L’apprendimento (da) Remoto

di Rocco Lacava*

Se, come affermava Kilpatrick[1] oltre un secolo fa, l’educazione è un fatto progressivo se non altro perché risponde alle esigenze di una civiltà in cammino e se oggi l’obiettivo centrale dell’apprendimento è lo sviluppo delle competenze, precisamente del transfer, per dirla con Bruner[2], allora l’atto educativo scolastico formale si dovrebbe configurare piuttosto come il trampolino di avvio per un percorso formativo che poi il discente continua autonomamente per il resto della sua vita come un cacciatore di sapere[3].

La formazione permanente è, d’altronde, la caratteristica identitaria della società della conoscenza, la “società dai contesti mutevoli e imprevedibili”[4],per affrontare la quale c’è bisogno, come ebbe a dire E. Morin[5], di teste ben fatte (e non ben piene): di individui-cittadini attrezzati di competenze cognitive, metacognitive e trasversali. Detto questo, bisogna chiedersi: come e dov efare formazione permanente (life-long learning)?

Innanzitutto ci si forma pour la vie, par la vie[6].

In secondo luogo, per rispondere a questa domanda, bisogna guardare con pragmatismo alla realtà,  senza alcuna nostalgia per il cartaceo (che pure rimane -secondo la personalissima opinione di chi scrive- l’hardware esterno più sicuro per il patrimonio culturale dell’Umanità,  in caso di calamità naturali, come tempeste geomagnetiche e solari, oppure in caso di deterioramento temporale, che interessa maggiormente i supporti digitali).

Oggi, oltre il 90% del capitale cognitivo umano è anche in rete, per cui la formazione permanente si fa sostanzialmente on line[7],tanto è vero che negli ultimi 10 anni (da quando praticamente ho uno smartphone) almeno l’80% degli argomenti che ho acquisito e/o ripetuto per l’esercizio della mia professione (insegnante di Italiano, Storia e Geografia), lo ho (ri)pescato dal web (ovviamente da fonti e siti attendibili, quali quelli degli Editori che pre-esistevano all’era digitale [ma anche non]),

Per tanto è ormai evidente, anzi ovvia, la centralità delle tecnologie multimediali, quelle da remoto, per intenderci.

Pensiamo alla differenza fra chi, come il sottoscritto, si è laureato nell’A.A. 1999-2000 e chi si laurea oggi, nel 2020: io sono stato interamente alle prese con fonti cartacee e archivi sovente polverosi e lontani anche centinaia di km l’uno dall’altro, il laureando odierno ha la possibilità di lavorare su fonti che, nella stragrande maggioranza dei casi, sono reperibili e disponibili on line.

Sussidiarietà

Vorrei intanto precisare, a mo’ di premessa personale, che quando si parla di apprendimento a distanza, lo si dovrebbe intendere soprattutto per soggetti che hanno abbondantemente superato gli 11/12 anni, cioè il limite piagetiano  – che in questa sede si considera orientativo – oltre il quale si sviluppano le operazioni astratte. Comunque la distinzione didattica fra queste fasce di età diventa più soft se pensiamo a una forma dell’apprendimento remoto in quanto sussidiaria a quello in presenza.

L’apprendimento a distanza, infatti, non va inteso come alternativo a quello tradizionale in presenza, ma sussidiario, ne è uno strumento prezioso[8]: tanto per fare un esempio, i momenti frontali in presenza, così come le video-lezioni frontali, sono per esempio utili come momenti introduttivi, di ricognizione intermedia e/o finale.

Il processo di apprendimento è relazione, l’intelligenza è distribuita[9], per cui è impossibile pensare che l’apprendimento remoto possa completamente sostituire quello in presenza. Piuttosto, bisognerebbe meticciarli:

“La consapevolezza dei vantaggi apprenditivi connessi alla formazione on line non ne riduce i

limiti, ma ci aiuta a capire come sia più importante, e conveniente puntare su di un modello misto di formazione, integrando l’insegnamento tradizionale all’insegnamento on line, dal momento che l’insegnamento on line non può completamente sostituire l’insegnamento tradizionale […] L’ideale è, appunto, una soluzione mista, la cosiddetta blended learning (notata in molti dei casi trattati), che è in grado di coniugare la duttilità delle nuove tecniche con la funzionalità dei vecchi strumenti (dall’aula in presenza ai tradizionali materiali cartacei), delegando all’insegnamento on line studio, esercizio e collaborazione con il gruppo dei pari […] La componente umana, del resto, è sempre necessaria e qualificante”[10].

Il web va cioè inteso per ciò che realmente è: uno strumento comunicativo.

E come tutti gli strumenti, necessita di consapevolezza critica e conoscenze adatte da parte degli insegnanti, onde evitare sbilanciamenti distorcenti sia in direzioni di chiusura e diffidenza che di acritica e mistificatoria accettazione fine a sé stessa.

Un processo orizzontale e interattivo

L’apprendimento da remoto ha quindi senso se, anziché replicare le modalità di trasmissione verticale tipiche della lezione frontale (che YouTube  sa fare meglio di ogni insegnante), viene attuato puntando all’apprendimento collaborativo fra pari[11]. Secondo G. Trentin[12](che, si badi, ha scritto queste cose nel 2001), per apprendimento in rete non bisogna [sol]tanto intendere un processo educativo on line, quanto piuttosto una rete di interrelazioni fra più partecipanti ad uno stesso processo finalizzato al raggiungimento di uno specifico obiettivo educativo. In questo processo, L’insegnante lancia degli input, dei temi-problemi di carattere transdisciplinare – che possano cioè fungere da i link/nodi concettuali – e gli alunni ne adattano ed estendono i contenuti (e relativi obiettivi) in nuove propaggini, innuove direzioni divergenti, euristiche ed impreviste.

Il ruolo dell’insegnante

In questo contesto il compito dell’insegnante è simile a quello dell’allenatore di una squadra sportiva: aiuta a definire gli obiettivi e le procedure generali, quindi lavora con i gruppi individualmente durante l’attività[13]. Egli, come “un coordinatore che tenga le fila”[14], stimola i ragazzi lanciando lavori cooperativi e/o individuali attraverso input euristici e/o domande problematizzanti-compiti di realtà e/o sfide didattiche.

All’insegnante, come si vede, sono richieste abilità da tutor[15], regista, master flessibile e pronto ad affrontare gli imprevisti, che sono inevitabili nell’ambito delle relazioni autentiche.

Egli stesso, insomma, è un ricercatore, un pioniere (spesso, ma non necessariamente sempre) fra gli altri ricercatori (i discenti). 

Sincronia, interattività e il ruolo integrativo della a-sincronia.

Modalità sincrona e modalità a-sincrona si dovrebbero contaminare reciprocamente: l’una dovrebbe andare a riempire i vuoti didattico-operativi dell’altra, in un processo indefinito e mirato sugli obiettivi.

La didattica a distanza, proprio in quanto modalità capace di superare barriere e distanze, non può limitarsi alla semplice erogazione verticale di contenuti, ma deve sostanziarsi dell’elemento relazionale-interattivo fra gli studenti e fra gli studenti e i docenti. A tal fine, risulta importante la possibilità che nelle piattaforme vi sia la possibilità, oltre che di messaggistica-interazione istantanea,  anche di modalità aperte anche alla interazione a-sincrona[1] e funzionali alla ricognizione a-posteriori: bacheche, forum ecc.

La modalità a-sincrona consente inoltre approcci in micro-learning, con tutte le sue implicazioni in termini di agile interattività fra studenti e insegnanti. In questo senso, le pillole a-sincrone, audio o video o brevi messaggi di testo, andrebbero esposte in maniera non tanto descrittiva-indicativa ma dovrebbero essere composte prevalentemente di frasi interrogative senza risposte. E questo, per altro, non è una novità se, già in un saggio[2] (sulla didattica in presenza, naturalmente) pubblicato nel 1973, J. Bruner ci avverte che quando diamo istruzioni ai discenti sul problem-solving, dobbiamo fare domande prevalentemente euristiche, interrogative (cosicché essi abbiano la possibilità di risolvere il problema da soli).

Per esempio, si potrebbe “utilizzare la video-conferenza [in modalità sincrona] non solo per esporre contenuti, ma anche per discutere le domande degli studenti. In alcuni casi potrebbe essere vantaggioso separare l’erogazione (con una registrazione audio o video) [a-sincrona] e la discussione (tramite video-conferenza) [interattiva e cooper-attiva, in modalità sincrona]”[3].

In letteratura, per esempio in un triennio di scuola secondaria di II Grado, gli audio-video (incluse registrazioni della schermata) asincroni potrebbero essere usati per l’esposizione di teoria-biografia-opere, cioè per le info brute, mentre invece i video in diretta potrebbero essere dedicati alla comprensione e interpretazione ermeneutica del testo.

Acquisizione delle informazioni in Rete.

Nell’apprendere da remoto è centrale la capacità critica di filtrare la pletora di informazioni “googlabili”.

L’insegnante deve promuovere tale capacità procedendo per problemi e focalizzando uno scopo euristico determinato che funga da meta, da pietra miliare del percorso.

Motivazione del gruppo classe

Tra i fattori di motivazione ci sono gli obbiettivi condivisi con gli allievi, la problematizzazione, la discussione, la riflessione collettive e la cooperat[t]ività:

“II supporto reciproco [e la motivazione] non avviene però soltanto quando c’è co-costruzione, ma anche quando c’è opposizione, quando c’è divergenza, quando si pensano cose diverse […]E’ proprio dalla divergenza, dall’opposizione che possono venire articolate le giustificazioni, le spiegazioni che spesso non riusciamo ad articolare da soli. La comunicazione collaborativa è particolarmente efficace anche quando si contrappongono le posizioni e quando si deve giustificare il proprio punto di vista. La necessità di dare conto di ciò che si afferma induce ad una esplicitazione delle proprie basi di conoscenza[4].

Si può stimolare la motivazione anche con un lavoro cooperativo (e competitivo nel contempo) in gruppi da 4/5, anche sotto forma di sfida didattica fra gruppi: chi vince prende una eccellenza, gli altri -se dimostrano tramite report comunque di aver lavorato- prendono una valutazione positiva.

Un esempio concreto

Il seguente esempio è un’esperienza basata essenzialmente sulla modalità Jingsaw e maturata durante il lockdown. Durante questa esperienza è emersa la natura interattiva e circolare del processo di insegnamento-apprendimento di cui parla Vygotskij e il suddetto processo si è configurato quale co-costruzione di conoscenze (si veda il concetto di Knowledge Building cui fa cenno Stefano Cacciamani[5]). Durante un video-colloquio o una video-lezione di storia, oppure dopo avere inviato una pillola audio in una Classe Quarta Liceo delle Scienze Umane, per esempio, l’insegnante dava un input a un allievo: si trattava di un problema per risolvere il quale era richiesto l’uso del libro di testo (oppure di relativi siti attendibili in Rete, quali – per esempio – treccani.it o sapere.it)come archivio di fonti e cercare la soluzione esattamente fra gli argomenti non noti, cioè ancora non trattati. Questo alunno, quando tramite notifica (su WhatsApp o Telegram) comunicava al docente di aver concluso la micro-ricerca, veniva invitato a spiegare l’argomento appena acquisito a un altro compagno che, a sua volta,esponeva al primo un argomento contiguo a lui assegnato nel frattempo. Tutto questo poteva essere fatto in circa 20 minuti di attività collaborativa dopodiché ciascun alunno,in chat-room da due o tre o quattro (a seconda se i gruppi Jingsaw erano stati da 2 o 3 o 4) spiegava al docente tutor quello che aveva capito dal compagno, gli eventuali dubbi e come aveva lavorato.

Nei prossimi 20 minuti vi disconnetterete e voi tre dovrete rispondere rispettivamente a queste tre domande” [era circa il 25 maggio e la classe era arrivata fino a Napoleone]:

  • Quali sono state, negli Anni Venti e Trenta dell’Ottocento, le reazioni dei popoli in Europa al tentativo (da parte degli Stati Europei delle Coalizioni anti-francesi, dopo avere sconfitto Napoleone), di restaurare (nel 1815) l’Antico Regime?”[@alunno 1]
  • Che cosa è successo in Europa nel 1848?”[@alunno2]
  • Quali esiti hanno avuto queste reazioni, questi eventi?” [@alunno3]
  • Vi lascio 25 minuti in cui dovrete cercare la risposta sul libro e/o in Rete su uno o più siti che vi ho indicato”;
  • [Dopo 20/25 minuti, in seguito alla comunicazione degli alunni di aver finito il lavoro] “Alunno1, ora spieghi quello che hai compreso e prodotto all’Alunno2; Alunno2, ora spieghi quello che hai compreso e prodotto all’Alunno3,Alunno3, ora spieghi quello che hai compreso e prodotto all’Alunno1”
  • Dopo, ognuno di voi dovrà dirmi che cosa ha capito, come avete lavorato e che cosa pensate di avere imparato. Scrivete una sintesi di quello che avete prodotto e di quello che capirete dal vostro compagno. Vi do ulteriori 25/30 minuti“.

Fin qui tutto bene, l’apprendimento da remoto sembrerebbe funzionare in modo abbastanza efficace coi ragazzi motivati.

Ma con quelli problematici o/e immaturi, come la mettiamo?
Non hanno questi ultimi bisogno forse della relazione umana in presenza, in prossimità?

La didattica a distanza, in questi casi, da sola non è sufficiente e il motivo -a parere di chi scrive- è semplice: qualsivoglia tipologia di apprendimento a distanza è complementare, sussidiario all’apprendimento in presenza.

In un sistema misto, “le attività in presenza non dovrebbero limitarsi […] a lezioni frontali, ma contribuire [alla ricognizione e valutazione dell’attività a distanza pregressa e] a gettare le basi per la successiva attività a distanza chiarendo obiettivi, assegnazioni, tempi e risultati attesi”[6].

Una modalità -a mio avviso- ottima per sollecitare inizialmente un allievo demotivato è il mutual-teaching tipico delle Comunità di Pratica[7] “se io ho un problema, chiedo aiuto a chi probabilmente lo ha già affrontato [o, comunque, ne ha affrontato uno simile], un collega o un gruppo di colleghi, se mi viene data una soluzione, ho imparato una cosa nuova; se non mi viene data, provo a cercarla insieme ad altri che hanno (o potrebbero in futuro avere) il mio stesso problema”.

Ma un insegnante come potrebbe  trasfondere questa strategia in un contesto classe invece che di lavoratori motivati?

Intanto, si potrebbe provare con la sfida didattica per gruppi lanciando domande legittime[8], problemi non-googlabili, cioè che non richiedano risposte prevedibili ma risposte divergenti. Ipotesi/congetture inedite. Meglio ancora se inaudite. Alle quali, inizialmente, neanche l’insegnante sa rispondere.

Ovviamente, deve rimanere salva la ricognizione intermedia e finale dell’insegnante-master-coach, trattandosi di soggetti immaturi e in crescita.

Valutazione

La valutazione a scuola, tanto in regime di DiP, quanto in regime di DaD, deve essere indissolubilmente integrata al processo di insegnamento-apprendimento: che sia diagnostica o formativa o certificativa, la valutazione deve essere innanzitutto in itineree, onde evitare che gli studenti diano risposte pensando a quello che si aspettano gli insegnanti, la misurazione sommativa dovrebbe essere limitata esclusivamente alle informazioni brute[9], quelle indispensabili e necessarie a fungere da ricettacolo per l’allenamento e lo sviluppo delle competenze.

Le risposte esatte dalle domande, lo si ribadisce, in regime di Apprendimento da Remoto, è opportuno che siano non-googlabili.

I quesiti posti, in parole povere, dovrebbero essere tali che a essi lo stesso insegnante non sappia rispondere in modo univoco: siano stimoli divergenti ed euristici, ipotesi-congetture e provocazioni atte ad accendere dibattiti accesi intorno agli argomenti trattati, siano inviti ad attualizzare le conoscenze, ad usarle ed abusarne come lenti critiche ed interpretative della esperienza quotidiana, siano attrezzi per comprendere il passato, affrontare il presente e prefigurarsi il futuro.

Le stesse richieste di verifica scritte a distanza andrebbero proposte subito dopo un’attività sincrona per tastare giusto il feed-back e con esso il grado di comprensione  dell’argomento da parte degli alunni.

E le verifiche sommative finali?

Non è il caso che facciano parte di un corso a distanza. Le verifiche sommative sono state concepite per i momenti in presenza e i diversi tentativi, durante l’emergenza COVID19, da parte di alcune università, nonché da parte di non pochi colleghi, di temporizzarle al minuto, se non addirittura al secondo, denunciano ignoranza e insipienza pedagogiche senza ritegno in soggetti che avrebbero l’obbligo morale di formarsi e informarsi in materia e che, invece, hanno scambiato la didattica a distanza per misurazione a distanzadi nozioni presentate in modo verticale-frontale, da deglutire in modo meccanico e da riproporre in modo pappagallesco. Con buona pace di Carrol[10] e di Bruner[11], che da tempo ci dicono che tutto può essere insegnato a tutti, purché si dia a ciascuno il tempo a lui soggettivamente necessario ad apprendere e purché l’argomento sia veicolato nella forma adatta (la forma onesta di Bruner).La scuola è, per definizione, un ambiente estatico e disimpegnato, in cui andrebbero ricreate le teorie e riprodotte le attività tipiche della esperienza quotidiana,liberate dalle incombenze, dalle ansie e dalle angosce della vita reale e nel quale le prove difficili andrebbero considerate alla stregua di ludiche scommesse.

I pro e i contro

Fra i vantaggi spicca la multimedialità, che è un evidente facilitatore, perlomeno a livello di istruzione secondaria.

Fra gli svantaggi di un’attività formativa a distanza c’è,  senza dubbio, il sacrificio di buona parte dell’aspetto educativo del processo di insegnamento-apprendimento: l’interazione relazionale faccia a faccia, la cooperazione affettiva e l’empatia fra i soggetti coinvolti nel processo.

Per non tenere conto poi del fatto che chi scrive, insegna Italiano, Storia e Geografia nella Scuola Secondaria di Secondo Grado e quest’anno ha rimandato per la prima volta(elaborando, all’uopo, i relativi P.A.I.) dopo sette anni: riguardo ai ragazzi più immaturi è mancata la possibilità di seguirli-braccarli in prossimità.

Ma non bisogna essere pessimisti, perché se si evitano soluzioni estreme e monocolore, la complementarietà, il meticciamento, le contaminazioni sussidiarie possono sicuramente -se non proprio azzerare- almeno smussare gli spigoli delle situazioni di svantaggio.

*Docente liceo  scienze umane “Gravina” di Crotone
 

 

Bibliografia

  • Armellini, La letteratura in classe, Edizioni Unicopli, Milano 2014.
  • Barbuto, Il manuale del concorso per Dirigenti Scolastici, vol. 2, Edises, Napoli 2016.
  • Benigni, Apprendere, cooperare e costruire in rete. Il documento è sulla Rete, liberamente consultabile e scaricabile in formato pdf dal sito www.edscuola.it
  • Berardi, E. Della Chiesa, M. D. Pintus, Dalla formazione a distanza all’e-learning, Corso di Psicotenologie, Prof.ssa M. A. Garito, Facoltà di Psicologia 2 dell’Università “La Sapienza” di Roma, A. A. 2005 – 06.
  • Bruner, Dopo Dewey, Armando, Roma 1964.
  • Bruner, Il significato dell’educazione, Armando, Roma 1973, (II Ristampa 1976).
  • Bruner, La cultura dell’educazione, Feltrinelli, Milano 1997 [rist. 2001].
  • Cacciamani, Psicologia per l’insegnamento, Carocci, Roma 2009 (II Edizione).
  • Decroly, Una scuola per la vita attraverso la vita, Loescher, Torino 1963.
  • Heinz von Foerster, Sistemi che osservano, a cura di Mauro Ceruti e Umberta Telfner, Astrolabio, Roma 1987.
  • Gardner, Sapere per comprendere, Feltrinelli, Milano 2009.
  • Kilpatrick, Educazione per una civiltà in cammino, La Nuova Italia, Firenze 1952.
  • Morin, La testa ben fatta, Cortina Editore, Milano 2000.
  • Novak, Costruire mappe concettuali, Erickson, Trento (III Ristsmpa) 2015.
  • Società Italiana di Ricerca sull’Educazione Mediale. La SIREM per la didattica a distanza ai tempi del COVID-19, p. 5. Il documento è scaricabile, in formato Pdf, dal sitounifg.it
  • Trentin, Dalla formazione a distanza all’apprendimento in rete, Franco Angeli, Milano 2001.
  • Vertecchi, Valutazione formativia, Loescher, Torino 1976
 

[1] Cfr.W. Kilpatrick, Educazione per una civiltà in cammino, La Nuova Italia, Firenze 1952.
[2]Cfr. J. Bruner, La cultura dell’educazione, Feltrinelli, Milano 1997 [rist. 2001].
[3]Cfr. H. Gardner, Sapere per comprendere, Feltrinelli, Milano 2009.
[4]L. Benigni, Apprendere, cooperare e costruire in rete. Il documento è sulla Rete, liberamente consultabile e scaricabile in formato pdf.
[5]Cfr. E. Morin, La testa ben fatta, Cortina Editore, Milano 2000.
[6]Cfr. O. Decroly, Una scuola per la vita attraverso la vita, Loescher, Torino 1963.
[7]Cfr. G. Trentin, Dalla formazione a distanza all’apprendimento in rete, Franco Angeli, Milano 2001, p. 10.
[8] Cfr. G. Trentin, op. cit. p. 12.
[9] J. Bruner, Il significato dell’educazione, Armando, Roma 1973, (II Ristampa 1976), pp. 168-169.
[10]D. Berardi, E. Della Chiesa, M. D. Pintus, Dalla formazione a distanza all’e-learning, Corso di Psicotenologie, Prof.ssa M. A. Garito, Facoltà di Psicologia 2 dell’Università “La Sapienza” di Roma, A. A. 2005 – 06, p. 37.
[11] Cfr. G. Trentin, op. cit., p. 17.
[12]Cfr. Ivi, p. 20.
[13]Cfr. J. Novak, Costruire mappe concettuali, Erickson, Trento (III Ristsmpa) 2015, p. 234.
[14]L. Benigni, op. cit., p. 15.
[15]Cfr. G. Trentin, pp. 65 – 66.
[16]Cfr. Società Italiana di Ricerca sull’Educazione Mediale. La SIREM per la didattica a distanza ai tempi del COVID-19, p. 5. Il documento è scaricabile, in formato Pdf, dal sitowww.unifg.it
[17]Cfr. J. Bruner, Il significato dell’educazione, cit., pp. 206 – 219
[18]Società Italiana di Ricerca sull’Educazione Mediale, op. ct., p. 4. Il corsivo fra parentesi quadra è mio.
[19]L. Benigni, op. cit. pp. 16 – 17. Il corsivo fra parentesi quadra è mio.
[20]Cfr. S.Cacciamani, Psicologia per l’insegnamento, Carocci, Roma 2009 (II Edizione).
[21]G. Trentin, op. cit. pp. 24-25.
[22]Ivi, p. 26
[23] Cfr.Heinz von Foerster, Sistemi che osservano, a cura di Mauro Ceruti e Umberta Telfner, Astrolabio, Roma 1987,p.130.
[24]Guido Armellini, La letteratura in classe, Edizioni Unicopli, Milano 2014, p. 123.
[25]Cfr. Emiliano Barbuto, Il manuale del concorso per Dirigenti Scolastici, vol. 2, Edises, Napoli 2016.
Cfr. anche B. Vertecchi, Valutazioneformativia, Loescher, Torino 1976, pp.13, 35.
[26]Cfr. J. Bruner, Dopo Dewey, Armando, Roma 1964, p. 37.