decisione del ministro Tremonti.
A cose fatte però, sabato scorso, incontrando i giovani di Alleanza Nazionale, il ministro Moratti si è lasciata andare ad un nuovo, duro attacco contro questo che continua a chiamare “spreco” di risorse, ottenendo applausi a scena aperta.
A questo punto però i casi sono due: o si tratta di uno spreco vero e proprio, ma in questo caso c’è da chiedersi perché, avendone l’occasione e il potere, non ha operato nella Finanziaria proponendo la modifica delle diverse leggi che lo consentono (e non ha fatto “pulizia” in casa propria, restituendo alla scuola i dirigenti e i docenti utilizzati); oppure se non è uno spreco (l’operato dei docenti che non insegnano è spesso prezioso per il sistema scolastico e per la stessa Amministrazione) perché questa insistenza, che sta assumendo il sapore di una criminalizzazione, come se si trattasse di colpevoli imboscati o “rubapane a tradimento”?