
Lerrore delle 100 province
Chi ha seguito attentamente gli sviluppi parlamentari della legge sulla Buona Scuola non può non avere colto nei vari passaggi e negli emendamenti la preoccupazione governativa di conseguire il più alto numero possibile di immissioni in ruolo in modo da avvicinarsi a quei 135-140 mila posti, comuni e di sostegno, individuati come obiettivo politico un anno fa con il lancio della riforma.
Constatato il rischio di non coprire molti posti di sostegno, nel ddl iniziale si era proposto l’obbligo prioritario di scelta del sostegno per i docenti con specializzazione.
L’ipotesi venne però abbandonata in tutta fretta, e l’obiettivo quantitativo finale cominciò a ridursi.
C’era poi la questione della riforma 0-6 anni. A malincuore si decise di accantonare circa 23 mila posti dell’infanzia per utilizzarli tra un paio d’anni a delega attuata: altro strappo all’obiettivo finale.
Alla fine, a conti fatti, l’obiettivo finale si era ridotto a circa 103 mila posti (102.734): un bottino, comunque, politicamente non disprezzabile per questi tempi di crisi.
Nuova preoccupazione: ma se i precari interessati non avessero scelto tutti i posti disponibili sparsi in ogni parte d’Italia, l’obiettivo finale sarebbe stato, forse, compromesso. Meglio portare il numero delle province scelte da tre (come era sempre stato) ad almeno cinque: una forzatura piegata all’obiettivo finale di coprire i posti disponibili. Sarebbe bastato?
All’ultimo momento nel maxiemendamento al ddl quel numero minimo di ‘cinque province’ è diventato ‘tutte le province’ obbligatoriamente: una discutibile prova di forza per avere la certezza matematica della totale copertura dei posti disponibili.
Abbiamo visto come è andata, con migliaia di docenti che hanno rinunciato, per il momento, al posto fisso e con una campagna di stampa che ha parlato di deportazione, di emigrazioni forzate, di famiglie smembrate.
Quel ‘tutte’ è diventato un boomerang che ha costretto il Miur a cercare rimedi, al limite della normativa, come quello della precedenza per la prima provincia indicata, a prescindere dal punteggio. Il Miur ha anche anteposto i conferimenti di supplenza alle ultime nomine in ruolo per consentire la permanenza momentanea in sedi più vicine.
Ma la forzatura delle cento province da indicare per la conquista del ruolo ha gettato un’ombra sgradevole sull’obiettivo politico dei centomila posti stabilizzati e della notevole rilevanza occupazionale. Si poteva e si doveva evitare.
Solo gli utenti registrati possono commentare!
Effettua il Login o Registrati
oppure accedi via